Qualche giorno fa parlavo con un amico che ha una startup a San Francisco e mi confessava, tra una cosa e l’altra, che le startup in Silicon Valley ormai sono interessate solo a due figure: Growth Hacker e Data Scientist.
La sua frase è stata esattamente questa:
“Sembra che non vogliano altro, fanno le aste per accaparrarsi i migliori growth hacker sul mercato e arrivano a pagarli anche 200.000 dollari l’anno.”
La cosa non mi ha sorpreso per nulla: nel momento in cui ho scritto il mio primo libro avevo fatto un bel po’ di ricerche approfondite e la media degli stipendi americani per questa figura si aggirava intorno ai 160.000 dollari.
Questi dati, uniti al fatto che ormai anche la grandi aziende sono interessate a questa figura, ci fanno capire senza ombra di dubbio che quello del growth hacking (o growth marketing, che dir si voglia) non è un fenomeno passeggero. È qualcosa che è qui per restare, e anche per molto.
D’altronde, basta fare un giro sui vari siti di annunci di lavoro (da LinkedIn a Monster, passando per Indeed e Angelist) per trovare migliaia di posizioni aperte in tutto il mondo. Startup e grandi aziende, imprese digitali e tradizionali, sono tutte alla ricerca di questa figura che ormai gli americani chiamano “unicorno”, proprio a sottolinearne la rarità.
Il materiale disponibile in rete sulla disciplina ormai è sempre di più e, fortunatamente, si trova tantissimo anche in lingua italiana. Quello che si trova veramente poco in giro sono le informazioni sulla figura. Ora che abbiamo capito di cosa tratta il growth hacking bisognerebbe capire chi è il Growth Hacker, visto che in molti lo scambiano per un marketer “un pelino” più avanzato e qualcun’altro per un project manager del nuovo millennio.
Sempre più ragazzi mi chiedono, infatti, informazioni su questo argomento per capire come fare del growth hacking il proprio lavoro.
Se ti interessa percorrere il cammino che ti porterà a diventare un Growth Hacker (o che ti porterà ad utilizzare il growth hacking nella tua azienda) sappi che ci sono alcuni aspetti fondamentali che caratterizzano questa figura, come la multidisciplinarietà, la formazione continua e la curiosità.
Aspetti che non sono per nulla opzionali e che, anzi, fanno la differenza nel lungo periodo tra chi approccia l’argomento seriamente e chi preferisce cambiare la bio su LinkedIn in “Growth Hacker” dopo aver letto un paio di articoli in lingua inglese.
Tra le tante caratteristiche che contraddistinguono un Growth Hacker ce ne sono alcune che possono farti capire fin da subito se sei portato o meno per un ruolo del genere e qui ne elenco sei. Le principali, a mio avviso:
A questo punto dovrebbe essere abbastanza chiaro che il growth hacking è l’intersezione di una serie di discipline e ambiti a volte molto diversi tra di loro. Aspetti di marketing che si fondono a una profonda conoscenza del prodotto, che si poggiano su una dimestichezza con i numeri che, a loro volta, fanno leva su delle buone basi tecniche.
Tutto ciò può essere descritto in una sola parola? Secondo me si, e questa parola è multidisciplinarietà.
Qualsiasi libro tu possa leggere sul tema, qualsiasi post tu possa trovare online e qualsiasi caso studio tu possa analizzare confermerebbe questa cosa. Il Growth Hacker fa della multidisciplinarietà il suo punto di forza.
Il Growth Hacker non è uno specialista. Non vuole diventare il migliore in una disciplina, vuole padroneggiare quante più discipline possibili.
È una persona ossessionata dai dati, ma che fa leva su una forte creatività. Pensa con un orientamento al marketing, ma senza dimenticare la concretezza del prodotto. Vuole far crescere il suo business, ma sa che per farlo deve mettere l’utente al centro di tutto.
Allora, pensi di avere le carte in regola per diventare un Growth Hacker di successo?
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