Big Data e Marketing, un argomento affascinante di cui, soprattutto in Italia, si parla ancora poco. Nel nostro Paese infatti sono ancora pochi gli esperti in grado di parlare per esperienza diretta riguardo a questo tema.
Visto l'interesse suscitato dalla pubblicazione di un precedente articolo in merito a questo tema, ho ritenuto interessante intervistare Alessandro Vitale, Data Scientist e CEO di Optimist AI. La startup (italiana al 100%) progetta e realizza strumenti innovativi per supportare le funzioni Marketing e Vendite a realizzare azioni di marketing one-to-one in maniera semplice, proprio grazie ai Big Data.
I Big Data sono il fenomeno del momento. In tanti dicono la loro sull'argomento..cosa significa Big Data per te?
Big data per me sono tutte le applicazioni intelligenti che ci rendono la vita migliore, applicazioni rese possibili dalla crescente disponibilità di dati.
Big data è per esempio Google Now, che mi dà suggerimenti utili capendo quello che sto facendo o ho in programma di fare, Wal-Mart che mi crea in automatico la lista della spesa analizzando i miei consumi passati o tornando a Google le auto senza conducente che rivoluzioneranno il modo di spostarci.
I computer stanno tornando a svolgere il ruolo di aiutante degli uomini, diventando più intelligenti per rendenderci la vita più facile.
Quanto stanno diventando grandi i Big Data? Qual è la "dimensione minima" per considerare "Big" un dataset?
Per me un dataset è "Big" se una persona non può analizzarlo e tirarne fuori azioni tempestive.
Pensa ad un eCommerce: il primo dataset è quanto è stato venduto di ogni prodotto, relativamente semplice da analizzare. Poi si passa agli acquisti di ogni singolo cliente, alle pagine visitate, ai clic fatti, fino alle posizioni del cursore e via dicendo. Ad ogni passaggio i dati crescono esponenzialmente e diventa più complicato analizzarli e trarne azioni operative; sapendolo fare però si può avere un sito che in tempo reale si adatta al cliente e rende unica l'esperienza, con grandi ricadute positive sulle vendite.
Anche le aziende tradizionali hanno da tempo big data, solo che non avendo strumenti per analizzarli non li hanno mai considerati tali. I venditori sono un caso tipico, una persona riesce a tenere contemporaneamente a mente tra 5 e 7 informazioni, mentre a loro è chiesto di seguire centinaia di clienti consigliando prodotti da cataloghi con migliaia di referenze. Immagina se avessero una app intelligente che gli suggerisce in tempo reale cosa proporre a ciascun cliente!
Che vantaggio offre la possibilità di analizzare grandi moli di dati? Quali invece possono essere le difficoltà?
In generale, più dati vi sono, più precisi sono gli algoritmi intelligenti. Google ha addirittura dimostrato che in alcuni casi algoritmi semplici con tanti dati battono algoritmi più avanzati con meno dati.
Detto questo, applicare algoritmi intelligenti a grandi moli di dati è difficile, ma fattibile. In questo senso si stanno facendo progressi quotidiani.
Il marketing one-to-one è ormai realtà: è la fine della segmentazione tradizionale e l'inizio di una nuova era. Che ne pensi?
Sposo la tesi del CEO di Tesco per cui siamo nell’era della personalizzazione di massa. Il vero marketing one-to-one è stato finora una aspirazione perché non vi erano strumenti operativi adatti, sia in termini di performance che di costi. Alcuni pionieri si sono costruiti gli strumenti in casa, Amazon e Google fanno sentire uniche miliardi di persone ogni giorno ed i risultati economici parlano per loro. La buona notizia è che adesso gli strumenti per fare vero marketing one-to-one sono disponibili, si tratta “solo” di adottarli.
Come credi che evolverà la figura del manager, i nuovi strumenti possono sostituirsi all'intuito e alla capacità analitica?
I manager e le persone in generale continueranno ad avere il ruolo centrale nelle aziende. Non penso che i manager verranno sostituiti, ma chi sarà in grado di utilizzare questi nuovi strumenti per prendere decisioni migliori farà veramente la differenza. Questa rivoluzione io la chiamo intelligenza aumentata: la domanda non è se una macchina sia meglio di un uomo, ma se un uomo aiutato da una macchina intelligente sia meglio di un uomo da solo, e la storia del progresso umano dice di sì.
Alcune ricerche recenti mostrano come i CMO siano attratti dai Big Data, ma che allo stesso tempo stentino a capirne le logiche. Tu che idea ti sei fatto?
