Vi avevamo lasciato due settimane fa con la prima puntata della nostra inchiesta su un tema scottante per un freelance: come gestire la parte "economica" del lavoro, a partire da come concordare compensi e termini di pagamento.
A raccontarci la propria esperienza sono stati due personalità molto importanti del web italiano: Giuliano Ambrosio e Miriam Bertoli, entrambi docenti della Ninja Academy.
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Oggi pubblichiamo la seconda parte di quest'intervista collettiva, coinvolgendo altre due personalità molto importanti, che hanno saputo distinguersi negli anni per competenza e professionalità.
Veronica Benini è blogger dal 2006. Racconta così il suo percorso: "Ex architetta a Parigi, oggi sono una motivatrice femminile e lo faccio usando i tacchi come strumento di empowerment. Ho ideato StilettoAcademy.com proprio su questo blog nel 2010, che oggi è un’Associazione Internazionale che mi porta ad essere sempre in viaggio e confrontarmi con culture diverse nel processo di globalizzazione della nostra espansione. Ho anche una partita IVA italiana dal 2014, che cerco di gestire con fermezza ogni qualvolta che fatturo campagne sui miei canali. Milito perché i blogger dichiarino le markette, e mi batto perché siamo pagati con giustizia perché il nostro è un lavoro. Non è una vita facile, ma qualcuno deve pur farlo. Il mio motto è Tira più un tweet di un carro d’avvocati."
Gianpaolo Russo dal 1999 si interessa di motori di ricerca. Laureato in economia, ha un master in Marketing Management ed è specializzato su in Engine Optimization e Keyword Advertising.
Roche, Arena, Hera, Kerakoll, Mirabilandia, Ferretti Yachts, Datalogic, Technogym alcuni dei gruppi per cui ha lavorato. Dal 2005 è certificato AdWords. Nel 2012 ha ideato ADworld Experience, che è subito diventato l’evento di riferimento italiano per il Search Engine Advertising.
Libero professionista dal 2008.
Questo è il loro punto di vista.
Quali sono gli accorgimenti che un freelance deve avere per gestire al meglio la propria remunerazione?
VERONICA
Essere freelance in Italia non è facile. Farsi pagare non è facile. Essere indipendenti finanziariamente non è facile.
Io abito a Milano e ho lasciato il mio lavoro d’ufficio all’improvviso nel 2012, sono una guerriera. Ogni giorno mi alzo e so che devo fatturare.
All’inizio mi sono preparata per la guerra e ho comprato un furgone che ho trasformato in camper, dove ho vissuto per periodi alternati per più di 3 anni. La gente mi dava della matta, ma solo con un piano diabolico e finanziariamente minimalista ce la fai veramente quando sei in fase startup. Essere una startup, diciamolo, è il modo fighetto per dire che sei un morto di fame che non sa se ce la farà. Essere startuppari non è figo per niente, ci raccontiamo tutti la stessa balla. Io sono ben felice di essermi lasciata la fase startup alle spalle e di essere Presidenta di una realtà internazionale come Stiletto Academy.
Sono dell’avviso che se vuoi farcela ce la fai, ma devi avere una fame chimica che ti tenga attiva come una molla per 20 ore al giorno. In Italia siamo molto fortunati perché c’è tanta, tantissima fame. Il problema, però, sono i genitori che continuano a voler mantenere i “giovani trentenni” (giovani fa ridere, ma i trentenni italiani credono di essere giovani, non adulti) ospitandoli in casa e dandogli i soldi per la benzina, creando degli ebeti a prova di cocopro e generando un’intera generazione di milleuristi. Di poracci senza midollo, per dirla con le parole giuste.
Molti clienti non vogliono firmare un contratto, ma è la prima cosa da fare. Con un contratto in mano si ha più presa sul cliente e si definiscono bene le mansioni e soprattutto cosa è compreso e cosa no. Il cosa non è compreso è importantissimo, perché altrimenti continuano a chiedere di aggiungere roba, e tu, siccome ti pagano, cedi. Io non cedo e ho tutto un frasario paraculissimo per dire in modo gentile che si, fantastico, facciamo anche quello, adesso ti mando il preventivo e scegli.
