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  • La proposta di una canzone italiana ogni tre può mettere a rischio la libertà dei palinsesti radio

    La proposta di legge dell’ ex direttore di Radio Padania vuole che le radio trasmettano almeno una canzone italiana ogni tre

    19 Febbraio 2019

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    Un po’ di storia delle preferenze musicali italiane

    Era il 1992 quando con il trattato di Maastricht è stata fondata la Comunità Europea e i singoli più veduti in Italia vedevano sul podio: 1) RHYTHM IS A DANCER degli Snap 2) DON’T LET THE SUN GO DOWN ON ME di Elton John e George Michael  3) WHYAnnie Lennox Era il 1996 quando la maggior parte degli adolescenti guardava con devozione ogni programma e classifica di MTV, spesso in lingua inglese.

    via GIPHY Negli stessi anni, lo studio della lingua inglese si faceva spazio tra i banchi di scuola e molti di noi, figli di quell’epoca e di quella cultura, hanno trovato stimoli ascoltando musica “estera” e traducendola, innamorandosene e trovando piacere in quella comunicazione tanto diversa da quella italiana. La musica “straniera” agli italiani è sempre piaciuta, l’abbiamo sempre ascoltata e apprezzata.

    La proposta di legge di Alessandro Morelli

    La proposta di legge di Alessandro Morelli, Presidente della Commissione Trasporti e Telecomunicazioni della Camera e, fino allo scorso anno, direttore di Radio Padania, contiene una richiesta secondo cui andrebbe trasmessa in radio almeno una canzone italiana ogni tre, con l’obiettivo di tutelare la tradizione. LEGGI ANCHE: Gillette prova a rendere l’uomo meno macho nel suo ultimo spot, ma qualcuno non l’ha presa bene Nel documento si chiede che “le emittenti radiofoniche, nazionali e private” debbano riservare “almeno un terzo della loro programmazione giornaliera alla produzione musicale italiana, opera di autori e di artisti italiani e incisa e prodotta in Italia, distribuita in maniera omogenea durante le 24 ore di programmazione”. Secondo gli ultimi dati citati da Morelli, nelle dieci emittenti radiofoniche più ascoltate in Italia la quota media di repertorio italiano è inferiore al 23%, con alcuni casi limite di emittenti (specializzate e non) in cui tale quota è uguale o inferiore al 10 per cento. Ma se spostiamo lo sguardo dal foglio, appare subito singolare la dichiarazione di Morelli ad Adkronos  “La vittoria di Mahmood all’Ariston dimostra che grandi lobby e interessi politici hanno la meglio rispetto alla musica. Io preferisco aiutare gli artisti e i produttori del nostro Paese attraverso gli strumenti che ho come parlamentare” Ancora nell’occhio del ciclone, il vincitore della 69esima edizione di Sanremo, cittadino italiano con il particolare di avere un padre egiziano e la pelle non proprio bianca. Forse è sfuggita agli occhi di Morelli la nazionalità del cantante, forse è sfuggito il tessuto sociale italiano in cui il colore della pelle è cambiato e continuerà a cambiare.

    Una proposta di legge fuori dal tempo

    Qualcosa spaventa l’ex direttore di Radio Padania? C’entra la vittoria di Mahmood a Sanremo? LEGGI ANCHE: Così Netflix ha trasformato Iva Zanicchi nella vera regina del Festival di Sanremo Vogliamo tornare indietro di 100 anni, riprendere a camminare a piedi e spegnere il wifi? Se il passato non insegna, allora che senso ha avuto viverlo? È sorprendente leggere simili dichiarazioni in una società che mira ad essere cosmopolita. La notizia ha il sapore di una bufala, eppure non lo è.
    Nineteen Eighty-Four (1984)
    Directed by Michael Radford
    Shown from left: Bob Flag (as Big Brother), John Hurt (as Winston Smith), Richard Burton (as O’Brien)
    È necessario porre attenzione a certe dichiarazioni nel 2019 e accendere uno spotlight sulla proposta che può comportare restrizione di libertà delle radio e degli ascoltatori, noi cittadini.

    La tutela della tradizione italiana

    Scende in campo un piccolo (finora) numero di personaggi per dire la propria; lista che Morelli aggiorna sulla sua pagina Facebook con il passare delle ore.

    via GIPHY Al Bano rilancia proponendo almeno 7 canzoni italiane su 10. Cecchetto e Mogol appoggiano la proposta e probabilmente il numero aumenterà nei prossimi giorni.

    Chi tutela le radio italiane e la libertà di scelta?

    La proposta non tiene conto che sono gli ascoltatori a decidere la direzione del mercato e di conseguenza a formare il palinsesto, ed è sulle scalette musicali che si declina il successo o meno di un’emittente radiofonica. La maggior parte delle radio italiane sono società private: è un po’ come chiedere al proprietario di un ristorante fast food di riempire il panino con polpette anziché con l’hamburger, anche se i ragazzi non vogliono le polpette domenicali della nonna nel loro panino col sesamo.