• About Author

  • Tutta l'Informazione Ninja nella tua mail

  • I leader migliori insegnano (e i dipendenti migliori vogliono imparare)

    In un mercato dove l'obiettivo non è rimanere più tempo in un'azienda, ma sviluppare un portfolio di skill, i manager che insegnano e lavorano sulle abilità e la crescita dei collaboratori fanno davvero la differenza

    25 Marzo 2019

    “Il vero leader…”, quante volte nei post social o nei blog avrai letto questo incipit? Solitamente seguito da un elenco di caratteristiche o azioni come “genera entusiasmo, motiva, dà il buon esempio, è empatico, è carismatico, è un buon comunicatore”. Più raramente viene affrontato invece l’aspetto dell’insegnamento, che secondo Sydney Finkelstein, Professore di Management alla Tuck School of Business e autore di best seller, è l’aspetto che contraddistingue i migliori leader e risponde ai desideri di crescita dei dipendenti. Ma cosa significa per un leader insegnare? Come farlo al meglio? e perché l’insegnamento crea un valore aggiunto per i dipendenti?

    Teaching

    Spesso capita di confondere i termini insegnamentocoaching e mentoring. I concetti seppur complementari e spesso sovrapposti tra di loro, sono differenti. Per insegnante s’intende il leader che trasmette al collaboratore le informazioni, la conoscenza e la saggezza di cui ha bisogno. La relazione che si instaura tra leader “insegnante” e collaboratori non è tuttavia “a senso unico” ma reciproca. I collaboratori sono infatti, non solo ascoltatori, ma attivi partecipanti nella costruzione del sapere. La vera sfida per il leader è quella di dedicare il giusto tempo e trovare il modo migliore per trasmettere le informazioni rilevanti e farle comprendere al collaboratore.  L’insegnamento può essere individuale o in gruppo e basarsi non solo su conoscenze tecniche. leadership: learning

    Coaching

    Jonathan Passmore, psicologo e coach, nell’articolo “Coaching and mentoring : The role of experience and sector knowledge” traccia la differenza tra coaching e mentoring. Il coaching, si focalizza sul miglioramento di skill e performance del collaboratore (es. la gestione di team progetto, la creazione e presentazione di report), attraverso interventi sul comportamento, cognitivi e motivazionali. Il coach ha tipicamente un background in psicologia, psicoterapia, risorse umane o ha intrapreso una formazione specialistica in coaching. In una relazione “leader coach” e collaboratore, il primo può dare delle informazioni preziose, ma è soprattutto il collaboratore a dover apprendere praticando ripetutamente e valutando la sua performance dopo ogni tentativo. Il coach d’altra parte osserva da bordo campo l’allenamento, con pazienza si confronta su successi ed errori, per consolidare lo sviluppo delle abilità e il miglioramento delle performance, rivalutando la strategia se non ci fosse progresso. Il coaching è un’attività a breve termine (2-12 mesi) e si rivolge a una o poche persone.

    Mentoring

    Il mentoring è invece un’attività a lungo termine (in media 3-5 anni) che porta una persona ad attingere alle proprie risorse interne per maturare e svilupparsi virtuosamente nel percorso di carriera e non solo. Il mentore è una specie di guida e instaura con il protetto una relazione reciproca, basata su un accordo trasparente tra le parti e una connessione spontanea, condivisa e rispettosa.  L’attività del mentore include per alcuni aspetti anche attività di coaching e insegnamento. Il mentore ha solitamente  un background in senior management e una dettagliata conoscenza dell’organizzazione e del settore di business. La relazione tra mentore e protetto è individuale. leader mentor

    La maieutica nella leadership. Ieri e oggi

    Per comprendere come l’insegnamento, il coaching o il mentoring praticati da un leader influiscano sulla vita delle persone, facciamo un salto indietro nel tempo. Siamo nel 400 a.C ad Atene e Socrate nelle piazze, nelle botteghe artigiane e nelle vie brulicanti praticava l’arte della maieutica, per allenare le persone a tirare fuori il loro vero potenziale. La maieutica era per gli antichi greci, l’arte di far nascere i bambini e Socrate utilizzò questo stesso termine per descrivere il metodo dialettico di natura filosofica che praticava. Con la maieutica Socrate faceva emergere la verità dalle persone attraverso il dialogo, l’ascolto empatico e le domande. La maieutica per giungere alla verità prevedeva due fasi, la prima decostruens nella quale si mettevano in discussione e scardinavano i valori tradizionali (es. il potere è dato dal controllo, la felicità dal denaro) e una parte levatrice in cui la persona “scopriva la coscienza del proprio potenziale benefico”. Socrate per i suoi allievi era una guida, un coach, un maestro, un mentore. leadership_maieutica
    L’arte della maieutica si applica ancora oggi, per esempio nella leadership. I manager socratici li riconosciamo da lontano sono innovatori e il loro compito è quello di far emergere nuove culture aziendali partendo dal potenziale delle persone e sviluppandolo con l’arte delle dialettica socratica. Il manager socratico crea all’interno del team un ambiente di apprendimento, stimolante, collaborativo, rispettoso e organizza le persone secondo le loro passioni. Questo genera un processo di miglioramento continuo spontaneo, perché le persone amando il loro lavoro vogliono sempre dare di più e migliorare, crescono così le loro conoscenze e l’azienda stessa. Il lavoro del manager socratico non è per niente astratto, ma si avvale di conoscenza, strumenti, metodo, prassi e creatività. L’apprendimento per il manager socratico nasce dal dialogo, dalle domande, dallo scambio reciproco di idee senza pregiudizi ed è fondamentale per sviluppare il potenziale dei propri collaboratori.

    Quanto conta l’apprendimento per i dipendenti?

