Si comincia sempre per gioco... bene, alzi la mano libera dallo smartphone chi non ha mai visto giocare un amico a Pokémon GO.
Visto che tutti gli smartphone sono rimasti ben saldi in entrambe le vostre mani, proviamo ad immaginare insieme degli scenari da questo punto di partenza.
Ovviamente con Pokémon GO stiamo parlando di realtà aumentata e non ancora di realtà virtuale, ma da un punto di vista tecnologico sono due tappe di uno stesso viaggio e anche da un punto di vista marketing sono due check-point che fanno parte di quello che viene definito Marketing Esperienziale.
Tutti noi di solito non acquistiamo solo un prodotto o un servizio, acquistiamo anche l’esperienza che se ne può trarre perché non siamo principalmente razionali nelle nostre scelte d’acquisto ma siamo fortemente motivati da fattori emozionali.
Siamo alla ricerca di esperienze d’acquisto e di consumo che siano coinvolgenti e piacevoli.
E siamo sempre molto sensibili, ricettivi all’effetto WOW.
A proposito di effetto WOW guardate il minuto 1:05" del video di presentazione di Magic Leap
Immaginate ora le potenzialità che si aprono per il mondo del marketing con questa possibilità: farci vivere un’esperienza diversa, farci emozionare in un modo che fino adesso avevamo visto solo in qualche film di fantascienza (dai, non pensate solo a Minority Report per favore).
Engagement, la parola magica (anche) della realtà virtuale
Siamo quindi tutti d'accordo che la parolina magica per ogni un buon marketer sia sempre engagement: ottenere engagement nei confronti dei fruitori della proposta di valore. Allora non vi stupirà sapere che come primo significato engagement ha: impegno, promessa. L’impegno, e la promessa di un’adesione.
Ma quali sono gli elementi fondamentali per giungere a questa adesione? A mio avviso la formula matematica è la seguente:
Contenuto + User Experience = Engagement
Realtà virtuale: chi ha passato, può avere un buon futuro
Ora per le suggestioni finali paradossalmente facciamo un passo indietro di qualche anno.
Vi ricordate cosa facevate di bello nel 2003? Qualcuno di noi era impegnato a vivere in una realtà virtuale. A vivere una seconda vita in un altro mondo. Qualcuno di noi giocava a Second Life.
Second Life è un mondo virtuale dove le persone possono crearsi un avatar e interagire con altri avatar come se fosse realtà. Svolgendo molte attività tra l’altro: socializzare, esplorare, “incontrare” altri avatar e gestire una vita all’interno di Second Life come se fosse reale (o quasi).
E quindi sposarsi, realizzare progetti, comprare terreni e costruire case: creare anche un sistema economico regolamentato da una moneta virtuale chiamata Linden che può essere convertita in moneta reale.
Sicuramente l'evocazione di questo scenario avrà fatto immaginare a voi ancor più che a me le innumerevoli potenzialità della realtà virtuale all’interno di una strategia di marketing, ma vi invito a riflettere sulle caratteristiche di questo nuovo media.
Avvertenze per l'uso
Fino adesso noi tutti abbiamo sempre interagito con media che distribuiscono contenuti in un modo che nel mondo informatico viene definito Client-Server perché si basa su un’interazione tra un creatore di valore (il Server) ed un tot di utenti che ne usufruiscono (i Client appunto, che saremmo noi tra l'altro). In questo modello il controllo dei contenuti è di chi li crea.
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In un mondo come quello della realtà virtuale che è più simile a quello dei social network, la logica di creazione dei contenuti si sposta più su un modello informatico peer-to-peer. Ogni utente (il peer) genera dei contenuti che possono essere usufruiti dagli altri (altri peer) e può anche “hackerare” i contenuti veicolati da quelli che in precedenza abbiamo definito Server, cioè Brand e/o Istituzioni.
Provate ad immaginare quanti casi di attacco comunicativo a Brand o Istituzioni sono nati e nascono all’interno delle piattaforme social in tutto il mondo.
Ora, essendo io un early adopter, non voglio certo demonizzare una tecnologia che potenzialmente può diventare (secondo me lo diventerà di sicuro) insieme all’Intelligenza Artificiale “The Next Big Thing”, ma la mia riflessione punta a sottolineare come sia necessario adeguare l’approccio analitico e proattivo delle strategie di marketing in modo che il Mezzo non prenda il sopravvento sul Messaggio… e spero che il buon Marshall McLuhan, dall’alto dei cieli, mi perdonerà per questa raccomandazione.