Da sempre conosciamo quella che viene definita la "regola d'oro" o "golden rule", che dice di trattare gli altri come vorresti essere trattato tu stesso o, sotto un altro punto di vista, di non fare a chi hai vicino ciò che non vorresti che lui facesse a te.
Secondo l'agente FBI Robin Dreeke, però, dovremmo abbandonare queste convinzioni per affidarci a una nuova regola, la "platinum rule" o, in italiano, "regola di platino", ideata dal professore Tony Alessandra: tratta gli altri come gli altri vogliono essere trattati.
Ciò che bisognerebbe fare è parlare con loro in base a ciò che è importante per loro, in modo che possano capire quello che si dice prontamente e immediatamente; in questo modo, saranno più portati a fidarsi e a dare ciò che si vuole da loro. Per l'agente, è importante "scavare a fondo e capire quali sono le priorità degli altri. I loro bisogni, voleri, sogni e aspirazioni - personali, professionali, a lungo termine e a breve termine".
L'analisi del comportamento
Dreeke viene dalla marina, ed è a capo di un programma federale di analisi del comportamento. Recentemente ha scritto il libro "The Code of Trust", insieme al giornalista Cameron Stauth, dove parla del sistema che ha sviluppato per implementare al meglio la regola di platino, l'inventario sugli stili di comunicazione.
Questo sistema divide le persone in quattro differenti stili di comunicazione. In questo modo, l'obiettivo di ciascuno di noi dovrebbe essere quello di scoprire quale tipologia di persona abbiamo di fronte, e usare questa sua caratteristica per guidare la conversazione.
I 4 differenti stili di comunicazione che conosciamo
- Diretto, orientato ai compiti - Direct, task-oriented
- Diretto, orientato alle persone - Direct, people-oriented
- Indiretto, orientato ai compiti - Indirect, task-oriented
- Indiretto, orientato alle persone - Indirect, people-oriented
Quando ci si trova davanti qualcuno, la prima cosa importante da fare è capire se si ha davanti una persona task-oriented o people-oriented. Le prime guardano ai processi, alle procedure, a come fare una determinata cosa piuttosto che a con chi farla.
Le people-oriented, invece, usano molta personalizzazione, un grande uso di pronomi, parlano di loro storie personali e raccontano molti aneddoti. Va da sé che è molto differente comunicare con queste due tipologie di individui. Per comprenderlo al meglio, è interessante leggere un aneddoto raccontato da Dreeke in persona:
«Avevo l'opportunità di parlare a uno studente universitario di New York che era in contatto con uno degli argomenti che servivano alla nostra ricerca.
Quando ho interagito con questo ragazzo, ho iniziato a fare ciò che ho sempre fatto con ogni altro essere umano che ho incontrato prima di quel momento, poiché mi sembrava la cosa giusta da fare. Sono una persona molto "people-oriented", quindi sono solito raccontarmi e intrattenere gli altri con storie su di me e sugli argomenti più vari. Ho parlato soprattutto di eventi sportivi, cercando di convincerlo ad andare insieme a una partita degli Yankees o dei Rangers.
Cercavo di essere partecipativo e cordiale, provando a instaurare una relazione con lui in modo tale da spostarmi su ciò che mi serviva, e ottenere da lui le informazioni che necessitavo. Ciò che ho sbagliato, però, fu di non capire che questo ragazzo era un dottorando e uno studioso di un'area tecnica; in altre parole, era una persona molto "task-oriented", e voleva sapere precisamente cosa volevo da lui, senza perdite di tempo. Tutto ciò che stavo facendo, invece, era proprio fargli perdere tempo, perché stavo parlando con lui nel modo in cui io vorrei che qualcuno comunicasse con me, non nel modo in cui lui voleva gli parlassi».
Forse è superfluo precisare che Dreeke non ha ottenuto nemmeno un secondo colloquio, nessuna risposta alle mail, nessuna chiamata. "Ci ho pensato a lungo, perché era uno di quei momenti in cui realizzi la differenza tra la "golden rule" e la "platinum rule", ha precisato l'agente FBI.
Le differenze tra comunicatori diretti e indiretti
Ad ogni modo, è molto interessante comprendere anche se chi abbiamo di fronte è un comunicatore diretto o indiretto. La prima tipologia fa riferimento a persone che pensano mentre parlano, a cui piace l'interazione e lo scambio di battute, che sono aperte alle opinioni degli altri e sentono che potrebbero beneficiarne se qualcuno cambia idea su qualcosa.
I comunicatori indiretti, invece, generalmente pensano prima di parlare. Queste persone pensano di essere rispettose nei confronti di chi hanno di fronte quando danno un peso direttamente alle parole che ascoltano, senza sprecare del tempo in un botta e risposta che spesso finisce con gli stessi argomenti con cui è iniziato.
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Pensate a quando si deve presentare un progetto a un proprio collega o al proprio boss. Il vostro capo è un comunicatore diretto, orientato ai compiti? Potrebbe essere la cosa giusta mandargli una bozza degli step che vi servono per finire un progetto, senza correre il rischio di essere criticati quando si discute su quale processo sia il migliore. Altrimenti, se si pensa che chi abbiamo a che fare è un comunicatore indiretto, orientato alle persone, forse è meglio sedersi e spiegargli perché ci tenete a questo progetto, ascoltando attentamente a ogni parola che ricevete come feedback.
L'idea è quella di etichettare le persone e di ricordare che non tutti sono come noi. Se si vuole piacere alle persone e si vuole ottenere la loro fiducia, la cosa migliore da fare è capire che persone sono e parlare "la loro lingua".