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  • I trend che non possiamo perdere di vista quest’anno, secondo Rudy Bandiera e Skande

    Come cambia il panorama del digital marketing, tra reputazione online, trend e abitudini degli utenti. Abbiamo intervistato i fondatori di NetPropaganda

    1 Febbraio 2018

    Quali sono le parole chiave del web oggi? Contenuti, reputazione online, advertising, video marketing, digital transformation, trend digital, tech e abitudini degli utenti sono forse alcune delle più importanti, e certamente da queste si può partire con un ragionamento più complesso. Per fare il punto e capire dove stiamo andando, abbiamo parlato con Rudy Bandiera, TEDx speaker, docente, blogger, autore di libri e co-fondatore di NetPropaganda, e il suo socio Riccardo Scandellari, blogger, digital marketer e giornalista, autore di libri sul personal branding e il digital marketing. Intervista a Rudy Bandiera e Riccardo Scandellari

    Rudy Bandiera: “i giovani non usano Facebook”

    Rudy, nella tua biografia scrivi “Faccio quello che quelli bravi chiamano ‘storytelling’ su ogni cosa che abbia un valore da raccontare”. Come scegli cosa ha valore raccontare e come definiresti un contenuto di valore? «Ogni cosa ha un intrinseco valore, e penso ogni informazione sia in qualche modo notiziabile. Per capirci: stamattina ho letto una notizia in base alla quale Elon Musk ha venduto 10mila lanciafiamme, attraverso la sua azienda di escavazione tunnel sotterranei che si chiama The Boring Company. Cosa dovremmo pensare di una notizia del genere? È figo perché vende lanciafiamme, perché è un troll, è simpatico, è pericoloso?» «Ho pensato che, siccome viviamo in un mondo di simboli, e il lanciafiamme è un simbolo che rappresenta “brucio le persone, brucio le case, e quindi la guerra”, ridicolizzare, banalizzare un oggetto così simbolicamente potente e venderlo, pur dicendo che serve per abbrustolire noccioline, non è accettabile da un punto di vista comunicativo. Quindi, un fatto diventa una notizia, basta estrapolarne dall’interno delle parti che possano essere eticamente, curiosamente o da un punto di vista dell’utilità, interessanti per l’eventuale lettore. Farsi un’idea su qualcosa in cui necessariamente non c’è un’idea». «L’esempio che faccio sempre è questo: perché non leggiamo le notizie sull’Ansa, e andiamo a leggerle sul Manifesto, sull’Unità, sul Corriere della Sera, etc? Perché vogliamo che le notizie vengano interpretate, perché un fatto non è una notizia. Noi siamo interessati alle notizie, non ai fatti. E questo vale per tutto. Se io racconto “la mia azienda è stata fondata nell’anno 1946 da mio padre e oggi fattura 5 milioni”, è un fatto. Ma ciò che interessa è come mio padre è arrivato a costruirla, cosa faceva quando stava fino alle dieci di sera a montare tubi. Bisogna tirare fuori la parte valoriale delle notizie, che sia positiva o negativa, ma che comunque va interpretata». Tre consigli per mettere in pratica la digital transformation all’interno di un’azienda… «Un’azienda dovrebbe partire dall’atto di “aprire gli occhi”, che potrebbe sembrare di una banalità estrema. Di lavoro faccio formazione e giro per l’Italia cercando di passare dei concetti. In questo momento lo sto facendo per una casa automobilistica, e sto girando le concessionarie più grandi d’Italia. I proprietari che incontro, o chi si occupa di gestire l’azienda, spesso hanno questo concetto in testa: il mondo digital, il mondo dei social è interessante, ma io devo vendere macchine. C’è una divisione netta tra “devo vendere macchine” e il mondo digital, come se le due cose non potessero essere correlate». «Se le aziende non sono in grado di capire che le macchine tra cinque o dieci anni non le venderanno più come oggi, chiuderanno. Quindi A, aprire gli occhi. B, cercare di consapevolizzare. Noi dobbiamo essere in grado di passare questa apertura mentale a tutti all’interno dell’azienda. Se non ci crediamo tutti, in sostanza, non andiamo da nessuna parte. E la terza cosa è cercare di capire che vita reale e digitale sono fuse. E il concetto di “a me questo mondo piace ma preferisco incontrare le persone e stringergli la mano” è una cagata colossale, perché i social servono per incontrarsi, sono un mezzo per raggiungere un fine che può essere incontrarsi, vendere l’auto o qualunque prodotto tu abbia, quindi è ovvio che ogni cosa che pensiamo, diciamo, scriviamo, ha ricaduta nel mondo reale, di branding e d’immagine». Digital trend e abitudini degli utenti. Quali cambiamenti ti aspetti di vedere in questo 2018? «Secondo me c’è un allontanamento da Facebook. Il motivo è semplice, e Zuckerberg con il cambio di algoritmo lo ha anticipato: le persone si sono stancate di vedere messaggi pubblicitari, o dell’autopromozione; hanno bisogno di utilità o divertimento. Tutto il resto, è merda. Forse più che allontanamento, la parola corretta è disaffezione. I giovani già adesso non lo usano più o si sono connessi a Facebook solo in quanto standard che gli permette di accedere a Instagram. Vedo una esplosione di LinkedIn, sia algoritmica che di numeri, ma questo crescere lo porta a facebookizzarsi, e forse sta perdendo il suo valore iniziale, ma funziona tantissimo. Mentre, in ottica digital, secondo me, Twitter rimane un’incognita che continuo a tenere monitorata. Se parliamo di giovani, Whatsapp, Instagram e YouTube sono il loro mantra. In Silicon Valley c’è un detto che dice “Se vuoi vedere il futuro, parla con un sedicenne”. Da un punto di vista tech, vedo sempre di più il telefono come centro di ogni cosa. Quando ho comprato il mio telefono, ho comprato anche un dex. Quando arrivo in ufficio, infilo il telefono nel dex e diventa il mio computer. Quindi puoi fare tutto quello che fai con un computer, senza un computer. Ad esempio, è inutile comprare un termostato installato con dei bottoni quando hai una app che lo gestisce. Il cellulare diventerà “iper-accentratore”, ed eliminerà una serie di gadget che ci rubano tempo attraverso persone che entrano nella nostra vita, e che non vogliamo. Spero ci sia un allontanamento da tutto quello che è interruzione e ci toglie tempo. Il tempo è nostro». skande
    Riccardo “Skande” Scandellari (credits: Jessica Morelli)

