La capacità di emozionare, spesso, è innata, spontanea. La capacità di stupire, invece, solitamente va guadagnata. Ci sono aziende che, nel mondo pubblicitario, riescono incredibilmente male in entrambe.
E poi ci sono quelle poche che riescono dannatamente bene in entrambe. Come Heineken.
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Indubbiamente Heineken si presenta non solo come uno tra i principali attori all’interno del settore probabilmente più amato dagli uomini (e, uomini tenetevi forte, ultimamente anche dalle donne!), ma anche come una continua fonte di ispirazione a livello media: le sue pubblicità sono infatti incalzanti, divertenti ed emozionanti come poche altre.
Procediamo dunque con ordine, cercando di ripercorrere come viene gestita l’area pubblicitaria all’interno dell’azienda.
Correva l’ormai lontano primo decennio del nuovo millennio, quando Heineken lavorava con 14 agenzie di comunicazione differenti, gestite e controllate da sei network e la comunicazione media era organizzata a livello locale e non centralizzato.
Nel 2012 il primo passo avanti verso uno snellimento dell’organizzazione, alla ricerca di maggiore efficienza e flessibilità: viene non solo consolidato l’accordo con Starcom MediaVest (principale agenzia del Gruppo Publicis), ma esteso il suo focus operativo, adesso rivolto ai quindici mercati principali di Heineken.
Si è dunque assistito ad un cambiamento radicale, passando da quattordici agenzie di riferimento alla concentrazione dell’85% degli investimenti in media in un’unica agenzia, Starcom MediaVest.
Nel biennio 2015-2016 si affacciano nuove strategie, guidate da un pensiero comune: elevare la comunicazione ad una value proposition, simbolo di unicità e distintività. Alla base di questa rinascita, un assioma tanto semplice quanto rivoluzionario, espresso più volte da Gregory Kukolj - direttore generale media di Heineken: “Inform, not enhance”. Sedici lettere, tre parole, un cambio di prospettiva radicale.
Approcciarsi infatti al magico mondo della pubblicità non come un’opportunità per “accrescere” (da leggere “vendere”), ma come un’occasione per “informare” i consumatori rappresenta un distaccamento dalla situazione comune, un ribaltamento della realtà attuale: noi comuni mortali (da leggere “clienti”) veniamo elevati infatti da “oggetti da persuadere” a “persone da informare”.
La pubblicità Heineken non si porrà più dunque come un’entità super partes, bensì come uno strumento per rendere partecipi, per coinvolgere ed entusiasmare noi consumatori.
Un ulteriore passo verso questa innovativa destinazione è rappresentato dall’annuncio ufficiale di Heineken per la ricerca di una nuova agenzia di comunicazione da affiancare alla già presente Starcom MediaVest.
Ed i punti interrogativi, arrivati a questo punto, non sono pochi.
Aumentare la competizione tra agenzie per stimolare un risultato migliore? Un futuro lontano da Starcom MediaVest dopo oltre cinque anni di relazione avanzata? Un ritorno alla frammentazione nella gestione dei media a livello globale?
A smentire alcune affermazioni ed a lasciare il dubbio su altre, ci pensa sempre Gregory Kukoj:
Non stiamo aggiungendo un elemento di competizione, non stiamo intimorendo un partner con cui lavoriamo in oltre trenta mercati. È semplicemente una naturale evoluzione, dopo essere passati da un’organizzazione frammentata ad un’unica agenzia.
Una risposta che ovviamente non è una risposta, e lascia il lecito pensare su qualunque risvolto possibile. In conclusione, frammentazione o concentrazione, competizione o non competizione, le pubblicità Heineken sembrano rimanere un gradino sopra le altre, come dimostrato dalla recente premiazione al Grand Prix Advertising di Milano.
Ed alla fine dei conti, da consumatore in primis, l’unica cosa veramente importante è che Heineken continui a farci emozionare (e divertire) come veramente pochi altri sanno fare.