Analisi, controllo, monitoraggio, tutte attività fondamentali soprattutto nel social media marketing dove ogni singola azione può diventare oggetto di misurazione. Questi dati o insights vengono espressi sotto forma di metriche in grado di quantificare il “valore” di ciò che è stato prodotto. Con queste premesse è facile immaginare quanto le metriche siano temute e osannate allo stesso tempo, esse (e sono tante) sono difatti in grado di smontare o esaltare strategie, decisioni o campagne, insomma bisogna trattarle bene!
Poiché il social media marketing ha un impatto sull’intero ecosistema dell’impresa, sarebbe riduttivo e addirittura pericoloso prendere in considerazione solo le metriche relative alla mera attività social. Un bravo social media manager dovrebbe dotarsi di un portafoglio di metriche diversificato, che gli consenta di misurare anche gli effetti indiretti del suo operato.
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Diffidate dalle metriche della vanità
In un interessante articolo di Cassandra Bevan viene introdotto il termine “Vanity Metrics”, cioè quelle metriche come ad esempio il numero di like o di follower che, se prese singolarmente, anziché mostrare in profondità il reale stato di salute dell’impresa, intervengono più che altro sull’ego del social media manager. Provando ad adottare una logica meno “narcisistica” sarebbe più opportuno confrontare tali metriche con altre più complesse, cercando di capire quali vale la pena monitorare.
Per un pugno di click
Ipotizziamo una campagna di social advertising realizzata per portare traffico sul sito web aziendale; la sua efficacia viene spesso misurata contando il numero di click, ovvero quante volte gli utenti hanno cliccato sul contenuto dell’inserzione “atterrando” sul sito web. Ma che succede una volta arrivati a destinazione? Ebbene la missione del social media manager non è finita, è necessario comprendere se il click sia andato a buon fine; ecco che subentrano altre metriche interessanti come ad esempio la frequenza di rimbalzo, che esprime il tasso di abbandono della pagina, o il tempo che mediamente viene speso sulla pagina. Questi indicatori, combinati con il numero di click, sono in grado di fornire un quadro ben più completo del percorso dell’utente aiutando anche a comprendere cosa ha funzionato e cosa invece no.
Quanto valgono like, commenti e condivisioni?
Con il like l’utente ci mette il pollice, con il commento ci mette la voce, con lo share ci mette la faccia. Sintetizzando così il tema dell’engagement si è provato a mettere in ordine di importanza le tre diverse tipologie di interazioni che possono avvenire su Facebook. Anche l'Edge Rank, l’algoritmo alla base del funzionamento di questo social network, pare vada in questa direzione attribuendo maggior rilevanza a quei contenuti che ricevono più condivisioni e commenti rispetto ai like. Il grado di coinvolgimento dell’utente aumenta a seconda della tipologia di azione: attenzione quindi a come valutare un contenuto con pochi like ma con tanti commenti o tante condivisioni.
Persi nel traffico
Come anticipato in precedenza, generare traffico sul sito web è uno degli obiettivi più ricorrenti nel social media marketing; in quest’ottica, la metrica che esprime l’andamento del traffico va senza dubbio monitorata, ma ancora una volta, è necessario andare più in profondità e chiedersi come tale traffico venga generato. Una soluzione è quella di chiamare a rapporto una metrica come la frequenza di visita che esprime quanti utenti hanno visitato il sito per una sola volta e quanti invece sono tornati.
Le chiavi di lettura possono essere molteplici e vanno quindi connesse agli obiettivi: se ad esempio si vuole estendere la propria audience, avere un elevato numero di nuovi visitatori risulta essere coerente; ha altrettanto senso voler consolidare il proprio target e trovarsi una buona percentuale di visitatori che tornano; in entrambi gli esempi, una situazione contraria necessiterebbe invece di una riflessione.
Questa è solo la punta dell’iceberg della misurazione, tuttavia avere un quadro del fenomeno è la base per comprendere come queste metriche dovrebbero essere gestite. Va sottolineato che non tutte le metriche valgono in egual misura, ogni marketer dovrebbe crearsi una sua gerarchia coerente con il tipo di business dell’azienda e con la sua strategia. Un altro aspetto che emerge è che ciascuna metrica può assumere più significati: qui entra in gioco l’esperienza e lo sguardo oggettivo del marketer che dovrebbe essere in grado di connettere dati, obiettivi e risultati.