Ci sono alcune tattiche e strategie usate nel social media marketing che non sono più efficaci come un tempo e che devono essere superate. La redazione di The Next Web ne ha individuate cinque che abbiamo deciso di riproporti, scopriamo insieme quali sono!
Taggare l'influencer
Quando si intende condividere un post o retweettare un contenuto spesso si tende a taggare o citare l'autore e l'esperto che sono direttamente collegabili al testo. Questo accade perché vige la speranza che, chi di dovere, si accorga dell'accaduto e che il post venga ulteriormente condiviso.
In questo caso, non si fa altro che "togliere" visibilità a se stessi in funzione di qualcun altro e, soprattutto, si rende il contenuto meno utile per il pubblico. Non a caso, Keri Morgret, Content Manager per Inbound.org, ha affermato di aver letto numerosi elenchi di "top esperti per X" che includono i nomi di persone che non hanno lavorato nel settore in questione per anni.
Cosa fare: pensare alla qualità e non alla quantità. Prima di citare qualcuno occorre chiedersi: "È un beneficio per i miei lettori?", in fondo già condividendo si aggiunge valore all'influencer o al brand di turno.
Occorre, inoltre, tenere presente che non è mai adeguato taggare o citare tanti autori/persone: è difficile sentirsi speciali quando si è uno dei 20 influencer menzionati. Leggerne uno o due, d'altra parte, è molto più lusinghiero.
In più, è importante sfruttare anche "l'amore" che le persone hanno nel vedere il proprio nome su di un post, per esempio:
Meditare prima di un importante colloquio è importante per calmare i nervi.
Non avrà mai lo stesso effetto di:
John Smith, brillante allenatore della Super Squadra X (ed appassionato di yoga), raccomanda la meditazione prima di un colloquio per calmare i nervi.
Se tu fossi John, quale contenuto condivideresti fra i due?
Social Media Policy
Avere una policy rigida in azienda permette ai capi di avere la situazione degli impiegati sotto controllo. Occorre però tenere presente che l'impiegato medio ha un numero di follower 10 volte superiore a quello del network dell'azienda e che il 90% dei suoi seguaci non conoscono il brand per il quale lavora. In più, il 92% delle persone si fida ciecamente di quello che gli amici raccomandano.
Cosa fare: non c'è niente di male ad avere una policy social in azienda, anche perché è uno standard in molte aziende. Piuttosto che creare una policy per gli impiegati, però, bisognerebbe farla con i dipendenti. Lasciare più libertà significa dare più spazio alle idee e alla creatività, elementi essenziali per la crescita aziendale.
Condivisione di testi ed immagini
Questi contenuti sono importanti, lo sappiamo, ma ciò che non può più essere ignorata è la componente video.
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Guardare i video di un prodotto o di un'azienda risulta essere quattro volte più popolare rispetto a qualsiasi altro contenuto, ma poche aziende ancora adottano questa strategia.
Cosa fare: assolutamente integrare i video nella strategia di content marketing, ricordando che devono essere creati in maniera personalizzata per ogni canale. Content is the king, ma anche il "channel" non scherza.
Risposte automatiche
"Grazie per il tuo follow. Mi trovi anche su Twitter, LinkedIn, Facebook. In caso di emergenza le uscite sono qui, lì, qua."
Ormai, all'ordine del giorno. Consapevoli che l'educazione e l'informazione non sono mai abbastanza, si è costretti delle volte a cestinare direttamente il messaggio perché troppo anonimo.
Cosa fare: tenere presente che essere sui social vuol dire avere un'interazione costante e significativa con i propri seguaci. Dare un tocco di esclusività ai tuoi messaggi coinvolge di più l'utente che seguirà con maggiore interesse la tua pagina o il tuo profilo.
È una strategia che richiede sicuramente più tempo e più energie ma che, alla lunga, darà maggiori risultati. Immaginate la relazione con un follower come quella con il partner: non è forse un meccanismo lento e quotidiano quello che poi ti incastrerà per tutta la vita? Bene, le migliori relazioni social sono date dal tempo e dalla qualità.
"Puoi condividere per favore?"
La fatidica domanda, prima o poi, arriva. Quando si è in amicizia, anche se controvoglia, lo sforzo si fa. Ma quando si è tra conoscenti, questo tipo di richiesta non fa altro che suscitare imbarazzo e sorpresa.
Condividere un contenuto vuol dire essere in linea con il pensiero, l'idea, l'autore, l'azienda, la strategia: insomma, in qualche modo, se si condivide qualcosa, a meno che non si specifica diversamente, vuol dire che si è d'accordo con quanto pubblicato.
Ma quando il tuo capo ti chiede, per conto di un'altra azienda, di condividere il suo articolo sulla vendita delle pellicce e tu hai appena preso parte al movimento animalista, come si fa?
Cosa fare: se un contenuto è di qualità, è utile, è apprezzato, sarà comunque virale. Con questo non si intende che sarà premiato come il migliore di tutti i tempi, ma sarà comunque rimbalzato di bacheca in bacheca.
Un recente studio ha analizzato oltre 65000 articoli per capire cosa rende virale un contenuto. Gli elementi individuati sono due: l' eccitazione e l'influenza. In parole povere, quando gli utenti sono irritati, ispirati e gioiosi condividono più facilmente.
Ebbene, una foto di Vin Diesel con la figlia ha collezionato 8,1 milioni di interazioni (diventando così il quinto post più popolare di Facebook del 2015 ), grazie all'emozione positiva generata. Al contempo, forti emozioni negative possono avere lo stesso effetto: questa campagna di marketing, per esempio, “Choose Beautiful” che ha puntato il riflettore sulla bassa autostima delle persone, ha avuto un impatto social molto forte.