James Joseph Brown nacque in una baracca nella campagna del South Carolina e crebbe ad Augusta, in Georgia, in condizioni di marcato disagio. Sopravvisse lavorando sin da bambino, come raccoglitore di cotone, come lustrascarpe e con le mance dei soldati neri di stanza in città.
Fu infatti incaricato, non ancora decenne, di procurare clienti per il bordello a cui il padre lo diede in "affidamento" dopo che entrambe furono abbandonati dalla moglie e madre. Cominciò ad esibirsi in qualche piccolo locale della zona ma, allo stesso tempo, commetteva piccoli reati.
A 16 anni fu arrestato per rapina a mano armata e fu chiuso in riformatorio, dove conobbe Bobby Byrd ( per molto tempo seconda voce del Padrino del Soul, sia sul palco che in studio ), la cui famiglia aiutò quella di Brown ad ottenerne il rilascio sulla parola dopo solo tre anni di detenzione, a condizione che non tornasse ad Augusta o nella contea di Richmond.
Inizialmente, si dedicò allo sport, in particolare alla boxe e al baseball ma, dovette ritirarsi dall'agonismo a causa di un incidente ad una gamba. Si dedicò allora alla musica e, in particolare, fin da piccolo si appassionò al Gospel ( che ascoltò in chiesa ), allo Swing ed al Rhythm’n’Blues.
Esordì alla fine degli anni Quaranta come interprete di gospel, destreggiandosi anche alla batteria, all'organo ed al pianoforte. Alla metà del decennio successivo, fondò la sua prima band: The Flames che, alla fine del 1955, composero il loro primo pezzo Please, please, please ( vanta ben 40 dischi d'oro ), che schizzò immediatamente nella hit parade americana.
Negli anni Sessanta, Brown fu stabilmente in vetta alle classifiche dei dischi di rhythm’n’blues con brani come Prisoner of love, I got you, It's a man's world, Cold sweat e I'm black and I'm proud. Nel 1962 venne registrato un concerto tenuto all'Apollo Theater che darà vita all'album Live at the Apollo, diventato un best seller.
Grazie alla sua popolarità riuscì a trasmettere messaggi su temi sociali ed esistenziali, come l'importanza dell'istruzione e la necessità di migliorare la propria condizione individuale e sociale: eclatante la sua battaglia, negli anni 2002-2003, a favore di Amina Lawal, donna nigeriana di 30 anni, condannata ad essere lapidata a morte per aver avuto una bambina fuori dal matrimonio.
Gli anni Settanta lo videro ancora grande protagonista con ben otto album di successo: dopo una serie di dieci canzoni che lo proiettarono immancabilmente in classifica, James Brown venne consacrato “The Godfather of Soul" e fu proclamato anche Re del R&B.
Negli anni Ottanta interpretò la parte del predicatore nel famoso The Blues Brothers recitando a fianco di altre stelle della musica come Aretha Franklin e Ray Charles ( Tratto da Wikipedia ).
Questa notte, alle 1.45 – ora di Atlanta – del 25 Dicembre 2006, il Padrino del Soul, colui che a settant’anni suonati cantava e ballava saltando in lungo e largo per il palco dell’Umbria Jazz 2003 - ...che spettacolo che era ! - si è spento all’età di 73 anni per arresto cardiaco sopravvenuto dopo una polmonite acuta.
Ed oggi io, Sukàmi, da anni appassionato di Soul e Funk, non posso che rendere omaggio ad uno dei più grandi artisti di fine secondo millennio, che insieme ad altri grandi musicisti del calibro di Sly Stone e George Clinton, ha dato anima e vita ad una delle correnti più apprezzate e appassionanti della Black Music.
Grazie James !
Nel mio piccolo non posso far altro che dedicarti un brano funk, che racchiude tutta la mia passione, la mia gioia, il mio dolore e la mia gratitudine:
Thank You for Funkin’ Up My Life - Donald Byrd, Thank You For F.U.M.L., 1978