    Skande: “la pubblicità display è morta”

    Riccardo Scandellari, quali caratteristiche dovrebbero avere i “contenuti del futuro”? «Credo non ci sia una differenza tra i contenuti del passato e quelli del futuro, piuttosto cambiano le piattaforme. Oggi abbiamo a che fare con una popolazione molto pigra, disorientata e poco attenta. Abbiamo l’esigenza di essere molto veloci e incisivi nella comunicazione; non possiamo permetterci di fare contenuti troppo complessi, specialmente con i social network. Un conto è fare un contenuto per un libro, puoi prenderti tutto il tempo che vuoi, ma lo stesso ragionamento non vale su una piattaforma veloce come Facebook, Twitter, o un blog. Il contenuto deve essere incisivo, caldo ed empatico. Per concludere, non credo cambi molto tra contenuto del passato e del futuro; credo si debba puntare sulla velocità di fruizione». Tre consigli per lavorare sulla propria reputazione online, generare fiducia e risultare credibili… «Bisogna avere uno scopo preciso e capire a chi ci si vuole rivolgere, e per quali motivi ci siamo su queste piattaforme. Cosa vogliamo ottenere? In base alle risposte che ci daremo, cercheremo di attrarre le persone che ricercano queste particolarità e ogni giorno, attraverso la comunicazione, proveremo a stabilire un contatto con queste persone, e far percepire chi siamo noi, il nostro carattere, la professionalità e le competenze che abbiamo. Questa è, sinteticamente, l’attività che va fatta. Purtroppo non esiste una verità assoluta su come farla, perché ognuno ha una propria strada, che è diversa da caso a caso». Come prevedi cambierà lo scenario dell’advertising e del video marketing nel 2018? «Non credo nel 2018 cambierà molto rispetto a quello che è lo scenario dell’advertising e del video marketing da qualche anno a questa parte; quello che cambierà sarà il costo, che è destinato a crescere. Chiunque lavora in questo settore lo vede: non parlo di display advertising, quello, come modello di advertising, è nato morto; parlo di promozione a pagamento sulle piattaforme social o sul motore di ricerca. Nel passaggio dagli old media ai new media, è questo il tipo di promozione su cui sempre più persone stanno investendo. Le piattaforme su cui dobbiamo confrontarci non sono tantissime, sono 4 o 5 al massimo, e queste piattaforme ne approfitteranno perché ora sono leader del mercato, e quindi alzeranno man mano i prezzi. È questa la differenza che vedo tra il 2017, il 2018 e 2019».