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  • Da una “astemia pentita” nasce un progetto a metà strada tra design ed enogastronomia

    Una cantina vitivinicola pop, nata dal sogno di Sandra Vezza nei luoghi del Barolo

    5 Ottobre 2018

    Nel territorio di Barolo – dichiarato nel 2014 Patrimonio Mondiale dell’Unesco insieme ai paesaggi vitivinicoli di Langa-Roero e del Monferrato – proprio sulla collina dei Cannubi, dove storicamente è nato il Barolo e dove il crinale che ospita i vigneti più preziosi delle Langhe inizia a salire verso il centro del paese, sorge la cantina de L’’Astemia Pentita, creata dall’imprenditrice piemontese Sandra Vezza. Ed è proprio l’imprenditrice a dichiararsi, con questa avventura, “astemia pentita”. Il nome della cantina, infatti, racconta già in sé la nascita del progetto: da sempre astemia, con la decisione di dedicarsi alla produzione vitivinicola annuncia definitivamente il proprio pentimento.

    L''Astemia Pentita, party di inaugurazione, Sandra Vezza e Osar Farinetti, ph Marta Carelli
    Credits: ph. Marta Carelli

    Il concept

    Il progetto della cantina è stato concepito e sviluppato nella sua totalità sulla base della volontà di Sandra Vezza di poter realizzare una cantina innovativa e diversa che ne rispecchiasse la personalità, cosi la sua visione è stata tradotta dal progettista nell’architettura della cantina. Lei stessa ha voluto guidare la progettazione del dimensionamento di tutti gli spazi interni, disegnare e progettare il design degli interni – wine shop, sala degustazione e zona produttiva – nei minimi dettagli, dalle decorazioni delle pareti, ai soffitti, alla pavimentazione, fino alla scelta degli arredi, di cui alcuni progettati dalla stessa imprenditrice (come ad esempio gli espositori delle bottiglie). L''Astemia Pentita Non solo l’immagine della cantina, ma anche l’estetica del marchio, il design delle bottiglie e la comunicazione dell’intero progetto sono frutto delle sue intuizioni.

    Il progetto architettonico: due volumi sovrapposti

    L’architettura dell’edificio, realizzato dall’architetto Gianni Arnaudo, si contraddistingue per un’estetica dichiaratamente pop: appoggiata come una scultura sulla dolce collina tra i filari dei vigneti, la cantina è infatti costituita da due grandi volumi sovrapposti, che evocano le forme di due casse da vino fuori scala e ospitano il wine shop a piano terra e la sala degustazioni e ricevimento clienti al primo piano. I due volumi evocano le cassette, non solo per le forme e i materiali usati, ma anche per i tipici elementi grafici dei contenitori in legno per vini, appunto, che diventano così decorazione dell’architettura insieme all’anno di inizio (2010) e a quello di fine costruzione (2016) dichiarati in facciata. Nessuna recinzione protegge la cantina, che è circondata solo da filari di vite proprio per sottolineare la sua appartenenza al paesaggio; anche i cancelli di ingresso all’edificio si integrano nel paesaggio come filari, su disegno di Sandra Vezza. L''astemia pentita: chi lo ha detto che il vino non fa per i millennials? La volumetria esterna della cantina si sviluppa per circa 400 mq (lo spazio di ciascuna cassetta è pari a circa 200 mq), mentre la parte ipogea, che ospita tutte le fasi del processo produttivo – il reparto di produzione, l’invecchiamento delle botti, l’imbottigliamento, lo stoccaggio, il reparto spedizioni –, si sviluppa su due piani con un totale di 3200 mq, una superficie di oltre 8 volte maggiore rispetto ai piani esterni.

