Torna a Milano, il 21 e 22 novembre, il Forum delle Eccellenze, uno degli eventi business più attesi dell'anno organizzato da Performance Strategies.
Tra gli speaker, Alessandro Rimassa, direttore della TAG Innovation School e autore di Generazione Mille Euro e La Repubblica degli Innovatori. L'esperto di innovazione digitale e strategie di startup parlerà di nuovi paradigmi per le imprese, attraverso design thinking e disruptive innovation, durante l'intervento Come trasformare e far crescere la tua impresa con la disruptive innovation nell’era del digitale di cui ci ha dato un'anticipazione.
Nel tuo libro È facile cambiare l'Italia se sai come farlo, proponi 10 principi da cui partire per ricostruire insieme il nostro Paese. A distanza di mesi dall'uscita del libro, ce n'é uno che aggiungeresti? Se sì, quale?
Credo che la ricostruzione passi prima di tutto da una diffusione forte di una cultura differente: oggi quindi aggiungerei digitale, perché con la digital transformation possiamo contribuire a cambiare il modo di agire di aziende, persone, istituzioni, facendo sì che il Paese corra più veloce e al passo con le nuove grandi potenze dell’economia mondiale. Se oggi i nuovi ricchi sono tutti imprenditori del digitale e pochi di loro hanno già compiuto 30 anni, significa che la sfida da affrontare è questa e che non possiamo esimerci dall’affrontarla.
Qual è il nesso tra la Terza Rivoluzione Industriale con ciò che stiamo vivendo oggi?
Noi siamo nel pieno di questa rivoluzione, che significa cambiamento del modo di produrre e interagire. Viviamo, cioè, una trasformazione rapida e costante che ha effetti disruptive, cioè devastanti e meravigliosi al tempo stesso. Pensiamo al lavoro: i cinque lavori oggi più richiesti, cinque anni fa praticamente non esistevano, e noi invece ancora ci chiediamo se far studiare giurisprudenza o architettura ai nostri figli…
Ho fondato, con Talent Garden, la TAG Innovation School proprio per questo, per portare i giovani italiani a fare quelle professioni per cui oggi c’è tantissima richiesta sul mercato. L’ho fatto per spiegare che la disoccupazione esiste ed esisterà finché non impareremo a capire che siamo noi a dover cambiare prospettiva, a dover studiare per le professioni realmente richieste. Certo, se voglio fare l’avvocato sarò disoccupato, ma se studio per fare il web developer trovo lavoro domani mattina! Questa è la rivoluzione industriale e digitale, questo non è il nostro futuro ma il nostro presente.
Il settimo principio afferma: "È facile cambiare l'Italia, se costruiamo una human-centered-society con lo sharing come nuovo modello socio-economico". In virtù dei recenti sviluppi - vedi Uber e Gnammo - credi sia ancora possibile nel nostro Paese?
Io credo di sì, le trasformazioni fanno paura, ma sono ineluttabili. L’altra sera ho preso un taxi, ci siamo dovuti fermare al bancomat perché non aveva il Pos. Al di là del fatto che per legge dovrebbe averlo, crediamo davvero che tra due o tre anni i taxi così come li abbiamo conosciuti, proprietari indisturbati di un mercato chiuso, esisteranno ancora?
Nel mio ultimo libro uscito da pochi giorni, La Repubblica degli Innovatori (Vallardi), ho raccontato 85 storie di startup italiane, divise per 16 settori in cui vale la pena investire e con ben 105 consigli di management frutto delle storie di questi straordinari imprenditori italiani: sapete cosa emerge? Che esiste una nuova generazione che, senza timori reverenziali, agisce, collabora, immagina. E crea un nuovo futuro possibile.
In Generazione Mille Euro, invece, hai dato voce ad una generazione. Credi sia cambiato qualcosa - in meglio o in peggio - da quando hai scritto il libro?
Sono passati dieci anni esatti, ho la presunzione di dire che come allora scoprii prima degli altri una nuova generazione - che purtroppo viveva una situazione di enorme difficoltà, ma che non si lasciava abbattere - oggi con la Repubblica degli Innovatori ne ho scoperta un’altra, che poi è la stessa che vive a Talent Garden o studia alla TAG Innovation School: è la generazione degli innovatori, gente che non chiede permesso e che costruisce futuro. Chi non segue quest’onda, tra dieci anni non sarà più nel mondo del business.
Come consulente, il tuo compito è quello di aiutare le aziende a sviluppare innovazione. Quali difficoltà ti trovi più spesso ad affrontare?
La paura. Paura di cambiare: “Abbiamo sempre fatto così”. E paura degli altri: “Non vorrei dar fastidio ai colleghi”. Lo dico schietto: chi ha paura, non troverà più posto, né per sé né per la propria azienda, nel futuro dell’impresa e del lavoro. Questo è il momento di agire, di giocare una partita più grande, di tirare con forza quel calcio di rigore che non si ha mai avuto il coraggio di calciare. Se non saremo noi ad andare sul dischetto, non troveremo più né la palla né il campo da gioco.
Ma io non mi rassegno: l’Italia è fatta di imprese straordinarie e di veri talenti, abbiamo le carte in regola per giocare la sfida dell’innovazione da protagonisti, dobbiamo però comprendere che il digitale non si improvvisa e tornare a studiare. Così vinciamo!