Un Premio, voluto da ADCI, per schierarsi a favore di una creatività che possa esprimere il racconto di una società capace di offrire pari opportunità, professionali e personali, a uomini e donne che condividono lo stesso impegno nell'organizzazione domestica e familiare, a prescindere del settore merceologico da rappresentare.
Il Premio Speciale Equal vuole dare nuovo impulso a una comunicazione sviluppata in questa direzione, premiando l'azienda e l'agenzia creativa la cui campagna si è distinta per la capacità di promuovere l'evoluzione della rappresentazione di genere.
Per saperne di più sui valori che ispirano il riconoscimento e quale sia il ruolo dell'advertising all'interno della cultura italiana e della rappresentazione di genere, abbiamo rivolto alcune domande a Stefania Siani, Direttore Creativo Esecutivo DLV BBDO e giurata del Premio Speciale Equal.
Nel tuo percorso professionale, che ti ha portata a diventate direttore creativo esecutivo, come ti sei comportata davanti ad una proposta creativa in cui vi era chiaramente un problema di rappresentazione di genere?
Aziende e creativi dovrebbero sempre avere un codice deontologico e una profonda consapevolezza del proprio ruolo e responsabilità nella creazione dell’immaginario. Sin da piccola quando guardavo la televisione nutrivo un profondo disgusto per il modo in cui la donna era rappresentata all’interno di film, programmi, trasmissioni: veline, personaggi femminili discinti, gratuita mercificazione del corpo.
Della pubblicità - trasversalmente alle categorie merceologiche - ho sempre detestato quando la donna veniva chiusa all'interno di stereotipi definiti: donne belle esteticamente, postprodotte all’inverosimile, sistematicamente ridotte nel ruolo di angelo domestico, di responsabile dell’immagine della casa e della cura e della gestione dei figli.
Non solo, una volta entrata nel mondo del lavoro ho potuto constatare come moltissime donne con la creazione di una famiglia e l’arrivo dei figli fossero portate ad abbandonare ambizioni e progetti.
Io sono rimasta fedele a me stessa. Nel nostro reparto creativo discutiamo di quanto andiamo a rappresentare e ci autoregolamentiamo con fermezza.
Oggi voglio portare la mia testimonianza nel ruolo di direttore creativo esecutivo, di moglie e di madre, di operatrice culturale, di rappresentante di un’Associazione che promuove temi di interesse comune.
Prima ancora che in pubblicità provo a dimostrare a me stessa con la testimonianza della mia vita che noi donne abbiamo il diritto ad avere successo nella professione, a desiderare una famiglia a cui dedicare del tempo, dei figli da crescere con la dovuta presenza e impegno. E sento che questo è possibile perché con mio marito condividiamo in uguale misura la cura e l’organizzazione della nostra vita.
È importante contribuire anche con il nostro lavoro a raccontare nuovi immaginari, a dare un volto e dei contenuti alla parità nella rappresentazione di genere.
Quando secondo te l'advertising diventa lesivo per la figura della donna e quindi per tutti noi?
L’advertising diventa lesivo ogni volta che nelle sue rappresentazioni oggettifica, mercifica, svilisce, non restituisce la complessità di concetti quali bellezza e femminilità.
Un immaginario in cui spesso bellezza significa rappresentazioni estetiche a senso unico: assenza di imperfezioni, sistematiche rimozioni di difetti, idolatria della gioventù, corpi che incarnano canoni irraggiungibili, spacciandoli per la normalità a cui tendere e generando frustrazione, senso di inadeguatezza.
Pubblicità = Cultura. La pubblicità può essere un canale di educazione sociale anche su temi importanti come la violenza sulle donne?
Certo. Svilire e mercificare il corpo della donna è chiaramente correlato agli episodi di violenza che affollano le nostre cronache.
Bisogna insegnare nelle scuole a leggere le immagini. Bisogna che le bambine incontrino nei libri di storia i nomi delle donne che hanno contribuito a cambiare il paese, spesso omesse. Bisogna che imparino ad apprezzare i brand che raccontano i propri valori attraverso la rappresentazione di donne coraggiose, realizzate, che hanno pari accesso alle opportunità, che non usano il proprio corpo per vendere.
Bisogna che tutti noi impariamo ad amare i brand che non producono solo prodotti ma NUOVI IMMAGINARI.
Nel premio Speciale Equal promosso da ADCI, quali saranno i criteri di valutazione delle campagne da parte della giuria?
La giuria premierà la campagna del cliente e dell’agenzia che, compatibilmente alla propria categoria merceologica, ha chiaramente messo a fuoco l’importanza di evolvere la rappresentazione di genere prendendo distanze da stereotipi consolidati, velenosi e dannosi per dare in particolare ad una nuova generazione di ragazzi e ragazze nuovi orizzonti di immaginario in cui contestualizzarsi.
Finora le campagne più famose con un focus sul superamento della differenza di genere arrivano soprattutto dagli Stati Uniti. A che punto siamo in Italia?
In Italia ci sono importanti casi di messa a fuoco del problema. Sempre più brand hanno compreso che le donne chiedono di essere diversamente rappresentate. Vi stupirà la qualità delle campagne in concorso.
Partecipa alla Presentazione
>>Ingresso libero, martedì 25 luglio, alle ore 19.30, a BASE, Milano. I vincitori saranno annunciati il 30 settembre in occasione degli ADCI Awards 2017.
PROGRAMMA
19.30 - 19.40: discorso di apertura - ADCI, Vicky Gitto e Stefania Siani
19.45 - 20.00: discorso Laboratorio Miniera del Politecnico di Milano
20.05 - 20.15: keynote Benchmarking - Samanta Giuliani e Lucia Ferrazzano
20.20 - 20.30: Donne and Digital Media - Editor in Chief Freeda, Daria Bernardoni
20.35 - 20.45: nuova leadership femminile, come comunicare alle donne | CEO h+, Daniela Cattaneo Diaz
20.50 - 21.00: discorso di chiusura - Western Europe Regional Managing Partner at Linklaters, Claudia Parzani