    Interior design

    Il cuore produttivo della cantina è stato completamente interrato con l’esplicita volontà di rispettare il più possibile il paesaggio: la distribuzione degli spazi è conseguenza di un’attenzione particolare rivolta allo studio del processo produttivo che si sviluppa nelle sue fasi attraverso un sistema “a caduta”, dall’alto verso il basso. Questo tipo di impianto ha inoltre consentito di ridurre, rispetto agli edifici preesistenti, la volumetria fuori terra in favore del paesaggio, recuperando terreno per i filari di viti. L’ideatrice ha voluto creare ambienti che richiamassero le varie fasi del processo produttivo del vino: le superfici superiori dell’area dedicata alla vendemmia, alla lavorazione e all’invecchiamento, rappresentano così una decorazione a foglie di vite (foglie di nebbiolo ingrandite) colte nei colori autunnali, periodo in cui iniziano questi processi di produzione; l’ambiente sottostante, in cui avviene l’imbottigliamento, lo stoccaggio in bottiglie, il confezionamento, evoca invece la primavera con le tonalità dei verdi brillanti, periodo in cui inizia questa parte del processo. Gli spazi proseguono con il tunnel che collega la cantina all’esterno e che rappresenta la fase successiva al processo produttivo, il risposo. È uno spazio per il relax del visitatore che si ritrova così in un ambiente che riproduce un cielo sereno, l’erba verde, con un pavimento naturale in ghiaino e alle pareti sono appese riproduzioni dei cappelli tradizionali in paglia usati dai contadini per ripararsi dal sole. L''astemia pentita: chi lo ha detto che il vino non fa per i millennials? Per gli spazi interni sono stati privilegiati quei materiali naturali che tradizionalmente hanno un legame con la produzione vitivinicola, come ad esempio la rafia, usata per avvolgere le bottiglie e proteggerle durante il trasporto, ma anche strumento in passato per legare le viti. Realizzati da maestranze locali appositamente per la cantina, secondo i disegni e le indicazioni di Sandra Vezza, i pavimenti presentano un rivestimento costituito da rafia  che esalta la naturalezza  dando allo spazio un’estetica inedita e unica. Tradizione e audacia si contrappongono così – idealmente e fisicamente – fondendosi, in tutto il progetto. Infatti, alla pavimentazione che evoca la natura e la tradizione, si contrappongono i soffitti della cantina che presentano grandi dipinti murali, realizzati da artisti locali, dall’estetica pop e surrealista, che creano nel visitatore l’illusione di essere realmente all’interno di una cassa di vino nel momento in cui una mano sta estraendo una bottiglia. L''astemia pentita: chi lo ha detto che il vino non fa per i millennials? L’attenzione ai materiali si rivela anche nell’utilizzo della corda naturale che, usata  nelle vigne, diventa il modulo per il rivestimento di alcune pareti, o della sottilissima ghiaia, che riveste il pavimento del tunnel di ingresso interrato, spazio limbo tra la natura esterna e l’artificio degli interni.

    Dettagli di design

    Per l’arredo della cantina,  immancabili alcuni dei prodotti iconici di Gufram, come il divano Bocca (Studio 65, 1970), il Cactus (Guido Drocco e Franco Mello, 1972), ma anche progetti più recenti come la poltrona Roxanne (Michael Young, 2017). Al piano interrato, nell’area dedicata all’invecchiamento, si trova inoltre la poltrona gigante Mikey dei Sogni disegnata nel 1972 da Studio 65 che, come “un trono contemporaneo per il Barolo, il re dei vini”, sovrasta le grandi botti. Il legno chiaro degli esterni e la sua estetica calda si ritrova anche in alcuni degli arredi interni come la sedia Leggera di Ponti, e le poltroncine Chignon disegnate da LucidiPevere per Gebrüder Thonet Vienna. Dopo aver scelto con grande cura gli arredi per l’esposizione delle bottiglie, Sandra Vezza ha progettato degli espositori pensati appositamente per L’’Astemia Pentita: sagome fuori scala delle bottiglie tagliate a metà che sottolineano l’estetica particolare proprio delle bottiglie della cantina. L''astemia pentita: chi lo ha detto che il vino non fa per i millennials? Scendendo dal piano terra del wine shop all’area ipogea, grandi librerie ospitano documenti, ricerche, prototipi legati alla storia della cantina, da quando è nata ad oggi, e che raccoglierà i materiali futuri come un grande archivio in costruzione.