• About Author

  • Tutta l'Informazione Ninja nella tua mail

  • Lavorare insieme in azienda e comprendere le diversità generazionali

    I collaboratori presenti nelle aziende europee oggi hanno età, esperienze e approcci al lavoro differenti

    26 Giugno 2018

    Con l’aumento dell’aspettativa di vita e l’innalzamento dell’età pensionabile, per la prima volta, quattro generazioni – dai “veterani” fino ai Millennials – si trovano a condividere lo stesso luogo di lavoro: un mix di età che porta con sé valori, esperienze, aspettative e aspirazioni differenti, con alcuni punti di incontro difficili da percepire.

    Come possono le aziende far convivere in modo armonioso queste diversità? Sistemi di valori, di linguaggio e obiettivi diversi possono rappresentare un ostacolo alla produttività e al successo di un determinato business? Prima di rispondere a questa domanda approfondiamo la conoscenza di queste generazioni.

    LEGGI ANCHE: Come (e cosa) comprano le donne Millennials e della Generazione Z

    generazioni a confronto

    Così vicini, così diversi

    In sociologia il termine generazione identifica un insieme di persone che è vissuto nello stesso periodo ed è stato esposto a determinati eventi che l’hanno caratterizzato. Si tratta di generalizzazioni che non possono eliminare le differenze individuali, ma sono uno strumento utile per comprendere il fenomeno della diversità in azienda. 

    Attualmente, secondo i demografi, l’universo con tutto il suo futuro, è destinato ad appartenere alla generazione dei Millennials, vale a dire il gruppo dei nati tra il 1980 e il 2000. Definiti anche Generazione Y o Echo boomers, caratterizzati da una forte familiarità con la comunicazione, con i media e con le tecnologie digitali.

    Sono connessi per il 95% del loro tempo: utilizzano il web in modo massiccio per comunicare, postare sui social network, svolgere ricerche, guardare video e ascoltare musica. Ma sono anche la generazione della precarietà, col più alto tasso di disoccupazione in Europa, il che li ha spesso visti classificati come “bamboccioni” che vivono ancora con la famiglia.

    Nonostante siano costantemente accusati di pigrizia e di essere nullafacenti, secondo le statistiche, i Millennials rappresentano i moderni stacanovisti: più di 3,8 milioni di loro lavora oltre l’orario formale e durante il weekend.

    LEGGI ANCHE: Uno studio sulla Generazione Z in Cina fa crollare le nostre certezze su social e Influencer

    diversità

    Sarà proprio questa generazione a prendere il testimone della generazione, ancora oggi dominante, dei Baby Boomers. Nati tra il 1945 e il 1965, sono i figli del boom economico degli anni Sessanta, saliti al comando in azienda quando in Italia iniziava l’era Berlusconi.

    È la generazione delle rivoluzioni culturali, delle lotte per i diritti civili, del movimento hippie, della rivoluzione sessuale, del pacifismo, del femminismo e del rock.

    A differenza dei Millennials, che sono spesso descritti come narcisisti, pigri, e poco interessati alla società che li circonda, i Baby boomers credono nel gioco di squadra, nel valore dell’esperienza e nei rapporti personali diretti. Sono orientati al lavoro e alla carriera, ambiziosi, con redditi mediamente elevati, ma anche con una grande predisposizione al risparmio.

    Tra queste due generazioni destinate al successo, esiste un terzo gruppo costituito dai nati tra il 1965 e il 1979. Sono i ragazzi cresciuti con i primi computer, ma non ancora pronti per vivere a pieno la rivoluzione digitale, appartenenti alla Generazione X a causa della loro indeterminatezza.

    È una generazione un po’ “indefinita”, che fa da ponte tra la sicurezza della precedente e la totale precarietà della successiva. Questa generazione ha vissuto eventi storici epocali, come la caduta del muro di Berlino, la fine della guerra fredda, la diffusione dell’AIDS e l’approvazione della legge sul divorzio.

    Rispetto alla generazione precedente possiede un’apertura mentale maggiore verso le differenze di genere, di razza e sessuali, è indipendente, autonoma, meno disposta a piegarsi alle logiche aziendali e ama tracciare una linea netta tra vita personale e lavoro.

    diversità

    Ai due estremi opposti di questi tre gruppi troviamo da un lato i Veterani, cioè gli over 70, nati durante la Seconda Guerra Mondiale, che ancora oggi sono spesso al vertice delle aziende, in particolare quelle a conduzione familiare. Detti anche Builders, o Maturi, sentono la famiglia tradizionale come un valore inestimabile, così come il rispetto, la lealtà, la fedeltà, la parsimonia e l’esperienza.

    Nel lavoro sono disciplinati, resistenti al cambiamento, amano ricevere ordini e portare a termine un lavoro ben fatto. Ricompense e premi più apprezzati sono la sicurezza, la stabilità e la pensione.

    Dall’altro lato c’è la famosa Generazione Z, o meglio i nati tra la seconda metà degli anni novanta e il 2010. Questi ultimi devono ancora affacciarsi al mondo del lavoro e per il momento sono classificati come “nativi digitali”, velocissimi nell’apprendere e, secondo i sociologi, più intelligenti delle generazioni precedenti.

    “Adorano la moda e lo sport, hanno una coscienza sociale e una perfetta conoscenza dei social network, in particolare Whatsapp, Instagram, ma soprattutto Snapchat” secondo come li ha descritti Stefano Colombo, Sales & Marketing Manager di Colmar.

    Nonostante provengano da un’era di crisi economica, precariato, terrorismo e mancanza di ottimismo finanziario, sono pronti a lavorare duramente per raggiungere la loro stabilità economica: secondo un sondaggio nazionale, il 77% di loro guadagna già i propri soldi attraverso un lavoro indipendente o part-time. Inoltre, più della metà di loro ha dichiarato di preferire risparmiare denaro anziché spenderlo. 

    diversità

    Le diversità generazionali, una delle maggiori sfide per il futuro

    Attualmente il conflitto intergenerazionale nelle aziende è già attivo. Non è solo una teoria dei sociologi, ma è certificato dalle dichiarazioni degli stessi lavoratori attraverso l’indagine “Workforce view in Europe” realizzata da Adp nel 2022.

    La ricerca esplora l’atteggiamento nei confronti del lavoro di 11.257 dipendenti su tutto il continente e, tra i diversi temi trattati, si occupa anche del rapporto tra generazioni.

    Il risultato è eclatante: due europei su tre sperimentano conflitti intergenerazionali sul posto di lavoro, in particolare in Spagna, in Polonia e in Italia.

    “I più anziani – commenta il direttore Strategy & Marketing di Adp Nicola Uvada una parte soffrono per il gap di competenze tecnologiche rispetto ai più giovani, dall’altra però li vedono come persone a cui insegnare per passare il testimone. I ragazzi, invece, sono abituati a trovare le risposte ai loro interrogativi direttamente sul web e quindi hanno uno schema mentale che li rende insofferenti agli insegnamenti: sopravvalutando la rete non vedono l’esperienza dei più maturi come un valore aggiunto”.

    Oggi più che mai, la sfida delle aziende è quella di colmare il gap tra le diverse generazioni. I reparti HR devono costituire un team di lavoro omogeneo, all’insegna della valorizzazione della diversità, dove ogni generazione sia messa nelle condizioni di esprimere al meglio se stessa, il proprio talento e i propri punti di forza. Per massimizzare l’efficacia della comunicazione sarà quindi necessario creare un dialogo tra le diverse generazioni e favorire gli scambi di conoscenza mediante momenti di formazione istituendo costantemente situazioni di confronto.