• About Author

  • Tutta l'Informazione Ninja nella tua mail

  • Unire Branded Content e Pay per Click per massimizzare i risultati

    Autenticità, creatività e reale connessione con la tua audience sono alla base della nuova narrazione dei brand, ma perché non supportarle aggiudicandosi le keyword giuste?

    25 Maggio 2018

    Branded Content e pay-per-click generalmente non sono due voci inserite nella stessa sezione di un piano media, dimenticando che immaginare sinergie definite tra queste due discipline non è assolutamente fantascientifico. Ad esempio, trovando un modo per aumentare l’efficienza e la profittabilità del budget dedicato al PPC pensando strategicamente a come inserirlo a supporto di branded content divertenti e creativi.

    Da Sentieri a Carosello, tutti i nomi del Branded Content

    Nel mondo digital il Branded Content è esploso negli ultimi anni, sia nel B2B che nel B2C: una teoria supportata da dati che dimostrano l’efficacia del contenuto di marca con numeri impressionanti che arrivano a doppiare o triplicare i risultati della comunicazione classica dei brand. LEGGI ANCHE: Il Branded Content è il Re dei social (adesso lo dicono anche i dati) Il Branded Content però non è affatto un nuovo nato sulla scena pubblicitaria, ha solo avuto tantissimi nomi: dai pubbliredazionali della stampa alle televendite dei broadcaster. Questa forma di contenuto è ancora molto popolare, soprattutto in particolari settori, su determinate target audience sulle quali l’uso del brand può essere autentico e davvero irresistibile. Ma l’evoluzione del Branded Content nel digital è un vero ritorno alle origini, al format delle soap opera, una strategia Brillante. Come utilizzare il buon vecchio PPC per supportare contenuti di marca Ebbene sì, nel caso non lo sapessi le soap opera altro non sono che straordinari contenuti di brand. Nati grazie a Procter & Gamble e ai suoi saponi che, discostandosi dai product placement e dalle brand integration, collaborando attivamente con le reti televisive (sostenendo se non tutti gran parte dei costi di produzione) hanno dato vita a contenuti che hanno fatto la storia. Il brand appariva nei titoli di testa e in quelli di coda, costruendo spettacoli che hanno ingaggiato il target di riferimento in maniera quasi religiosa. Parlo ai millennial, i non nativi digitali, quelli che hanno passato interi pomeriggi estivi o post scuola, seduti nelle cucine e nei soggiorni di mamme, nonne e zie, intoccabili fin dalle prime note della sigla di Sentieri, meglio conosciuta oltreoceano come Guiding Light. LEGGI ANCHE: L’advertising è morto. Lunga vita al Branded Content! La nostra infanzia è stata segnata, attivamente o meno, da un Branded Content. Ma oltre alla storica Sentieri, nel Branded Content ante litteram c’è anche un gioiello italiano, Carosello. All’interno di questo format televisivo, milioni di italiani si ritrovavano ogni sera per scoprire quale nuova avventura aspettasse Carmensita del Caffè Paulista o se Calimero avesse ritrovato o meno la sua mamma dopo essersi lavato con Ava.

    Dove e come entra in gioco il PPC?

    L’azienda per cui lavori, o il cliente (nuovo o storico che sia) che segui, se non lo sta già facendo, sta pensando – o glielo stai facendo pensare tu – di raccontarsi in maniera dinamica e coinvolgente, con un branded content. Esattamente come la Procter con Sentieri, la speranza è quella che il contenuto che offri sia interessante per il target che ti sei prefisso di raggiungere. L’ottima notizia è che hai a disposizione molti strumenti per assicurarti che la tua audience abbia la possibilità di fruire di questi contenuti. Nella maggior parte dei casi, i branded content sono incentrati su keyword che non sono state inserite anche nelle campagne di PPC, e il team di autori e produttori che sta lavorando al contenuto non stanno pensando di inserirle. I branded content possono avere budget relativamente elevati (relativamente perché è difficile battere i costi di produzione e posizionamento di uno spot tv ad esempio), perché non aprire anche questo canale di posizionamento? Ecco alcuni bucket generali di parole chiave che probabilmente sono nuove per le tue campagne (a meno che tu non abbia sviluppato e ospitato molti contenuti informativi e didattici sul tuo sito). LEGGI ANCHE: L’autenticità paga, 10 casi di pubblicità che lo dimostrano. 1. Parole chiave correlate all’argomento dell’articolo o contenuto che il team di marketing sta sponsorizzando. Un Food Brand potrebbe che vuole comparire in un publisher di cucina, come Tasty per citarne uno, che usa proprio il suo prodotto nelle ricette che pubblica. Perché non aggiudicarsi le keyword relative a ciascuna ricetta? Allo stesso modo, un brand di abbigliamento sportivo che sponsorizza una piccola squadra di calcio fornendogli la copertura di materiale, potrebbe fare offerte invece sui nomi dei team e dei suoi membri, magari in combinazione con il nome dello sport. Nel caso di Kenneth Laverich che – travestito da anziano signore – è stato il protagonista del divertentissimo branded content di Smith & Forge Hard Cider prodotto da Thrillist, ripreso mentre con questo aspetto attempato sollevava un bilanciere durante una competizione di Muscle Beach, si sarebbero potute comprare le keyword relative a tutta l’attrezzatura sportiva che viene mostrata dalla camera. 2. Parole chiave correlate al problema che viene risolto dal contenuto. PPC a supporto dei branded content & entertainement Insieme a Chase e Ritz-Carlton, il Wall Street Juornal ha creato “Inside the Moment”, un’esperienza digital in con video in 360° che ti offre un tour immersivo nelle più importanti città d’America. In questo caso l’offerta sulle keyword potrebbe ricadere non solo sui nomi delle città esplorate ma su tutte le attrazioni, i luoghi d’interesse e anche le attività commerciali davanti alle quali è passato l’occhio della telecamera. 3. Identificare keyword con i nomi dei talent, influencer o vip che compaiono nel content. PPC a sostegno dei contenuti di brand e brand entertainement In questo caso occorre assicurarsi preventivamente quanto e come è possibile da contratto “spendersi” il nome della celebrità. Ad esempio, il Branded Content sviluppato nel 2016 da Billboard insieme a 1800 Tequila, che raccontava la lunga storia dell’Hip-Hop, menzionava tantissimi artisti, da Jay Z e Beyoncé a Travis Scott.  LEGGI ANCHE: Perché amiamo i brand del lusso. Sì, anche tu li ami.

    Il PPC fa parte anche della strategia di Branded Content

    Il Pay per Click non è una strategia che fa parte di un silos a parte e poco o nulla ha a che fare con la parte creativa (questo discorso in realtà vale per tutto il digital marketing, dove non ci sono più compartimenti stagni nei quali rifugiarsi o definizioni arcaiche come Atl o Btl). L’estensione ai Branded Content di una campagna PPC a supporto, al netto dei contenuti che devono essere coinvolgenti ed emozionanti, è un modo non solo per arrivare sempre meglio all’audience che ti sei prefissato. E poi diciamolo, soprattutto in Italia, quello del Branded Content e Brand Entertainement è ancora un territorio poco esplorato (tanto che il confine tra i due termini è davvero labile): spiegare ai brand di uscire dalla gabbia del messaggio top-down investendo risorse in questo tipo di contenuti non è ancora facile. In questo caso, il PPC può aiutare a supportare la tua opinione anche davanti ai consigli d’amministrazione più ferrei, KPI alla mano.