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  • Burnbook: app da bruciare o occasione di confronto?

    1 Aprile 2015

    Keep calm and put it in the burn book

    Il film del 2004 Mean Girls di Mark Waters racconta il delicato ecosistema di un liceo americano: l’importanza dell’immagine, della reputazione, della popolarità.

    Nella High school di North Shore ogni relazione tra gli studenti si fonda sui rumors, sui giudizi e sulle opinioni. La sovrana di questo sistema sociale, nemmeno a dirlo, è la ragazza più cattiva e più popolare dell’istituto: Regina George.

    Ragazza che parla al telefono stesa sul letto

    Lei possiede il Libro, lei ha scritto il Burn book.

    Ma cos’è il Burn Book?

    La Bibbia della maldicenza, un luogo in cui ogni parola, vera o non, definisce la persona a cui è riferita. Un libro in cui gli insulti e i giudizi sono solo l’inizio.

    E se questo libro scottante non fosse unicamente frutto della fantasia della sceneggiatrice Tina Fey, ma si fosse trasformato in un’app accessibile a tutti?

    Ebbene sì, Burnbook è un’app, un’app tra le più controverse.

    Cos'è il Burnbook

    Per alcuni è uno strumento nelle mani di bulli 2.0, per altri un utile mezzo per trasmettere valori positivi a giovani insicuri e fragili.

    Anche queste sono opinioni, semplici rumors. Per cui, prima di emettere la sentenza, cerchiamo di conoscere meglio Burnbook, l’app che del libro cartaceo “della maldicenza”. Il funzionamento è semplice: dopo aver scaricato l’app e ti geolocalizzi ed entri nella community più vicina alla posizione indicata.  Per fare cosa? Lo riassume bene il logo, delle labbra he simboleggiano ciò che la bocca non osa pronunciare.

    Logo BurnBook

    Perché appena entrati nella community, infatti, si ha la possibilità di scrivere brevi messaggi anonimi di ogni tipo, scavalcando la paura di essere scoperti. Un’app, quindi, che invoglia a confessare i propri segreti e a rivelare quelli altrui.

    L’anonimato favorisce una libera condivisione, a volte per esprimere qualcosa di intimo che non si riesce a dire in pubblico, altre per attaccare senza remore compagni e conoscenti.

    Com’è possibile tutto questo? L’anonimato libera la persona dalla responsabilità che avrebbe se fosse un utente riconoscibile.

    Nel flusso dei messaggi all’interno della community non mancano rivelazioni shock, insulti, cattiverie. Ma l’app non si esaurisce nell’incondizionata e superficiale espressione di ciò che passa per la mente.

    Se alcuni genitori sono in allarme, altri sfruttano l’occasione per stare più vicini ai propri figli. Ad esempio, i genitori della North Pocono High School di Covington Township, Pennsylvania, hanno iniziato ad usare l’app per sostenere e incoraggiare i ragazzi scrivendo messaggi come: “Hope your day is filled with light and love! Love, an NP mom”.

    Messaggi dalla app Burnbook

    L’app, a differenza del libro di Regina George, non ha intenzioni specifiche: è il suo utilizzo a fare la differenza.

    Viviamo in una società in cui l’apparenza, la reputazione e l’immagine stabiliscono chi sei, per cui app e siti di questo genere (Insegreto, Whisper, Secret), non sono una novità, anzi mettono in evidenza la specifica necessità contemporanea di incanalare l’aggressività senza conseguenze e di sfogare i propri sentimenti senza viverne l’imbarazzo. Come diceva Oswald Chambers

    You are who you are in the dark. All the rest is reputation.”

    E voi cosa pensate di Burnbook, amici lettori?

    È giusto offrire strumenti per comunicare senza conseguenze, o è necessario responsabilizzarsi anche nell’anonimato?