Diciamo la verità: è un periodaccio per lo spettacolo! In autunno i teatri erano in sciopero, il festival di Venezia si è aperto con gli striscioni di protesta e il FUS continua a dimagrire. D’altronde “con la cultura non si mangia”, ha detto qualcuno.
È uno scenario controverso, soprattutto per sperimentare un progetto artistico di ricerca! "Quando la produzione è finalizzata allo spettacolo, alla ricerca del denaro, si meccanizza, diventa nevrotica. Si cerca ciò che piace, che fa tendenza. Allora si sente la mancanza di un luogo in cui problematizzare il linguaggio dell’arte”.
Risponde ai nostri dubbi Pietro Babina, fondatore dell’associazione artistica Mesmer. Lo abbiamo incontrato per parlare del suo ultimo lavoro, ECO – Electronic Cooperation Online.
Come nasce questo progetto?
“Uno dei motivi che mi hanno ispirato, non è positivo. Sentivo la necessità di ragionare sulla parte processuale della creazione e rendere tutto ciò visibile al pubblico. ECO è un laboratorio permanente che parte dalle basi del linguaggio teatrale, per unire elementi tradizionali con i nuovi linguaggi informatici. Ciò che è interessante è verificare come la tecnologia possa entrare nel processo dell’arte”.
La ricerca di ECO si presenta come un grande blog in perenne aggiornamento: gli attori, la regia e il pubblico si incontrano sul web, dando vita giorno per giorno agli sviluppi della narrazione e seguendo lo spettacolo in diretta streaming.
Prova vivente che internet può svecchiare le tradizionali forme di fruizione. È successo così per il cinema, sta succedendo anche per il teatro?
"Io credo di si, le nuove tecnologie offrono questa possibilità. L’intento è proprio capire quanto questo sia possibile. Precisiamo un cosa: quest’indagine parte dal teatro. Nuovi elementi vengono innestati nel tradizionale processo di scrittura, ma non è una fuga da esso".
Quindi la base rimane la stessa, ma cambia il modo in cui gli attori interagiscono tra loro e con la regia?
“La rete ha permesso di creare un processo a porte aperte: ciò influenza il ruolo dell’attore e del regista. Il loro lavoro diventa di equipe, collettivo. Ciò avviene sotto gli occhi dello spettatore, che segue costantemente lo sviluppo del testo”.
Ridefinire il testo teatrale significa ridefinire le modalità con cui si raggiunge il target. E ciò che maggiormente sorprende di ECO è proprio la sua crossmedialità: sfrutta il video sharing, Wikipedia, Google Maps. Insomma, insegue il pubblico, lo circonda!
“L’idea è quella di usare gli oggetti quotidiani dello spettatore. In generale, gli elementi che compongono la rete hanno un alto grado di evocatività, tendiamo ad attribuire ad internet un valore altro. Essa acquisisce un ulteriore senso se immersa nella narrazione: Wikipedia diventa un pezzo della narrazione, entra in un mondo fantastico, pur rimanendo ancorata alla realtà. D’altronde, il teatro per sua natura si incontra con il reale, è sempre vero. È interessante scoprire come si uniscano queste due dimensioni”.
Forse è ancora presto per un bilancio sul progetto. Ma quale direzione prenderà ECO nell’immediato futuro?
“Le diramazioni sono infinite, potremo portarlo in tantissime direzioni. Però qualcosa ci ha sorpreso: la viralità dell’evento. Ci ha permesso di entrare in contatto in maniera differente con lo spettatore e in un certo senso ha paralizzato l’idea tradizionale di spettacolo”.