La tariffa è anche da mettere nel contratto, così come l’anticipo ed i termini di pagamento. Io senza anticipo non lavoro, ed è molto difficile da far capire ai clienti. I pagamenti per legge sono a massimo 30gg, anche se in questo paese per qualche arcano motivo si fanno passare i 60 o 90. Ecco: a me non piace essere messa a novanta, e lo esplicito fin da subito. Lavoro meno, ma lavoro meglio.
Quando un cliente non paga mando un sollecito via mail con una frase sotto la firma: “Tira più un tweet di un carro d’avvocati” con la quale sto per fare le magliette, e se non mi pagano non esito a dire che procederò non tanto con un avvocato, che costa parecchio e spesso per mille euro non vale la pena, ma con un’esternazione di insolvenza da parte loro sui miei canali social. In quel caso si cagano sotto, in altri casi no e li devi giocarti il rischio di diffida per sputtanarli, allora ho elaborato tutta una serie di frasette molto interessanti, ma che cerco di non avviare perché è un deterrente per altri clienti.
Di solito è meglio mettere alle strette l’agenzia dicendo che nominerai il cliente finale brand, così ti pagano. Loro dicono sempre “Ah, il cliente non ci ha ancora pagati” come se a te interessasse aver fatto un lavoro con un contratto ma che segue altre dinamiche esterne agli accordi. Allora pagano e ci vanno sotto loro, ed è giusto così: tu hai un contratto con un’agenzia, non con il cliente finale, e ti devono pagare. Se non se lo possono permettere, che cerchino qualcuno che gli faccia la marketta gratis. Io non le faccio.
La tolleranza zero dopo qualche mese è d’obbligo, e non lo dobbiamo soltanto a noi stesse, ma a tutta la categoria. Punzecchiare un cattivo cliente aiuta tutti e migliora la nostra situazione, si tratta di militare per migliorare la reputazione e condizione dei lavoratori di un mestiere bistrattato, e dobbiamo farlo tutti insieme. Non è una vergogna dichiarare che le campagne sono pagate con un hashtag #ad, anzi, dovrebbe essere un motivo di vanto. Chi non dichiara le campagne sta truffando il proprio followato, ed è ad altissimo rischio di sputtanamento. Ricordiamoci sempre che noi non siamo nessuno senza i fan, e bisogna rispettarli.
GIANPAOLO
Se hai a che fare con aziende e budget medio-piccoli conviene sicuramente standardizzare i costi con un fisso per impostare l’account e una parte variabile periodica per controllo e ottimizzazione. Il variabile può essere una percentuale del budget speso, o un canone fisso, o ancora un costo orario commisurato a quanto si lavora effettivamente sulla campagna.
Io personalmente preferisco quest’ultima opzione, anche perché lavoro principalmente con aziende medio-grandi e quindi parliamo di cifre che hanno un’incidenza bassa rispetto ai budget investiti. Però, se hai a che fare con clienti più piccoli, è più difficile impostare il contratto in questo modo, perché invece ti vengono chiesti riferimenti certi sui costi di gestione.
Qui, non essendoci standard di settore, ognuno però può fare come crede.
Per quanto riguarda invece la gestione dei budget investiti, a meno che non si tratti di cifre molto piccole o non si abbia grande fiducia nel cliente, sconsiglio vivamente di utilizzare la propria carta di credito o la fatturazione consolidata (con cui paghi Google a 60 giorni attraverso un bonifico), per usare invece una carta del cliente o un RID sul suo conto bancario.
Questo perché, in quanto professionisti AdWords noi non possiamo non pagare Google, mentre i clienti potrebbero invece non pagare noi!
