E se Google cambiasse tutto? Quanto siamo abituati alle visualizzazioni classiche nella SERP (titolo - permalink - meta description) dei risultati delle nostre query su Google? Già, perché se è vero che Google sta eliminando gli URL, come pare aver intuito lo staff di CognitiveSeo, gli addetti del settore non potranno fare a meno di confrontarsi con le variazioni inevitabili del traffico da ricerca organica.
Seems Google is pushing AMP even more by making its AMP urls way more prominent in the SERPs - higher CTR on mobile for those results. pic.twitter.com/3I7DY57oly
— cognitiveSEO (@cognitiveSEO) 16 luglio 2017
L'eliminazione sarebbe prevista in una fase successiva perché, a tutti gli effetti, il link di riferimento al sito appare ancora (in alto sopra il post), affiancato dall'icona AMP posta molto più in evidenza rispetto alle visualizzazioni precedenti. Al momento, le variazioni riguardano solo il sistema operativo Android.
Google sta eliminando gli URL dai motori di ricerca?
Davvero Google sta eliminando gli URL dai risultati di ricerca? No, non è esattamente così: si tratta più precisamente di una valorizzazione delle pagine AMP (Accelerated Mobile Pages) rispetto ai contenuti "lenti".
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Cosa vuol dire AMP? Le AMP rappresentano un protocollo web in grado di velocizzare la navigazione da mobile attraverso un layout grafico più snello e studiato appositamente per alleggerire il traffico dati, sviluppato da Google e appoggiato da molte realtà tecnologiche e giornalistiche.
Da tempo i SEO Specialist sono a conoscenza del fatto che Google privilegi i contenuti formattati con queste modalità perché garantiscono, sostanzialmente, universalità di fruizione anche per chi non dispone di sufficiente banda o possibilità ad accedere a una connessione veloce: una pagina in formato AMP può pesare anche 10 volte meno di una formattata comunemente.
L'operazione (esperimento?) si configura quindi più come un A/B test, invece che rappresentare una eliminazione in toto degli URL all'interno della visualizzazione da SERP.
AMP, URL e fake news
Se da un lato possiamo immaginare una prova di forza di Google che, mostrando i muscoli ritiene di poter servire come risposta alle query degli utenti risultati tanto adeguati da non richiedere una certificazione della fonte, l'operazione solletica la possibilità che chi si occupa di fornire false notizie e fake news ne possa trarre davvero un gran vantaggio.
Se per gli utenti medi è già sufficientemente complicato distingue una notizia vera da una bufala montata ad arte, la rimozione delle fonti potrebbe incentivare il fenomeno. D'altra parte, c'è chi lavora attentamente allo sviluppo del fenomeno con blog del tipo "fattoquotidaino", che fanno leva proprio sulla scarsa attenzione al fact checking.
Nell'ipotesi in cui Google riesca a filtrare i risultati in maniera eccellente, le bufale potrebbero scomparire dalle ricerche, segnando un bel goal alle iniziative di fact checking di Facebook.
Serp pulite e social network pieni zeppi di junk content cambierebbero considerevolmente l'approccio delle persone al web, certo, ma anche di molte delle figure che operano nel web marketing.
Che possiamo aspettarci, dunque? Ancora non è possibile tirare le somme di questa operazione ma lo staff di The Next Web, che ha rilanciato il tweet di Cognitive SEO, ha contattato proprio Google per saperne di più.
Incrociamo le dita o ricominciamo a digitare cercando novità?