Le startup, in Italia, da qualche anno sono diventate argomento di discussione quotidiana.
Si parla delle nuove app lanciate da connazionali, si parla delle quotazione in borsa di piattaforme americane che hanno qualche anno ma che ancora sono alla ricerca di un loro business model.
Approfittiamo quindi di due eventi per fermarci e fare il punto della situazione sullo stato dell'arte delle startup in Italia.
Gli eventi sono stati la conferenza "Si fa preso a dire startup: limiti e potenzialità del metodo lean startup" tenutosi presso SMAU - Milano il 23 Ottobre presentata da Gino Tocchetti e l'evento Start4To, tenutosi a Torino il 15 Novembre, durante il quale è intervenuto Stefano Firpo del Ministero dello Sviluppo economico per spiegare le attività del governo finalizzate a supportare l'imprenditorialità innovativa.
Cominciamo dunque dal delineare il ruolo delle startup nel sistema socio-economico per poi descriverne le problematiche italiane e identificarne una possibile soluzione.
Lo stato dell’arte delle startup in Italia
Le ricerche compiute della Kauffman Foundation relative al contesto statunitense evidenziano l'impatto positivo delle startup tecnologiche sull'occupazione. Negli Stati Uniti la quasi totalità dei nuovi posti di lavoro creati provengono da aziende con meno di 5 anni di vita. Solo però quelle tecnologiche hanno un bilancio positivo tra posti creati/posti distrutti.
Questi dati portano a credere che le startup innovative rappresentino un modello economico sul quale fondare il futuro dell'economia dei paesi occidentali.
Tuttavia la situazione italiana è ancora critica. Guardando ai dati storici l’Italia si colloca tra i Paesi con bassi indice di imprenditorialità (indice TEA). Anche il recente aumento dell'indice TEA in Italia non nasconde una rinata predisposizione imprenditoriale, ma piuttosto l'assenza di altre opzioni lavorative che non basta dunque a fare nascere la motivazione necessaria per fare l'imprenditore.
A frenare le aspirazioni degli italiani è la paura di fallire e la percezione di poche opportunità. L'aspirante imprenditore italiano vive dunque in una situazione di incertezza, la cui soluzione viene vista nell'identificazione di una fonte di finanziamento. Tuttavia questa può risultare una falsa soluzione, soprattutto perché spesso il finanziamento viene sovrastimato proprio per arginare l'incertezza.
Vediamo dunque quale metodologia può essere adottata per non entrare in questo circolo vizioso che da incertezza genera incertezza.
Il lean model
Le startup non sono delle aziende piccole o delle aziende giovani, ma delle organizzazioni temporanee che non hanno ancora identificato il proprio business model e che, proprio per questo, vivono in una situazione di incertezza costante.
Per affrontare una situazione di incertezza e individuare un business model sostenibile a partire dal quale si sviluppa un’impresa, Steve Blank ha proposto di utilizzare un metodo basato sui concetti di iterazione, ciclo, agilità e adattamento.
Sono così state fondate le basi del cosiddetto metodo lean startup, un metodo sperimentale in cui lo sviluppo del prodotto procede in modo incrementale, partendo da ipotesi e prodotti semplici, che vengono testati sul mercato e quindi migliorati.
L'obiettivo iniziale di un team imprenditoriale deve essere la creazione di un Minimum Viable Product (MVP), ovvero la versione minima di un prodotto sufficiente a testarlo sul mercato per poter misurare i risultati, validare le ipotesi oppure ridefinire le assunzioni iniziali (pivot).
Alla base di questo modello dunque vi è l'idea che solo entrando in contatto con il mercato sia possibile trovare un Business Model sostenibile.
Affiancando i dati delle ricerche sulla predisposizione imprenditoriale degli italiani con le metodologie di sviluppo delle startup emerge dunque come il modello lean possa essere un approccio utile agli aspiranti imprenditori italiani per guardare con più interesse al testing del prodotto con i clienti piuttosto che alla ricerca di investimenti.