Al momento il freno maggiore è dato dalle competenze. I Big Data consentono di fare marketing one-to-one, però per farlo è necessario ripensare alcuni processi di marketing, il modo di lavorare ed acquisire nuove competenze. Non è facile cambiare, però è un investimento sicuro sulla propria carriera. Per chi desidera costruirsi queste competenze consiglio il libro Precision Marketing.
Immagino che quando si parli di Big Data spesso i vostri interlocutori siano, oltre ai CMO, i responsabili IT delle aziende. Come vedono questo fenomeno?
Dipende dalle organizzazioni in cui operano. Dove i CIO sono più vicini al business mostrano interesse per il tema, sono proattivi ed hanno un ruolo propulsivo. Chi non si muove in questa direzione corre il rischio di essere scavalcato dai CMO e ritrovarsi nella previsione di Gartner, secondo cui nel 2017 i CMO spenderanno più in IT dei CIO.
Per molti i Big Data rappresentino il futuro, mentre ignorano che l'analisi dei Big Data sia già una realtà che offre opportunità concrete.
Prima di tutto penso che sia un problema di comunicazione poco chiara, a partire da chi propone tecnologie innovative. Come dicevi all'inizio spesso non è neanche chiaro cosa si intenda per Big Data. La fotografia migliore della discussione pubblica sui Big Data l’ha fatta Dan Ariely : "Big data è come gli adolescenti e il sesso: tutti ne parlano, nessuno sa veramente come farlo, tutti pensano che gli altri lo stiano facendo, quindi tutti dicono di farlo..."
Poi c'è sicuramente il tema della preparazione e competenze a cui si accennava sopra. Come nota positiva ho riscontrato molte idee e preparazione in diversi responsabili CRM, persone già abituate a pensare quotidianamente in termini di cliente e che possono finalmente fare leva sul patrimonio di informazioni a loro disposizione.
Credi che i Big Data siano appannaggio esclusivo delle grandi aziende? Servono grandi investimenti per sfruttarne le potenzialità?
I Big Data già oggi non sono più appannaggio delle grandi aziende e nel giro di pochi anni saranno a disposizione anche delle piccole aziende.
Il cloud è un elemento fondamentale, soluzioni di questo tipo rendono sempre più accessibili i Big Data, riducendone costi e tempi di implementazione.
Un altro elemento potenzialmente frenante, la scarsità di data scientist e competenze di analisi Big Data, verrà sopperita come dice Mike Gualtieri di Forrester dalla democratizzazione della data science, tramite strumenti sempre più facili utilizzati direttamente dalle persone di business.
Il limite diverrà solo la quantità di informazioni a disposizione e la capacità di tradurre in azioni i suggerimenti delle applicazioni.
Tu e il tuo team siete andati in controtendenza, creando un software semplice, in grado analizzare i Big Data ma allo stesso tempo di fornire risposte semplici e operative...è questa la vera innovazione?
Uno strumento potente usato da pochi in grado di farlo avrà sicuramente un qualche impatto. Ma uno strumento che è sia potente che facile, quindi utilizzato da tutta l’organizzazione ed in ogni occasione è la vera rivoluzione. Pensa a quanto può migliorare il rapporto con il cliente un’azienda che fornisce strumenti predittivi a tutte le persone che interagiscono coi clienti, rispetto ad una che li mette a disposizione solo di alcuni analisti. La parte complicata della tecnologia sempre più sparirà, diventando un aiuto discreto e naturale quando serve; in quest’ottica abbiamo presentato la prima applicazione business per Google Glass al mondo che mostra evoluzioni future e va proprio in questa direzione.
La tua startup si può definire un'eccellenza italiana. Con tante "fughe di cervelli", tu e i tuoi collaboratori avete deciso di credere in questo Paese nonostante tutto. Rimarrete sempre legati a Milano?
L’Italia è un paese pieno di gente in gamba, è fantastico per sviluppare nuovi prodotti. Non sempre è il paese migliore in cui venderli, le statistiche dicono che le aziende investono meno di altri in innovazione ed IT.
L’obiettivo futuro è sicuramente aprire mercati esteri, però mantenendo le radici in Italia, ci piacerebbe contribuire alla ripresa del nostro paese.
Quali sono le sfide più eccitanti per un data scientist oggi? Quali saranno quelle del prossimo futuro?
In questo momento le sfide sono tantissime, la più calda è sicuramente dentro le aziende per rivoluzionare il rapporto con il cliente. In futuro vedo grandi potenzialità nella sanità, aumentando l’aspettativa e la qualità di vita con la medicina predittiva. Vedo anche un ruolo nella società, mano a mano che gli stati renderanno disponibili le informazioni con gli open data si potranno migliorare servizi e rapporto tra cittadini ed istituzioni.