Alcuni consigli ad agenzie, brand e influencer per lavorare meglio ed essere più trasparenti
Oltre le regole dell'Antitrust scopriamo come rendere efficaci le strategie di influencer marketing
12 Febbraio 2018
Come accade per tutti i modelli nuovi e imprevisti, l’evoluzione delle digital PR verso l’influencer marketing – disciplina che si concentra sul coinvolgimento di personalità influenti della rete per supportare il marketing di prodotti e brand – è stata costante e caratterizzata da repentini balzi in avanti. Proprio questi ultimi anni hanno eletto l’influencer marketing come uno strumento irrinunciabile del digital marketing mix, sempre più votato non solo alla brand awareness e reputation, ma a generare engagament e conversione ovvero reale valore economico. Questi quasi vent’anni di sperimentazioni in Italia hanno tracciato la rotta verso un’attività di marketing sempre più organizzata, studiata e monitorata – il ROI delle attività di influencer marketing è, anche nel 2018, la prima preoccupazione dei marketers – anche se rimasta a lungo poco disciplinata. Gli unici tentativi di controllo e autoregolamentazione delle attività di influencer marketing sono nati alcuni anni fa dal basso, ovvero quando si sono costituite le prime associazioni di categoria (il WOMMI ad esempio) che hanno stilato codici di condotta basati su pochi e chiari princìpi che potessero in qualche modo tutelare aziende e consumatori. La materia ha, infatti, sofferto per molti anni di un sostanziale vuoto legislativo che ha consentito ad un mercato che secondo recenti studi, muove in USA oltre 1 miliardo di dollari solo su Instagram, di evolvere in maniera incontrollata e spesso indifferente ai diritti di consumatori e aziende.
Le regole che si sono applicate fino ad oggi sono quelle che aziende, agenzie e influencer si sono autoimposte, traendo ispirazione dall’esperienza dei paesi in cui questa attività era ed è più evoluta (USA e UK in primis), dalle pratiche quotidiane o da piccoli e grandi fallimenti delle campagne di marca. Nell’ambito di un metodo sperimentale, sviluppatosi di pari passo con l’evolversi dei mezzi (basti pensare a quanto l’avvento di Instagram abbia modificato sostanzialmente questa attività), questa autodisciplina ha rappresentato e rappresenta ancora un riferimento, un orientamento per quanti, committenti o operatori, hanno svolto campagne di influencer marketing. Anche se è apparso chiaro, sin dal principio, quanto fosse importante non mentire all’utente circa il reale proposito di certe comunicazioni online, forse non ci si è preoccupati abbastanza di tutelarlo da eventuali messaggi equivoci, distorti e, nei casi peggiori, falsi. LEGGI ANCHE L’Antitrust invia una lettera agli Influencer, per la trasparenza della pubblicità sui social Nel vuoto lasciato della legge – solo di recente l’Antitrust si è accorto dell’opportunità di regolamentare le attività di influencer marketing – chi ha voluto, ha potuto sfruttare appieno i vantaggi di una comunicazione apparentemente spontanea per promuovere prodotti e brand, a scapito del diritto del consumatore di sapere che, dietro la promozione di un prodotto o brand, esiste un accordo economico tra l’azienda e chi lo sta promuovendo.3 semplici regole per gli Influencer
I più lungimiranti tra gli influencer tuttavia si sono immediatamente resi conto dell’importanza di salvaguardare la propria autorevolezza e credibilità per il futuro e già in tempi non sospetti, si sono premurati di:- esplicitare la natura pubblicitaria dei contenuti pubblicati a seguito di un accordo (economico) con un’agenzia o un’azienda a scopo di marketing, spiegando le motivazioni della collaborazione;
- collaborare solo ed esclusivamente con aziende i cui prodotti sono davvero utilizzati e apprezzati dall’influencer
- segnalare apertamente i punti di debolezza, le criticità di un prodotto anche quando questo è stato offerto loro da aziende partner.