La digitalizzazione ha trasformato i sistemi produttivi delle aziende. Le fabbriche dell’Industria 4.0 sono passate a strumenti di lavorazione intelligenti, in grado di connettersi in rete e di raccogliere una quantità notevote di dati. Dunque i Big Data, grazie ai quali le imprese possono tenere sotto controllo in tempo reale i diversi settori produttivi, risparmiando tempo e denaro. I Big Data sono utili anche per fare previsioni e ridurre il rischio aziendale. Ma devono essere letti per essere utilizzati e quindi risolvere i problemi e migliorare la produzione. Dunque gli Smart Data, ovvero i Big Data trasformati da un semplice cumulo di cifre in elementi di valore, utili. Di Industria 4.0, di Big Data e di Smart Data si parlerà anche al Data Driven Innovation 2018, in programma 18 e 19 maggio all’Università Roma Tre.
LEGGI ANCHE: Data Driven Innovation, due giorni a Roma per gli stati generali dei dati
La fonte siamo noi
I
Big Data e quindi gli
Smart Data non entrano solo nei processi produttivi e nella massimizzazione dei risultati aziendali. Sono il centro di sviluppo dell’economia digitale e sono già dentro le nostre vite e siamo noi la fonte: carte di credito, smartphone, tv e altri device. Qualche numero? In questo minuto sono state visualizzate 60 ore di contenuti, scritti più di 300.000 tweet 9 milioni di telefonate 200 milioni di e-mail. I dati sono della
Società di Consulenza JEME Bocconi Studenti e risalgono a settembre scorso.
Big Data analytics
Dunque, si calcola che dal 2015 al 2017 siano stati prodotti circa un miliardo di byte. Dati grezzi. Tanti. Che vanno quindi letti e analizzati. Prima di tutto vanno estratti. Il procedimento si articola in 4 fasi, gestite da algoritmi:
data collection,
data management,
data science e
data visualization. All’impresa spetta il compito di individuare, tra questo enorme insieme, quali informazioni estrapolare. Non tutti i dati aggregati, infatti, sono necessari. Senza un approccio intelligente, i
Big Data rischiano di restare un ammasso di informazioni senza nessun valore. Come risulta da un’analisi dell’
Osservatorio Big Data Analytics e Business Intelligence del Politecnico di Milano, utili a questo scopo possono risultare le tecniche di
Descriptive Analysis,
Predictive Analysis,
Prescriptive Analysis e
Automated Analysis. Le 4 tecniche sono alla base dei
Big data analytics, appunto il processo di raccolta e analisi dei Big Data.
Il mercato dei Big Data analytics
Secondo i numeri dell’Osservatorio del Politecnico di Milano, nel 2017 il mercato
Big Data Analytics in Italia ha raggiunto il valore di
oltre 1,1 miliardi di euro, con un tasso di crescita d
el 22%. Gran parte di questo mercato è trainato dalle grandi imprese (sopra i 250 addetti), che sono responsabili dell’87% della spesa complessiva, mentre le PMI si fermano al 13%. Gli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano, nel 2017, hanno identificato e analizzato 234 startup attive nel mercato Big Data Analytics. Il 54% delle startup censite offre un orientamento specifico, ovvero una soluzione pensata per un particolare settore o per l’utilizzo da parte di una particolare funzione aziendale. Di queste, il 33% è focalizzato su uno settore, mentre il 67% su una funzione.
Lo scienziato dei Dati
Il
Data Scientist è la figura professionale che comunemente si associa alla capacità di gestire i Big Data e trarne informazioni rilevanti. Negli ultimi anni questa figura sta ottenendo sempre più un
riconoscimento formale all’interno delle imprese. Nelle sezioni dedicate al recruiting presenti nei siti istituzionali delle organizzazioni, è sempre più frequente imbattersi in una richiesta di assunzione di un Data Scientist, a testimonianza del fatto che c’è un’attenzione notevole a questo tipo di figura. Per molti è
il mestiere del futuro. Per altri è già quello del presente.