    Secondo il report Linkedin 2018, il 94% dei dipendenti su un campione di 2200 afferma che rimarrebbe più a lungo in azienda se quest’ultima investisse nel suo sviluppo di carriera. Il 56% afferma inoltre che vorrebbe impiegare più tempo a formarsi se il proprio manager/leader lo guidasse nel seguire un corso (percorso) specifico per ottenere o migliorare le proprie abilità. La realtà che emerge è tuttavia che non viene concesso il giusto tempo all’apprendimento e spesso capita di venire catapultati nelle attività quotidiane senza avere chiaro nemmeno l’ambiente in cui ci si trova e gli obiettivi. leader LEGGI ANCHE: 5 modi semplici per aumentare la soddisfazione lavorativa del tuo team I dipendenti cercano quindi una guida, che li aiuti a costruire e accrescere le proprie conoscenze e abilità per raggiungere un obiettivo definito e di valore. D’altra parte in un mercato dove lo scopo non è rimanere più tempo in un’azienda, ma sviluppare un portfolio di skill, i manager che hanno un approccio “da insegnante” e lavorano sulle abilità e la crescita dei collaboratori, sono molto richiesti.

    Professionalità, punti di forza, lezioni di vita

    I grandi leader, secondo Sydney Finkelstein, insegnano professionalità, tecniche del mestiere e lezioni di vita. Professionalità William Sanders, innovatore di real estate finance, insegnava ai suoi dipendenti come organizzare meeting, comunicare un’idea per cercare di vendere e guardare l’industria non come è, ma come potrebbe diventare. I “protetti” di K.V.Kamath, ex CEO di ICICI Bank, raccontano invece di aver ricevuto insegnamenti su come fare mentoring in modo appropriato e costruttivo ai propri subordinati. leadership Tecniche del mestiere L’icona della moda Ralph Lauren insegnava ai suoi dipendenti con lo stesso approccio disciplinato che lui stesso aveva ricevuto. Mindy Grossman, ex dirigente di Polo Ralph Lauren, ricorda le lezioni del fondatore negli showroom, quando spiegava come ottenere autenticità e integrità nella moda sia che stessero “creando una maglietta da $24 o una gonna da coccodrillo da $6.000”. Larry Ellison, co-fondatore di Oracle, condivideva le sue conoscenze tecniche sull’architettura del software. E Jim Sinegal, co-fondatore di Costco Wholesalem (catena americana di ipermercati), ha ricordato il modo in cui il suo ex capo, cercava abitualmente di costruire l’esperienza dei suoi dipendenti nei dettagli della vendita all’interno dei negozi fisici: “Ogni giorno venivamo testati e se qualcosa non era giusto, ci mostrava come fare”. Lezioni di vita I grandi leader non trasmettono solo conoscenze di lavoro, ma danno anche lezioni di vita. Mike Gamson, senior VP di Linkedin, racconta che nel primo meeting con il CEO Jeff Weiner, si sono confrontati per due ore sui principi del buddismo. Gamson sosteneva di voler essere un leader più empatico, mentre Weiner incalzava chiedendo, perché non più compassiovevole? Esplorando la differenza tra i due concetti, Gamson giunse alla conclusione che i leader compassionevoli sono più portati a mantenere la calma e le idee chiare, con conseguente maggior capacità di aiutare. Da quel momento cambiò completamente il suo stile di leadership.

    Il momento giusto

    I leader di successo non aspettano il momento del feedback o altre occasioni formali per insegnare, ma creano opportunità per trasmettere la loro esperienza e saggezza al team. LEGGI ANCHE: Empatia, soft skill e feedback per guidare l’azienda del futuro Al lavoro ogni momento può essere quello giusto per apprendere. Alcuni leader scelgono di avere una postazione negli open office insieme ai propri collaboratori, così da poterli osservare e incoraggiare conversazioni frequenti. Altri optano invece per un proprio ufficio, ma con le porte aperte e passano molto tempo a circolare tra le postazioni per dare insegnamenti sul momento. leadership Gli insegnamenti possono avvenire anche fuori dall’ufficio in ambienti più rilassati e stimolanti per l’apprendimento. K.V.Kamath, ex CEO di ICICI Bank impartiva lezioni ai membri del suo esecutivo nel viaggio di ritorno a casa. Il famoso chef e imprenditore del food René Redzepi, ha portato il suo staff in diverse parti del mondo per sessioni di insegnamento di giorni o mesi, assicurandosi personalmente che ognuno ampliasse i suoi orizzonti culinari.

    La modalità

    Dall’esperienza di osservazione di Sydney Finkelstein emerge che i migliori leader trasmettono le loro conoscenze in modo personalizzato, fanno molte domande e sono un modello da seguire. Personalizzare Un leader conosce il suo team e la modalità migliore per trasmettere informazioni ad ognuno dei suoi collaboratori. Per alcuni serve un incoraggiamento, per altri invece uscire dalla zona di confort, il leader modula l’informazione a seconda di chi si trova davanti. Fare domande Le domande rilevanti aiutano a coinvolgere e stimolare l’apprendimento non solo del collaboratore, ma anche del leader stesso in una relazione di arricchimento reciproco. “Cosa ne pensi?”, “Cosa faresti di diverso se fosse la tua azienda?” office: leader Essere un modello Un’altra tecnica di insegnamento è quella del modellamento (modeling) e consiste nella promozione di esperienze di insegnamento attraverso l’osservazione del comportamento di un soggetto che funge da modello. Sia che si voglia trasmettere il buon comportamento da tenere al lavoro, che fornire conoscenze tecniche o lezioni di vita, essere quindi il buon esempio e mostrare in pratica come applicare le conoscenze è fondamentale.