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  • Economia circolare: in Italia siamo bravi, ma non lo sappiamo ancora (dice il rapporto AGI/Censis)

    "Perché all’Italia conviene l’economia circolare" è il titolo del rapporto presentato nel corso della Opening Conference della Maker Faire Rome 2018

    12 Ottobre 2018

    Siamo un Paese di trasformazione privo di risorse naturali con il più basso consumo di materiali grezzi in Europa. Tra i più bravi ad estrarre valore dalle risorse utilizzate. Al primo posto per circolazione di materiali recuperati all’interno dei processi produttivi e, non da ultimo, l’industria del riciclo si stima produca circa l’1% del Pil nazionale. Il tema è l’economia circolare. Secondo la Ellen MacArthur Foundation «un termine generico per definire un’economia pensata per potersi rigenerare da sola», un sistema economico pianificato per riutilizzare i materiali in successivi cicli produttivi, riducendo al massimo gli sprechi. E proprio sull’economia circolare l’Italia può giocare un ruolo rilevante per le ragioni sopra indicate. Anche se il tema è ancora poco discusso. È quanto emerge dal quinto rapporto Agi/Censis Perché all’Italia conviene l’economia circolare, realizzato nell’ambito del programma Diario dell’Innovazione della Fondazione Cotec, che indaga la reazione degli italiani di fronte ai processi innovativi, e che è stato presentato oggi nel corso dell’Opening Event GroundBreakers Pioneers of the future della edizione 2018 della Maker Faire Rome, iniziativa dalla Camera di Commercio di Roma, attraverso la sua Azienda speciale Innova Camera.  Creatività. Proprio all’economia circolare la fiera degli innovatori dedicherà un intero padiglione (il 6) curato da ENI: lo spazio mostrerà i percorsi virtuosi che sono stati sviluppati dalle aziende dotate di una particolare visione a startup che presenteranno come l’innovazione tecnologica, nel modo dell’economia circolare, sia sempre sinonimo di creatività.

    Perché siamo virtuosi in 8 punti

    Dall’analisi risulta che abbiamo il più basso consumo domestico di materiali grezzi (8,5 tonnellate pro-capite contro 13,5 media UE). Siamo tra i più bravi ad estrarre valore dalle risorse utilizzate (3,34 euro di PIL per ogni kg di risorse, contro un valore medio europeo di 2,2 €/kg). Siamo al 1° posto per “circolazione” di materiali recuperati all’interno dei processi produttivi (18,5% di riutilizzo contro il 10,7% della Germania). Rifiuti urbani, riciclo e carsharing. Tra le altre ragioni che fanno del nostro Paese un punto di riferimento per l’Europa in tema di economia circolare ci sono i numeri sulla totalità dei rifiuti prodotti (129 milioni di tonnellate): solo il 21% viene avviato a smaltimento (contro il 49% della media europea). Sulla totalità dei rifiuti trattati, l’Italia ne avvia al riciclo il 76,9% (36,2% la media UE). In tema di rifiuti urbani nel 1999 il 68% veniva mandato direttamente a smaltimento. Oggi questa percentuale è scesa all’8% circa. La sola industria del riciclo si stima produca 12,6 miliardi di euro di valore aggiunto (circa l’1% dell’intero PIL italiano).  E poi ci sono gli iscritti al car sharing, raddoppiati in due anni: da 630 mila nel 2015 a 1 milione e 310 mila nel 2017.

    Il sentiment

    La rilevazione ha consentito anche di cogliere gli orientamenti e il sentiment sull’economia circolare da parte di 1073 soggetti che occupano posizioni e svolgono ruoli rilevanti nel panorama socio economico del paese: imprenditori, liberi professionisti, docenti universitari, dirigenti d’impresa e funzionari pubblici.· I numeri. Dall’analisi risulta che il 40% degli intervistati sa bene di cosa si tratta. Il 70% ritiene che non riguardi solo recupero riciclaggio e riuso, ma la produzione di tutti i beni. Il principale vantaggio per il 77,8% sarà la salvaguardia dell’ambiente, mentre pochissimi ritengono che possa avere un impatto su PIL e occupazione. Inoltre, il 73% di quelli che conoscono l’economia circolare dice che si imporrà solo se la politica creerà le condizioni abilitanti (i giovani chiedono vantaggi economici evidenti, mentre dopo i 65 anni si privilegiano azioni che incidano sulla sensibilità collettiva). Una percentuale analoga dice poi che il principale ostacolo sarà l’incapacità della politica di favorire il cambiamento. Per il 60% spetta all’Unione Europea guidare questo cambiamento. Menttre la sharing economy (40%) e la decarbonizzazione (36%) risultano come i processi innovativi maggiormente correlati.

    Superare il modello lineare

    La ricerca contiene anche un’intervista esclusiva realizzata da AGI ad Ellen MacArthur, fondatrice dell’omonima Fondazione nata nel 2009 con l’obiettivo di accelerare la transizione da un’economia lineare verso un modello circolare. “L’economia circolare rappresenta un’opportunità, significa costruire un’economia resiliente, di recupero e rigenerazione. Significa superare il modello lineare, che per quanto lo si possa rendere efficiente alla fine ti fa cadere nel precipizio” ha spiegato Ellen MacArthur.

    Un nuovo modello economico

    “Nel febbraio 2017, a Lisbona, il capo dello Stato Sergio Mattarella aveva guardato avanti invitandoci a riflettere su un nuovo modello economico, l’economia circolare – ha dichiarato Riccardo Luna, direttore AGI – se ne parla ormai da qualche lustro, ma è solo di recente che l’innovazione tecnologica lo ha reso non solo auspicabile ed etico, ma conveniente e quindi possibile. Del resto anche papa Francesco, nell’enciclica Laudato Sì, invoca l’adozione di un modello circolare di produzione che assicuri risorse per tutti”. E ha osservato: «Era insomma inevitabile che Agi e Censis si misurassero con questo argomento così importante eppure ancora sostanzialmente fuori dal dibattito politico e sconosciuto al grande pubblico, come dimostrano i risultati dell’indagine».