Qualcuno dice che Brad Gilbert, ex tennista ora allenatore e simpaticone su TV e social, abbia esagerato nell’affibbiare i nickname “Pennetta Pasta” e “Da Vinci Code” alle atlete italiane impegnate nella finale degli US Open, tramite il canale Twitter ufficiale della manifestazione. Forse Brad era deluso per l’inaspettata uscita di scena dell’americana Williams, ma il suo senso dell’umorismo (discutibile senza dubbio) ha fatto storcere il naso agli utenti che su Twitter chiedevano di smetterla con quei nomignoli e di portare rispetto alle tenniste.
Qual è la differenza con, ad esempio, il post della Barilla che avvicina la campionessa Pennetta alla famosa pasta? Nessuno, ma non è questo il focus dell’articolo (solo uno spunto di riflessione), bensì porre l’attenzione sulla gestione del canale Twitter degli US Open e della possibile crisi che poteva essere procurata da quei tweets sciagurati. Come affrontare situazioni come queste?
Le crisi, indipendentemente dalla loro tipologia, quando colpiscono un’azienda devono essere analizzate, gestite e, soprattutto, risolte (problem solving). Quello degli US Open può essere presentato come un case history interessante, laddove si doveva porre rimedio ad una situazione, creata dall’interno, che piano piano degenerava a causa delle risposte degli utenti. Gilbert è conosciuto per dare soprannomi fantasiosi ai tennisti, anzi ottenerne uno è buon segno per l’atleta: inoltre gli utlimi tweets sulle due finaliste italiane erano un susseguirsi di elogi sinceri, perciò non c’era nessuna volontà di malevole prese in giro (figuriamoci, come qualcuno ha scritto, di razzismo). Per rimanere in ambito culinario (Pennetta Pasta), gli altri nomignoli simili sono stati Granola Bars per Marcel Grannolers, Tabasco per Fernando Verdasco e Tuna Melzer per Jurgen Melzer.
Ciò che è sbagliato è stato l’utilizzare il canale ufficiale della manifestazione e non essersi limitato a quello personale (dove aveva tweettato in anteprima i nickname infelici), ed è un fatto abbastanza grave per un’organizzazione come quella degli US Open. Come è stato posto rimedio? In nessun modo, il live tweetting è continuato come se nulla fosse, e il “caos” è scoppiato solo qui in Italia. In molte altre occasioni, però, non la si passa così liscia. Ecco quindi alcuni consigli di crisis management per districarsi in una situazione spiacevole sui social.
1. Il silenzio sì, ma non cancellare!
Il silenzio è uno dei modi possibili di far fronte ad una crisi scoppiata sui social network: sicuramente ciò che non bisogna mai fare è cancellare il tweet o il post incriminato, perché sicuramente ci sarà stato qualcuno che avrà già screenshottato e condiviso l’epic fail.
2. Chiedi scusa e ammetti l'errore.
L’atro rimedio alla crisi è chiedere scusa e prendersi le proprie responsabilità. La sincertià paga sempre, soprattutto su Twitter.
3. Don't feed the troll.
Non cadere nell'errore di ribattere alle provocazioni: in un clima teso come quello di una crisi è semplice essere vittima di troll e flaming. Rispondi sempre in modo pacato, magari indirizzando gli utenti su una pagina web in cui l'azienda spiega i motivi dell'errore nel quale si è caduti.
4. Se possibile, ribalta il problema con ironia.
Hai sbagliato? L'errore potrebbe diventare opportunità. Mostra alla tua community di saper usare l'ironia: una risata seppellirà il misfatto.
5. Impara dall'errore.
Nella maggior parte dei casi, non serve essere un avvoltoio sui social network. Si ha tutto il tempo per pensare ad ogni aspetto del contenuto, dall'immagine al copy, tenendo conto della composizione sociale del proprio pubblico. Con un po' di attenzione si potranno evitare molti errori banali.
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