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  • Fiat 500 Abarth sbarca negli Usa con uno spot "seducente"

    23 Novembre 2011

    Italians do it better. Ricordate questa provocazione di Madonna durante gli anni ’80? La pop star italo-americana al tempo lanciò questo motto con ben altri fini, quest’oggi invece ci occupiamo di come una delle nostre grandi imprese, la Fiat, abbia deciso di aprirsi al mercato statunitense dopo la fusione con Chrysler. La campagna, a cura del Richards Group si chiama Seduction e, come vedremo di qui a poco, calza a pennello rispetto ai contenuti volti alla promozione dell’uscita di una vera e propria icona dell’automobilismo italiano, la 500 Abarth. Il breve commercial che abbiamo appena visto per certi versi è un “usato sicuro” giacchè in passato, sia Fiat, sia altre aziende made in Italy hanno scelto come contesto dei loro spot il concetto di bello, o di stile tipicamente nostrano, uno dei capisaldi del comune sentire rispetto alla nostra nazione. In questo caso però, dovendo puntare forte sulla 500, il primo prodotto della casa torinese ad essere prodotto negli Usa e non solo distribuito, non si poteva lasciare alla bellezza del testimonial di veicolare l’italianità del prodotto e quindi è stata l’auto a “farsi” testimonial. La storia è abbastanza lineare, vediamo un giovanotto (un Nerd o Geek come vengono chiamati negli Stati Uniti quelle persone non in vista ma che muovono la società con la loro capacità di aderire a nuove mode) camminare per le strade di Manhattan cappuccino in mano sino a quando non è letteralmente rapito dall’avvenenza di una giovane. La ragazza, vistasi fissata dal ragazzo non si scompone ma anzi, gli va incontro provocatoriamente parlandogli in italiano. Prima scelta di contenuto della campagna: nonostante sia studiata per girare sui network americani si è deciso di dare alla donna una voce unicamente italiana, senza sottotitoli, quasi come se il contenuto delle sue parole non fosse necessario se non nello stabilire dal principio che ci si trova davanti a qualcosa di italiano. La seconda scelta di copywriting è un gioco vedo-non-vedo che si poggia sulla regia e lo stacco di inquadratura. Nel gioco campo controcampo dei due protagonisti, si suggerisce di volgere l’attenzione verso il tatuaggio della bella, non a caso uno scorpione, il logo della casa automobilistica di proprietà della Fiat. Il canovaccio del video rispecchia nel suo svolgimento una tipica situazione da commedia classica americana e non solo, ovvero la bella che sconvolge e provoca  il “bruttino” di turno, tant’è che vediamo una serie di allusioni più o meno marcate che trovano il culmine nella schiuma del cappuccino che si accomoda sul decolletè di quella che poi scopriremo essere la nostra 500. In chiusura della campagna infatti ci viene proposto il disvelamento della costruzione filmica, scoprendo che il giovane protagonista della storia non si era lasciato prendere da una ragazza italiana bensì dalla nostra Abarth . Il raccordo tra i due soggetti è creato dalla comune livrea da un lato, vestono infatti entrambe di rosso e nero, e dall’altro dalla schiuma di cappuccino descritta in precedenza sul parabrezza con tanto di chiusura (questa volta in inlgese visto che il claim deve essere chiaro e ben indirizzato verso il target di riferimento) “Abarth, non la dimenticherai dal momento che ne vedrai una” Di sicuro è uno spot tarato su misura sul meglio dei luoghi comuni che dall’altra parte dell’oceano farciscono il senso comune americano, e ci sembra dunque uno spot azzeccato. Non possiamo però non rilevare come vi possa essere però una distorsione di fondo rispetto al possibile mercato di questa vettura che ha fatto la storia dell’automobile in Italia. Perchè se la scelta di un Nerd è strettamente funzionale per il meccanismo di innesco di tutta la storia, è altrettanto vero che la campagna stessa “suggerisce” un target di riferimento per il modello. In altre parole si può creare un pericoloso legame che unirebbe la 500 ad una categoria sociale, quella dei nerd appunto, mentre sappiamo che la Fiat punta per il mercato americano ad una vasta distribuzione, con una specifica attenzione al mondo dei manager o comunque delle categorie di elite per le quali una vettura italiana rappresenterebbe un feticcio da sfoggiare nelle occasioni mondane. Non vorremmo quindi che fatta l’auto, lo spot non mischiasse le carte per quanto riguarda l’autista.