Negli anni '90, due professori della Harvard Business School scrivevano un saggio dal titolo Corporate Imagination and Expeditionary Marketing, in cui analizzavano dei casi di successo riguardanti alcune big corporation (Sony, Toshiba, Honda, Xerox ecc.) artefici di un nuovo approccio al marketing, diverso da quello che fino a quel momento si era studiato durante gli MBA o nelle Università.
Il nuovo approccio si chiamava Expeditionary Marketing (traducibile con 'marketing dell'esploratore') e consisteva in continue esplorazioni di nuovi mercati ed innovazioni di prodotto, con l'obiettivo di individuare nuovi bisogni da soddisfare, nuove opportunità di crescita, nuove nicchie da conquistare.
Il concetto alla base di questo approccio è semplice: le imprese statiche sono facilmente attaccabili. Per sopravvivere e svilupparsi, le aziende hanno bisogno di muoversi e trovare continuamente nuovi mercati, dove c'è ancora terreno vergine.
Per descrivere il processo, Prahalad e Hamel paragonano l'expeditionary marketing ad una battuta di caccia con l'arco. L'arciere, per colpire il proprio obiettivo, dovrà mirare nella giusta direzione (ovvero trovare un bene/servizio attrattivo per il cliente) e valutare la distanza corretta (ovvero valutare le barriere all'entrata di un mercato).
Per trovare i bersagli, l'arciere avrà bisogno di esploratori (gli analisti), che dovranno localizzare bersagli da colpire, e di un team di supporto che fornisca loro delle frecce sempre nuove e sempre più performanti (ricerca e sviluppo).
Come si può intuire dal paragone, entrare in un mercato nuovo per un marketing team è paragonabile alla situazione in cui un gruppo di arcieri deve colpire dei bersagli mobili in un territorio che non conosce. Tutto ciò deve avvenire in breve tempo, con il rischio che i bersagli siano colpiti da altri, o che scappino.
Per massimizzare la possibilità di successo, i nostri arcieri-marketer hanno quindi due strade: incrementare le possibilità di colpire ogni volta che scoccano una freccia, oppure condurre il maggior numero di battute possibile.
Il primo approccio equivale a quello del marketing strategico, in cui vengono condotte accurate ricerche e l'azienda scende in campo solo dopo che il team è certo di avere ottime probabilità di colpire il target. Si tratta di un approccio collaudato ed efficace, anche se l'entrata in nuovo mercato (soprattutto in certi settori) presenta sempre più spesso insidie imprevedibili, in grado di rovinare anche il migliore dei piani.
In un mercato globale e turbolento quindi, dove i prodotti hanno cicli di vita sempre più brevi e la concorrenza intersettoriale è padrona, il secondo approccio, che coincide con il concetto di expeditionary marketing, potrebbe essere quello destinato a dare i maggiori frutti.
Il nostro team di arcieri dovrà quindi viaggiare leggero, essere fulmineo nel cogliere qualsiasi opportunità venga offerta dagli esploratori e dovrà avere un team di supporto altrettanto veloce e flessibile. Dovrà essere un team nomade, in grado di effettuare battute di caccia brevi, ritirandosi in caso di insuccesso e facendo tesoro degli errori per la spedizione successiva.
Un ottimo esempio della proficua applicazione dell'expeditionary marketing è Google. Big G ha infatti lanciato negli ultimi anni una lunga serie di prodotti più o meno rivoluzionari, alcuni dei quali sono stati ritirati dal mercato senza alcuna esitazione quando non raccoglievano i favori degli utenti.
Ad oggi sono infatti decine i progetti cancellati da Google: tra i più famosi si possono citare "Google Health", "Google Reader", "iGoogle", "Google Buzz", "Google Labs". La strategia di Google è quindi quella di esplorare di continuo nuovi mercati, sviluppando velocemente prodotti innovativi e dal ciclo di vita sempre più ridotto.
L'approccio sottolinea lo spirito "da esploratore" dell'azienda, che basa la sua crescita su continue spedizioni in territori sconosciuti, ritirandosi e riallocando le proprie risorse qualora si rivelino infruttuose.
È fondamentale precisare che adottare l'approccio dell'expeditonary marketing non significa improvvisare. Al contrario, l'adozione di questo approccio implica un processo di riorganizzazione dell'intera azienda in una struttura snella, innovativa e proattiva. Sposare questa filosofia implica, in primis, pensare alla propria azienda come ad un portafoglio di risorse e know-how più che un semplice produttore di beni o servizi.
Grande attenzione dovrà poi essere posta alla misurazione dei risultati delle "spedizioni", il cui impatto dovrà essere monitorato nel tempo, con l'obiettivo di pianificare una ritirata in caso di risultati negativi o un'intensificazione degli sforzi nel caso di risultati positivi. Dalla misurazione dei risultati, inoltre, si potranno trarre importanti lezioni per le campagne successive.
Expeditionary marketing significa, in ultima analisi, ripensare al concetto di fallimento. E' un processo fatto di tentativi, esperimenti e rischi calcolati. Il fallimento, quindi, è sempre un opzione e non dovrà mai essere punito, ma sempre analizzato, con l'obiettivo di ricavare utili spunti per le "spedizioni" successive.