Un robot ci sostituirà? Sono anni che l’uomo si pone questa domanda e, sebbene sia rassicurante pensare che non possa succedere grazie alla nostra unicità, il cambiamento è iniziato.
Nel campo del giornalismo, gli automi sono già realtà.
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Come dichiara il blog della WAN-IFRA, la maggiore organizzazione mondiale dell’editoria, alcune redazioni possono già vantare la presenza del cosiddetto “robot giornalista”, utilizzato soprattutto per elaborare dettagliati resoconti finanziari e sportivi. I software di automated reporting consentono infatti di leggere grosse moli di dati, tabelle e grafici, analizzandone i trend chiave. Gli algoritmi di scrittura automatica sono in grado di compilare report veloci, accurati e precisi, al punto da sembrare redatti da giornalisti in carne ed ossa.
Lou Ferrara, Vice Presidente e Managing Editor di Associated Press, rivela come la sua agenzia di stampa abbia ingaggiato un Automation Editor per velocizzare il sistema degli andamenti finanziari e per poter tenere i lettori informati sui match delle squadre del college, che in passato le redazioni non riuscivano a seguire. Il software (prodotto da Automated Insights), non solo aumenta la quantità di report prodotti, ma consente addirittura di far risparmiare il 20% del tempo di scrittura al suo staff.
Il sistema delle news automatizzate è stato accolto con entusiasmo da testate di rilievo quali il New York Magazine e TechCrunch, ma non si sono fatte attendere anche le critiche, a partire dall’imprenditore della Silicon valley Martin Ford.
Autore del libro Rise of the Robots, Ford sostiene che l’Intelligenza Artificiale stia renedendo obsoleto il “buon lavoro”, compreso il modo di fare giornalismo.
«Vogliono farvi credere che questi sistemi si limiteranno a svolgere operazioni noiose che consentiranno agli altri dipendenti di dedicarsi ad attività più interessanti. Così come è già accaduto con altre innovazioni tecnologiche, è inevitabile che alcuni posti di lavoro possano essere messi a rischio.»
Lou Ferrara non è dello stesso avviso, sostenendo come il lavoro svolto dal reporting automatico consenta alle redazioni di utilizzare al meglio le proprie risorse limitate e offra loro l’opportunità di dedicarsi all’approfondimento.
«Non è altro che un’evoluzione del giornalismo, cosi come nel tempo si sono evolute le tecniche di stampa, di impaginazione e di fotografia. – dice il vice presidente di AP – Il giornalismo avrà sempre bisogno di nuove figure, di maggior rilievo e responsabilità, al massimo potrebbero risentirne le figure entry-level».
A detta di Ford, invece, in questo caso si parla di qualcosa di differente dalle rivoluzioni tecnologiche del passato. Il passaggio all’automazione richiederà del tempo, ma finirà con il coinvolgere non solo il campo del giornalismo, ma tutto il mondo impiegatizio.
Lou Ferrara mette in guardia, però, da chi potrebbe servirsi del robot giornalista in maniera non del tutto etica. In una realtà in cui le notizie sono redatte da sistemi automatici, il rischio principale è rappresentato dall’omologazione dell’informazione. Un fenomeno che naturalmente andrebbe a discapito del lettore, privato della possibilità di avere accesso a diverse prospettive di un unico avvenimento.
Sarà quindi necessario che il reporting automatico non soppianti l’unicità del giornalismo e che le notizie possano continuare a farsi leggere e distinguersi per contenuti di valore.
Ora non resta che scoprire quale impatto avranno i sistemi automatizzati sulla società e sul futuro dell’informazione.
I lettori continueranno a premiare il buon giornalismo?
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