Open Innovation: importante conoscerla e necessario farla propria. Con questo termine, infatti, si identifica la necessità per le aziende di iniziare a pensare e ad accogliere stimoli e spunti provenienti dall’esterno dei propri confini (appunto open), per fare innovazione e rimanere al passo coi tempi (innovation).
Il termine nasce nel 2003, ma oggi si fa sentire più che mai grazie al fenomeno startup in continua crescita.
Per quattro aziende su cinque le startup rappresentano una minaccia, per le altre, che hanno capito che la collaborazione è la chiave del successo, fare Open Innovation è diventato invece un gioco da ragazzi.
Open-Innovation-fobia: quando le aziende hanno paura delle startup
È di uno studio condotto da Vanson Bourne il risultato: il 78% delle aziende oggetto della ricerca condotto su 4000 business leader di 16 Paesi in 12 mercati diversi, si sente minacciato dalle startup nate nel periodo della digitalizzazione e dell’Open Innovation.
I manager a capo di questa rilevante fetta di tessuto produttivo pensano che le neo entrate possano, in pochi anni, rendere il loro business obsoleto facendogli erodere importanti quote di mercato.
Gli strumenti digitali hanno rappresentato per tutte le aziende un vero cambiamento, la quarta rivoluzione industriale, in alcuni casi un vero stravolgimento (per il 45% degli intervistati), che ne ha cambiato le abitudini di business e di crescita, mentre ben il 48% non se la sente di fare una previsione sull’evoluzione della situazione o sull’importanza che l’Open Innovation assumerà nei prossimi anni. Questo soprattutto legato al fatto che il cambiamento tecnologico è irregolare e varia di azienda in azienda e di Paese in Paese.
Solo una società su tre è pronta
Le aziende sono state così classificate: Digital Leaders, il 5%, Digital Adopters, il 14%, che hanno piano digitale maturo, Digital Evaluators, il 34%, che stanno abbracciando l’evoluzione digitale in modo cauto, Digital Followers, il 32%, investono poco nell’Open Innovation ed esitano a pianificare, Digital Laggards, il 15%, non hanno un piano digitale.
Nonostante i risultati disastrosi, le aziende si stanno rendendo conto che un piano digitale e di Open Innovation è necessario e prioritario (per il 73%), e a questo fanno seguito investimenti nell’IT e nello sviluppo di software.
In ogni caso, la soluzione per le intervistate (il 28%) è una: esternalizzare le attività ad alto valore tecnologico creando partnership, fusioni o acquisizioni con startup specializzate, perché la tecnologia è sempre di più un fattore di competitività sul mercato.
Startup e aziende insieme per l’Open Innovation
Scouting e acquisizione di startup, uno dei modi per combattere la minaccia, come a dire “tieni vicino gli amici, ma ancor più i nemici”.
Nell’ambito dell’Open Innovation le startup sono imbattibili, forse proprio perchè sono nate nel periodo in cui l’OI non era una prospettiva, ma, anzi, era più attuale che mai. Molte non conoscono neanche quale era il vecchio panorama economico prima della quarta rivoluzione industriale.
L’integrazione di talenti protagonisti dell’Open Innovation e l’attenzione verso questo mondo è sempre stata in crescita, dalla prima fase iniziata storicamente nel 2010 con le Corporate Ventures, si è passati alla seconda e terza fase, le attuali, nelle quali si inizia a parlare di Incubatori ed Acceleratori, ambienti in grado di formare e crescere giovani imprenditori del mondo startup grazie al contributo di affermati manager, consci ormai del mondo in cui si stanno muovendo.
Innovazione Collaborativa volta alla co-creazione di valore da parte di aziende e startup è il secondo ingrediente della nuova formula.
Il futuro sarà costellato dalla quarta fase, l’Ecosistema dell’Innovazione, un sistema, appunto, in cui le grandi sfide verranno affrontate tramite piattaforme di collaborazione tra diverse realtà imprenditoriali.
Gli approcci che aziende e startup possono sviluppare all’interno dell’Open Innovation possono essere outbound, creando startup spin-off da lancio sul mercato come nuovo prodotto o servizio, oppure inbound, assorbendo con acquisizione la tecnologia di cui l'impresa ha bisogno per accelerare la penetrazione in un nuovo mercato.
L’Open Innovation, insomma, non rappresenta un vantaggio solo per le aziende che sapranno creare sinergie con le startup, ma anche per le startup stesse che potranno bilanciare il loro rischio di impresa grazie a partner solidi, approfittare di risorse in-sourcing e comunicare il proprio ruolo di innovatori.
Anche la startup più innovativa ha bisogno di un’azienda tradizionale alle spalle, un partner solido ed esperto per muoversi sul mercato e garantirsi importanti volumi di vendita.
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La rivincita del Made in Italy tecnologico previsto per il 2016
Anche in Italia, patria delle PMI, l’ecosistema startup è in continua crescita e questo sta scatenando l’attenzione di politica e tessuto economico, con la creazione di diversi strumenti per favorire la collaborazione tra le aziende che già c’erano e neonate startup.
Secondo molti, infatti, l’Open Innovation potrebbe rappresentare lo strumento per la rivincita del Made in Italy, dato che nelle startup italiane vi sono idee e sogni che possono essere molto utili alle aziende già affermate per confermare il loro successo o entrare in nuovi mercati.
Oltre alle aziende consolidate che trovano nelle startup innovative partner efficaci, troviamo imprese tradizionali che si uniscono per creare incubatori e dare nuove opportunità ai giovani startupper o infine organizzazioni finanziarie che vedono nelle nuove realtà un’opportunità di investimento e le finanziano.