Marketing e prodotto viaggiano di pari passo, ecco la lezione più grande del Growth Hacking
Raffaele Gaito ci racconta il vero valore di questa metodologia
31 Gennaio 2018
Ammetto che ancora oggi agli eventi, alle conferenze e ai workshop una delle domande che mi viene fatta più spesso è “qual è il tuo growth hack preferito?” o, peggio ancora, la versione consulenziale italiana che fa “qual è il growth hack migliore che hai utilizzato con un tuo cliente o un tuo progetto?”. Chi ancora oggi, nel 2018, fa questo tipo di domande non ha colto la vera essenza di questa metodologia. A volte dietro questa domanda si nasconde semplice curiosità, altre volte c’è la provocazione verso il nuovo e in tante altre invece la speranza di un trucchetto da poter replicare sul proprio business. Non si può essere più fuori strada di così. La parte veramente interessante, rivoluzionaria e utile del Growth Hacking è il suo processo, non il risultato finale. Ovviamente il risultato finale è quello che attira di più l’attenzione, i cosiddetti hack sono quelli che finiscono nei post, nei video e nei libri, ma sul processo sono in pochi a concentrarsi. Sono in pochi a raccontare dove è il vero valore di questa metodologia. Quando si parla di processo di growth hacking mi permetto di scomodare due grossi big della scena americana che hanno gettato le basi di questo settore. Il leggendario Sean Ellis ci spiega che questo processo: “…coinvolge focus assoluto e sperimentazione rapida per ricercare le opportunità migliori per la crescita del tuo business”. Dall’altro lato, l’altrettanto noto Ryan Holiday semplifica ancora di più la questione definendo il processo di growth hacking come “tutto ciò che ti fa tenere o acquisire utenti”. Entrambi mettono il focus su un aspetto di cui si parla troppo poco e che è in realtà importantissimo: il customer journey! Ma visto che questo famoso customer journey non è un aspetto che tocca solo il marketing ma piuttosto coinvolge UX, business development, product design e tanti altri aspetti di un’azienda è chiaro che la sperimentazione deve, a sua volta, coinvolgere tutti questi aspetti. Possiamo dare per conclusa l’epoca nella quale chi si occupava del marketing era relegato al marketing e chi si occupava del prodotto doveva lavorare esclusivamente su quello. Un modello di questo tipo oggi è impensabile, soprattutto con l’avvento del digitale e le profonde conseguenze dirompenti che esso ha avuto sulla maggior parte dei settori e dei business. L’idea che il marketer debba lavorare solo sui canali di marketing e l’ingegnere concentrarsi esclusivamente sul prodotto è superata. Queste due figure (così come tante altre coinvolte nel processo) devono essere in contatto costante e devono influenzarsi a vicenda! Questo ragionamento vale ancora di più in aziende piccole (startup o PMI) o in progetti in fase embrionale dove si è ancora in tempo per intervenire in maniera massiccia sul prodotto stesso. Anzi, per esperienza personale, posso dire che nel corso del 2017 ho visto aumentare sempre di più l’interesse per PMI o aziende “tradizionali” verso questo mondo e questa metodologia. E in realtà la cosa non mi sorprende per nulla, visto che quasi un anno fa scrivevo sulle pagine di questo blog che il Growth Hacking non è un mondo riservato esclusivamente alle startup innovative, ma utile a qualsiasi azienda perché, cito, in fin dei conti:
“…il motivo è molto semplice: tutti i business hanno bisogno di crescere. Poco importante quale sia il grado di maturità dell’azienda e in che mercato essa operi, c’è sempre bisogno di crescere.”Nello stesso periodo anche il Telegraph usciva con un articolo dedicato all’accoppiata “growth hacking e pmi”, all’interno del quale venivano messi in evidenza alcuni aspetti importanti del processo di growth hacking. Giusto per citarne alcuni:
- Costruire una cassetta degli attrezzi (letteralmente di tool) per automatizzare alcuni processi, sopperire alla mancanza di competenze tecniche, e così via.
- Coinvolgere tutti i reparti dell’azienda agli aspetti di growth senza lasciare fuori nessuno. Tutti devono ottimizzare e tutti devono testare.
- Abbracciare il fallimento come step necessario nel processo di crescita. Un approccio basato sulla sperimentazione porta inevitabilmente con se tanti fallimenti.
- Bisogna sapere quali dati raccogliere
- Come interpretarli
- Quali decisioni prendere in base ad essi