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  • Il branding come strumento per ridisegnare l'identità territoriale

    20 Dicembre 2011

    Branding La Germania? Automobili eccellenti… Il Giappone? Sushi e sashimi… La Francia? Champagne e baguette… E l’Italia? Lo stile, ovviamente. A ogni paese sono associati stereotipi che ne condizionano più o meno direttamente l’economia. E la stessa cosa vale per regioni, città e, più in generale, per ogni area territoriale caratterizzata da particolari tipicità. A trovare una definizione di tutto questo ci pensò Simon Anholt quando, verso la metà degli anni novanta, coniò il termine “nation branding” e spiegò in che modo le tecniche del marketing e del branding applicate alla promozione di luoghi potessero agire su di essi al punto da condizionarne la reputazione e l’attrattività. Non basta certo un poster patinato, uno slogan accattivante o un bel marchio (cough italia.it cough) per far impennare attrattività e capitali.

    Marketing VS Branding

    Attenzione, sarebbe grave considerare il nation branding uno strumento unicamente a servizio del turismo, specie quando l’uso che ne viene fatto è quello limitato e superficiale di una simil campagna pubblicitaria con un ROI a brevissimo termine. A pensarla così è Dannielle Blumenthal sostenendo, in un recente articolo per govinthelab, che questo tipo di attività certamente non rientra nei confini del branding. Si tratta in realtà di marketing supportato dall’advertising. La sostanziale differenza: – Il marketing è sempre focalizzato su ciò che il cliente desidera – Il branding è sempre focalizzato sul mantenere una promessa Il marketing e il branding sono entrambi strumenti strategici che possono essere adatti in contesti differenti. Per un sistema complesso come quello di una nazione il percorso che porta verso il rafforzamento di un’immagine deve passare attraverso il concetto di identità, e il marketing, in questo senso, sarebbe uno strumento certamente inadeguato. Non è certo possibile promuovere un’attrazione turistica distogliendo l’attenzione dei clienti da tutto ciò che accade in quella nazione e dalle sue politiche. Se fosse possibile questo, allora il marketing sarebbe uno strumento perfetto. Così come i poster colorati e gli slogan altisonanti. Ma le persone si informano e, giuste o sbagliate che siano, hanno delle convinzioni che si formano nel tempo attraverso i media e l’esperienza. Per questo lo strumento migliore per promuovere un territorio è il branding, proprio grazie alla sua importante promessa, che dovrà essere credibile e pertinente. L’obiettivo fondamentale? Rendere le persone consapevoli di questa promessa, e poi mantenerla, anche attraverso le istituzioni e le politiche governative. Lo stesso Anholt sostiene che la gestione dell’identità richiede una strategia che coinvolga sia enti pubblici che attori privati, nonché ampi segmenti della popolazione. Nel suo articolo, la Blumenthal, afferma inoltre che se usato correttamente il branding offrirebbe la possibilità di reinventare realmente le amministrazioni territoriali in almeno cinque modi: 1. Promuove il pensiero strategico: il branding consiste nel formulare una decisione a lungo termine basata sulla promessa e sul suo mantenimento. 2. Promuove oggettivi parametri di successo: la promessa può essere letta su indicatori di performance chiave, come parametri misurabili, che permettano al grande pubblico di vedere se il movimento in avanti si è verificato (ovvero, se si sta mantenendo la promessa). 3. Promuove il cambiamento: il cambiamento deve avvenire per rendere reale la promessa e servire meglio il pubblico. Uno dei cambiamenti più importanti che i governi possono fare è quello di operare dal punto di vista della loro audience. 4. Promuove la trasparenza: una promessa fatta è una promessa che deve essere mantenuta, e il pubblico vuole che sia così. 5. Promuove la responsabilità: se la promessa viene rotta il cliente richiede che qualcuno si assuma la responsabilità altrimenti l’aspetto chiave del brand, ovvero la sua reputazione, va in frantumi.