Indirettamente collegata a questa è anche la scelta se dare al cliente l’accesso al pannello di controllo (magari in sola lettura) oppure no. Lavorando soprattutto con clienti che già usano AdWords da tempo e con budget abbastanza elevati per me è abbastanza automatico farlo, se non altro per permettergli di scaricare le fatture. Tuttavia in questo modo si rischia che il proprio know how venga trasmesso ad altri fornitori a fine rapporto. Io però ho formato generazioni di web markettari! Se dovessi aver paura di trasmettere il mio know how a qualcuno, dovrei forse cambiare mestiere! ;-)
In ogni caso, se non si dà l’accesso al pannello le norme di gestione dei professionisti AdWords certificati impongono di dare dei report periodici al cliente. E mi sembra cosa buona e giusta anche per i non certificati.
Che consigli daresti su come impostare i contratti con i clienti, quotare le proprie ore di lavoro, gestire i report per rendicontare i propri servizi"?
VERONICA
Sul contratto è utile mettere la dicitura sui termini di pagamento legali a 30 giorni, e descrivere tutti i termini certosinamente. Non dimentichiamoci anche di incluedere o no la clausola di esclusività (e di farsela pagare correttamente), o di esplicitare una non esclusività, e in quali termini. Chi paga pensa spesso che ci possiede, ma non è così. Noi blogger non vendiamo la nostra opinione bensì il nostro spazio, e sono cose diversissime. Spesso i clienti mi mandano anche i titoli che vogliono dare ai post. Non ci siamo. Se scelgono di veicolare una campagna con un blogger è perché vogliono una voce spontanea e molto personale. Obbligare a scrivere certi titoli in nome della SEO è controproducente, perché la SEO e i blogger non vanno sempre d’accordo: noi abbiamo una tribù alla quale l’acronimo SEO può voler significare una congiunzione in portoghese, e va bene così.
Dare un prezzo al proprio lavoro, se si tratta di fare l’influencer, è molto difficile. A un certo punto mi sono fatta un tariffario valutando il valore del mio brand e le possibilità di generare conversazioni e mi attengo sempre a quello, a meno che non mi chiedano dei pacchetti con altre cose e mi adeguo. Non avendo dei grandissimi numeri, sono un’influencer da conversation, non da awareness, e bisogna esserne coscienti. Ogni Spesso la parola magica è: “Dimmi che budget hai e ti faccio un design to cost”, e li vedi che vorrebbero fare l’impossibile con 100€. Bisogna dire di no, perché abbassando i propri prezzi si abbassa il valore del lavoro dell’intera categoria. E se scopro che lo fai ti aspetto in bagno e ti meno coi tacchi.
Per rendicontare i propri servizi suggerisco di fare uno Storify anche con le reazioni che non includono tag ma che sono perfettamente in relazione con la campagna. Non tutti i clienti hanno agenzie che spulciano le conversazioni e sono in grado di tracciarle e archiviarle, e mi è capitato di ricevere mail chiedendomi di conversations su Twitter avvenute più di sei mesi prima per i report annuali di certi clienti avuti in diretta, o con agenzie un po’ improvvisate. Ho capito che dovevo farlo io, e che lo dovevo fare ogni singola volta. Storify è perfetto e le conversazioni intorno ad una campagna rimangono da curriculum per presentarsi ad altri clienti, lo trovo utilissimo.
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In linea generale, però, trovo molto utile non pensare solo al dopo ma soprattutto al prima, a come vendersi e farsi valere. Avere sempre pronta ed aggiornata una buona presentazione da inviare ai clienti interessati è il top. Io mi sono fatta un kit in PDF su issuu, che ho associato ad un bit.ly. I link bit.ly non si possono modificare, ma l’issuu si e quindi lo aggiorno cambianto il PDF. Creo un bit.ly personalizzato come bit.ly/stilettoacademy così me lo ricordo sempre, e non appesantisco le mail e posso digitarlo a memoria anche su un whatsapp. Con questo trucchetto sono sempre pronta, provatelo!
GIANPAOLO
Non date ai clienti delle statistiche che non sono in grado di comprendere. Più la sua conoscenza dello strumento è basica e più semplici dovranno essere i rapporti. Questa è un’indicazione di pura sopravvivenza! ;-)
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