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  • Perché dovresti usare le Instagram Stories per parlare di te (o del tuo brand)

    Perché tutti vanno pazzi per le Instagram Stories? In questo articolo ti spieghiamo perché

    17 Gennaio 2018

    Che siano il trend del momento è un dato di fatto, che generino una reach di gran lunga superiore a quella dei post, pure. Tuttavia, alcune aziende ancora si chiedono se vale la pena investire in un formato così effimero e volatile come le Instagram Stories. La risposta è: assolutamente sì.

    Il lato umano del brand

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    Le Stories nascono come contenuti esclusivi, effimeri, immediati e in diretta. Nonostante nel corso dei vari aggiornamenti sia stata data la possibilità di aggiungere alla propria Storia anche contenuti scattati in precedenza, gli utenti che le guardano lo fanno al fine di scoprire cosa sta succedendo in quell’esatto momento ai loro account di riferimento.

    Le Stories sono definitivamente quel buco della serratura che di tanto in tanto sgombriamo concedendo a chi ci segue la possibilità di dare una sbirciatina.

    Questo formato, oltre ad essere percepito come più autentico e genuino rispetto al mondo patinato di Instagram, riduce ulteriormente la distanza tra brand e utente finale. Inoltre, stimola maggiormente l’interazione da parte dell’utente che si sente coinvolto in prima persona, in una comunicazione 1 a 1 dove le proprie risposte ai sondaggi e il proprio commento al contenuto esperito non viene visualizzato dagli altri utenti. In una realtà come quella di Instagram, nella quale ogni scatto è il risultato di pose, trucchi, correzioni, luci e post produzione, le Stories sembrano la via di fuga dalla finzione, quel punto di incontro tra utenti, utente /influencer e utente /brand, nel quale entrambi si misurano nel contesto della quotidianità – cosa c’è di più reale? 

    E mentre voi siete in pausa caffè vi ritrovate a fare zapping nella vita delle persone – che conoscete o che ormai vi sembra di conoscere – e sorridete davanti al video dell’ecografia di Baby Raviolo, sbirciate nella quotidianità di un fashion blogger al Pitti e fate screenshot alle originali Gift Ideas di Sephora.

    Quindi, se da una parte è utile preservare quell’aspetto umano per il quale i brand diventano love brand, dall’altra non smettiamo di alimentare con sapienza, gusto estetico e coerenza la grid Instagram che nel 2018 diventa a tutti gli effetti la propria homepage. Già a partire da quest’anno la gallery Instagram delle aziende sostituirò sempre di più la home del loro sito ufficiale: sempre più utenti cercano le aziende direttamente su Instagram, senza più passare dal Google

    Raccontare storie ad effetto

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    Uno dei più grandi “limiti” di un social network come Instagram, che lo ha reso fino ad oggi uno mondo limitato agli amanti delle belle foto, era l’esigenza di produrre solo contenuti interessanti e inspiring (che si traducono in uno stile di vita inaccessibile o quasi, fatto di viaggi, cene stellate e abiti costosi), con una qualità molto alta della fotografia: questo, da una parte, ha segnato la nascita dell’Influencer Marketing, dall’altra ha sempre implicato un posting più contenuto da parte dell’utente medio che era ridotto a voyeur. Con le Storie questo vincolo è stato profanato: se il singolo post Instagram è un inno all’egocentrismo unidirezionale, le Stories sono pur sempre figlie di un bisogno di ostentazione, ma anche di un’esigenza di dialogo – un dialogo che va al di là del like o del “Great pic!” di qualche sconosciuto.

    Le Stories sono “il grande outlet dello storytelling”.

    Talvolta, facciamo un uso delle Storie similare a quanto facevamo con i post su Facebook fino a qualche tempo fa: cerchiamo l’interazione, mostriamo e dimostriamo, sveliamo eventi, emozioni e occasioni in presa diretta.

    Ed ecco che appena Instagram diventa più pop-democratico, si inizia a verificare un fenomeno di migrazione di massa da parte di tutte le generazioni sulla piattaforma. Anche su Instagram, tuttavia, ogni generazione ha i suoi codici linguistici: la generazione Z posta foto in cui si ritrae con una mano che nasconde la faccia o con un viso senza occhi – mostrato dal naso in giù, crea svariati account che poi inspiegabilmente chiude e usa Instagram come specchietto per le allodole per invitare i propri follower a lasciare il proprio commento su thiscrush; i Millennials, pionieri e padroni di casa, prediligono la pubblicazione di quegli scatti che più si avvicinano allo stile degli Influencer e ne subiscono, di contro, l’influenza più degli altri; i più adulti, invece si stanno timidamente rendendo conto che qualcosa sta cambiando e stanno studiando silenziosamente Instagram, abbozzando qualche storia, postando e stesse foto che condividono su Facebook – senza hashtag o con hashtag lunghissimi e sgrammaticati. 

    Futuro

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    Insomma, se le Stories hanno contribuito ulteriormente a squarciare quel velo di Maya che tiene separata la nostra realtà da quella che viviamo ogni giorno attraverso i social, puntando sempre più a quel mondo iper-connesso in cui le distanze hanno perso ogni accezione, in futuro aspettiamoci esperienze sempre più immersive – che i prossimi Influencer saranno semplicemente coloro che, tramite VR, faranno vivere in modo illusorio e iper-realistico la propria realtà ai propri follower? Forse.

    Del resto il futuro sta già bussando alla nostra porta e Instagram non è altro che il pioniere di quel mondo nuovo, dove locali, ristoranti e ogni tipo di esercizio commerciale si impegnerà a diventare il più “instagrammabile” possibile: un qualcosa di simile all’evento dedicato a Black Mirror, organizzato e sponsorizzato da Netflix, che sui social è stato descritto così:

    Immaginate il locale del futuro dove si ordina #instafood e il menù è tutto un #foodporn, l’atmosfera è #fashion e i clienti sono veri #IGers. Un locale dove ogni momento è un #bestoftheday. Non sarebbe #instagood?

    Buon futuro a tutti.

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