Quattro chiacchiere con Andrea Schiesaro, Amministratore Delegato di Black & White Comunicazione, che ci racconta come si sono evolute le PR nell'era digital!
Andrea, in base alla tua esperienza, potresti darci una definizione di digital PR?
Quando si parla di digital PR si tende inevitabilmente a soffermarsi sul concetto di digital e poco su quello di PR. A me invece piace porre l’accento sul concetto di PR o meglio della sua evoluzione, legata certamente ai linguaggi dei new media. Per me la parola “digital” davanti alla sigla PR sta per modalità di fruizione ed erogazione del messaggio, che viene veicolato grazie alle “pr”, ossia alle relazioni con un pubblico, o meglio con una pluralità di pubblici complessa: blogger, youtuber, influencer, brand ambassador, utenti, e per usare un termine tanto caro al marketing, ovviamente consumatori. Stiamo parlando di persone, di profili autentici dietro cui vi sono identità.
Se fino a qualche tempo fa col digital qualcuno poteva barare (mi riferisco ai profili fake, ai volumi di like e fanbase gonfiati ad hoc ad esempio) oggi quel digital di ieri si sta riscattando proprio grazie alle PR, alle PeRsone, che generano “naturalmente” i numeri.
Perché nasce Mediainformer?
La comunicazione non è cambiata ma sono cambiate le dinamiche ascrivibili al modo di fare comunicazione oggi. Se Black & White Comunicazione appartiene al mondo delle pubbliche relazioni più tradizionale, con tempi, modalità e target ben definiti, Mediainformer risponde all’evoluzione del modo di fare comunicazione imposta dai new media. Ci siamo accorti che serviva un sevizio che “smaterializzasse” il lavoro, lo rendesse più snello, strategico e misurabile. Tutti aggettivi che guarda caso richiamano la sfera “digital”. Da qui Mediainformer, una piattaforma editoriale per la gestione delle digital PR, con servizi di monitoraggio della brand reputation, strumenti per valutare il “care” nella gestione di un contatto lead e tool di social intelligence per comprendere chi è l’utente che sta parlando.
A chi ci rivolgiamo? Alla piccola e media impresa che spesso non è strutturata per gestire strategicamente la comunicazione d’impresa. Tuttavia non può essere tagliata fuori dal mare magnum del web, ma nemmeno presidiare i social senza averne gli strumenti. Coi tempi che corrono non ci si può permettere di sbagliare. Gli epic fail sono dietro l’angolo e non perdonano. Non ci si può improvvisare, come trovo ingenuo e pericoloso affidare la gestione dei social aziendali, al nipote, al magazziniere o alla segretaria aziendale. Ecco perché in Mediainformer esistono Social media manager dedicati.
Quali sono gli errori più comuni che riscontri quando gli utenti utilizzano la piattaforma per redigere un comunicato stampa?
Su Medianformer gli utenti hanno la possibilità di caricare gratuitamente il loro comunicato stampa. Spesso però il nostro lavoro di consulenza ci porta ad modificare il documento originale per renderlo più appetibile ai lettori e all’audience di riferimento. Gli errori, se di errori vogliamo parlare, sono squisitamente legati allo stile con cui si approcciano le media relation. Mi spiego: le news appaiono talvolta poco professionali, non sono ottimizzate per il pubblico social. Siamo di fronte a news prolisse, poco efficaci nello stile comunicativo. Spesso il tono rimane quello autoreferenziale, e ormai i pubblici si sono evoluti e pretendono di leggere qualcosa che vada oltre il “Noi siamo i più bravi, i leader, i migliori sul mercato”.
"Il medium è il messaggio", inclusa nell'opera "Understanding Media: the extension of Man" del 1964, è la frase che ha reso celebre il sociologo McLuhan. Quanto è vera quell'affermazione oggi? Secondo te, come sta cambiando il paradigma della comunicazione?
In parte sono convinto ancora che il medium, come sosteneva McLuhan, sia il messaggio, anche se oggi, per certi versi, il mittente stesso diventa messaggio. Pensa agli influencer, e alla forza che generano nella polarizzazione delle opinioni sul web in merito a qualsiasi cosa. Figurati quando si tratta di generare consenso attorno ad un prodotto o a un brand. Un tempo si diceva: “Certo che fa bene! Lo hanno detto in televisione”. Oggi si dice: “Certo che fa bene! L’ho letto sulla sua bacheca di Facebook!”