Riuso, riciclo, risparmio. Si potrebbe riassumere così il concetto di economia circolare, ma per comprendere appieno l'impatto che questo tipo di approccio potrebbe avere su produzione ed economia, bisogna andare più in profondità.
Ne abbiamo già parlato attraverso esempi illustri come quello di Beyoncé, che qualche tempo fa investì in una startup per il riutilizzo degli scarti di produzione della frutta, e ne abbiamo parlato citando altri esempi anche italiani.
Oggi osserviamo le possibilità dell'economia circolare con un focus sugli scarti agricoli e forestali, ma anche sulle opportunità di marketing per le aziende che decidono di adottare questo approccio, servendosi di una piattaforma innovativa come quella offerta da Rethink srl con InSymbio, unica startup italiana selezionata per partecipare al programma europeo finanziato da Horizon 2020.
Ne parliamo con Stefano Esposito, co-founder e CEO di Rethink.
Sharing economy ed economia circolare. Quali sono i motivi alla base della crescita di questi trend?
Più che di nuovi trend, io parlerei di riscoperta: a mio parere sono modelli che rappresentano la regola piuttosto che l’eccezione.
Niente di nuovo sotto il sole: sfruttare risorse inutilizzate, riconvertire e riutilizzare gli scarti, trovare nuovi modi per far durare di più i beni strumentali, sono tutti temi che i nostri nonni conoscevano benissimo.
Aziende come Airbnb e Uber stanno guidando in chiave tecnologica la riscoperta dell’economia collaborativa, dimostrandone la sostenibilità economica e gli innegabili vantaggi: disintermediazione, condivisione della capacità in eccesso e incremento della produttività.
La crisi economica e una minore fiducia verso le grandi multinazionali hanno reso i consumatori più ricettivi all’idea di condividere i propri beni. L’avanzamento tecnologico sta facendo il resto, permettendo di “scalare” questo modello.
La sharing economy potrebbe essere considerata come una parte del più ampio modello previsto dall’economia circolare. In quest’ultimo caso, è un trend legato ad una necessità che si fa via via più evidente.
Nel 2016, abbiamo consumato più risorse di quanto il pianeta può produrne in un anno appena l’8 Agosto. Già oggi servirebbero 1,6 pianeti per mantenere i ritmi attuali, figuriamoci nel 2030, quando si prevede l’ingresso nei mercati di ulteriori 3 miliardi di persone di ceto medio dai paesi emergenti.
Sembrano problemi distanti ma gli effetti sono già evidenti. Solo per citarne alcuni, i prezzi delle materie prime e la loro volatilità sono in aumento vertiginoso, e le aziende sono sempre più schiacciate tra l’aumento dei costi di produzione e la stagnazione della domanda.
Fortunatamente i Governi e le aziende iniziano a prendere atto che un’economia circolare contribuirebbe a stabilizzare alcuni di questi problemi e a dissociare la crescita economica dal consumo di risorse.
Ipotizzando un calcolo sull'ultimo secolo, quante risorse sono state sprecate non utilizzando un modello di circolarità industriale e produttiva?
È chiaro che l’attuale modello lineare di produzione e consumo basato sull'usa-e-getta determina uno spreco incredibile di risorse. Si stima che il 90% dei materiali grezzi utilizzati nei processi produttivi diventano un rifiuto prima ancora che il prodotto esca dalla fabbrica, mentre l’80% dei prodotti stessi viene buttato via nei primi sei mesi della loro vita.
Un cittadino medio di un paese OECD consuma annualmente 800kg di cibo e bevande, 120kg di packaging e 20 kg di nuovi vestiti e scarpe: l’80% finisce in discarica, in un inceneritore o in fognatura.
Un’analisi di McKinsey stima che il passaggio ad un’economia circolare potrebbe generare 1 trilione di dollari nell’economia globale nei prossimi cinque anni.
Il programma WRAP (Waste & Resources Action Programme) della Circular Economy 2020 Vision, stima che l’Unione Europea potrebbe beneficiare di un miglioramento del bilancio commerciale di 90 miliardi di euro e la creazione di 160.000 posti di lavoro.
Le industrie manifatturiere, data la loro dipendenza dalle materie prime, potrebbero essere le prime a raccogliere questi frutti: sempre secondo McKinsey, si potrebbero infatti realizzare fino a 630 miliardi di dollari per anno di risparmio netto sui materiali entro il 2025.
Rethink nasce a Salerno, dall'idea di due giovani ingegneri ambientali. Com'è nata l'idea di costruire un business sugli scarti alimentari?
Ho fondato Rethink - Sustainable Solutions nel 2015, al rientro da un periodo a San Francisco. Vogliamo favorire il passaggio ad un modello di economia circolare, dal design di nuovi prodotti allo sviluppo di nuovi modelli di business, da nuovi modi di trasformare gli scarti in una risorsa a nuovi modelli di consumo.
Per raggiungere questo obiettivo, progettiamo soluzioni innovative in campo energetico ed ambientale, con l’integrazione dei nuovi canali digitali.
Tentare di costruire quindi un business sugli scarti è stato il naturale evolversi di questa mission. Ci stiamo focalizzando sugli scarti agricoli e forestali perché il problema è molto sentito dagli imprenditori, in un settore produttivo molto importante per il Sud Italia quale il comparto agroalimentare.
Allo stesso tempo, le opportunità di trasformare questi residui in biomateriali, biocombustibili o bioenergie è sempre maggiore: ogni giorno nascono nuove tecnologie o processi.
Inoltre, il recupero di materiale è un concetto già presente nelle logiche agricole: vogliamo solo ottimizzarlo grazie al digitale.
InSymbio è il marketplace digitale di Rethink. Come funziona?
Come in tutti i marketplace B2B, le aziende possono caricare le loro offerte o richieste di biomasse, scarti o residui agricoli. Una notifica le avverte in caso di opportunità di matching con altre aziende.
Al tempo stesso, la piattaforma aggrega i dati grezzi sui flussi di materiali transati e li trasforma in varie statistiche utili.
Abbiamo anche sviluppato nostri indici di circolarità per meglio caratterizzare il ciclo produttivo dei nostri utenti: possiamo determinare la CO2 risparmiata o la riforestazione equivalente che si avrebbe nel momento in cui avviene un recupero di materiale.
Abbiamo la possibilità di integrare queste informazioni nei siti web dei nostri utenti, in modo che possano meglio mostrare ai propri clienti il loro impegno a ridurre i rifiuti prodotti.
Unica startup italiana selezionata per partecipare al programma europeo finanziato da Horizon 2020. Quali novità ci sono nel prossimo futuro di Rethink?
Continueremo ad approfondire le tematiche dell’economia circolare e a lavorare allo sviluppo di InSymbio: in programma abbiamo lo sviluppo di un app per rendere ancora più immediato il caricamento dei materiali sulla piattaforma e la partnership con aziende che si occupano di precision farming per offrire un servizio sempre più integrato ai nostri utenti.
Ci piacerebbe incontrare un gruppo industriale con cui collaborare per la definizione di un caso studio su queste tematiche.