Ad una prima occhiata i vostri news feed, i trending topic, persino i titoli delle vostre pubblicazioni preferite parlano chiaro: il mondo è unito e in lotta contro un nemico comune. I Pokemon.
Eppure basta poco per scoprire che non è così. Che sia una breaking news o una timido post che tenta la viralità, difficile non iniziare a pensare a questioni come confini, bombe, paura. Persino guerra, che in questi anni ci gravitava attorno, ma ora bussa ai confini. E dato che il mondo social è ormai integrato ovunque con quello reale, è normale che l'on line e l'off line dialoghino. Vediamo cosa ci raccontano dopo una settimana piuttosto intensa.
Il colpo di stato fallito
Non capita tutti i giorni di assistere a un colpo di stato e ancora più raramente in live tweet. Perché ciò che la maggior parte di noi ha fatto è stato scoprire la notizia in tv o su twitter, controllare i feed sui vari social, scoprire le opinioni a caldo di cittadini comuni e grandi esperti, vedere cosa stava succedendo tramite Periscope e Facebook Live. Ma i social, per natura, non si limitano a osservare. Basta dire che lo stesso presidente Erdogan, colui che riteneva che i social media fossero "la peggior minaccia per la società" e che ha cercato di fare l'impossibile per limitarne l'uso da parte dei dissidenti ha annunciato il fattaccio su Facetime (...già) e ha fomentato la ribellione al colpo proprio attraverso il temibile mezzo. Senza dare tutto il merito ai social media, resta il fatto che il golpe è fallito. Secondo un interessante articolo del Washington Post le influenze a lungo termine su fatti simili potrebbero essere molto profonde, fino a far implodere sempre prima eventuali insurrezioni.
Il colpo di stato fallito, parte 2
Ma dopo l'agitazione di quelle ore, che cosa è successo? Come con un vaso di Pandora, smossa la community è difficile tornare indietro. Erdogan forse avrebbe preferito staccare subito la spina a quello strumento che ha contribuito al mantenimento dello status quo, o forse no. Del resto ha potuto arrestare chi si è pubblicamente schierato a favore e sicuramente avrete visto girare sui social varie immagini di torture che hanno aumentato il bisogno di risposte da parte della nato nei confronti del Presidente. Insomma, il giro di vite colpisce chiunque: e i social media, probabilmente, saranno sempre più messi alle strette nel paese turco.
#PrayForNice
Il 14 luglio un camion si è lanciato sulla folla in festa uccidendo 84 persone sulla Promenade des Anglais.
La sera dell'attentato sono stati diversi gli hashtag che hanno popolato le timeline degli utenti di Twitter: da #AttackNice a #PortesOuvertesNice, l'iniziativa che avevamo già scoperto durante l'attentato a Parigi degli scorsi mesi, con gli abitanti pronti ad aprire le porte di casa propria per accogliere le persone in pericolo.
Nei giorni seguenti, la TV è partita all'attacco con il suo ormai un po' desueto modo di coprire una diretta e ha scelto di riempire i buchi con le agghiaccianti immagini dei corpi rimasti a terra. Gli utenti social hanno risposto subito con #CSAcoupeztout interagendo direttamente con i canali LCI e France 2, che non hanno potuto fare altro che chiedere scusa.
C'è anche chi è riuscito a scherzare, in maniera molto macabra, aprendo addirittura un account su Twitter come quello che state per vedere:
La speranza è che Twitter, oltre che a chiudergli l'account, possa segnalare alle forze dell'ordine l'autore di questo gesto così irrispettoso.
#PrayForSyria
Questo in effetti potrebbe esservi sfuggito. La Siria è uno di quegli argomenti buco nero che si cerca di evitare, perché troppo complesso. O forse no, del resto ne hanno parlato anche Loro:
#PrayForSyria è diventato tendenza a causa del terribile fatto che è spiegato qui avvenuto a poca distanza da quest'altro cambiando un po' le carte in tavola della politica internazionale.
Ma soprattutto scatenando lo sdegno del pubblico, che possiamo meglio esprimere con un'immagine che ha spopolato ru twitter (cogliendo così l'invito #coupeztout, senza infierire con le foto dei bambini sotto i bombardamenti).
Di Pakistan, omicidi e onore
Un ultimo esempio di assurde interazioni tra il mondo iper connesso e quello affondato nella tradizione. Il caso è quello dell'omicidio della social media star Qandeel Baloch per mano di suo fratello, che ha ammesso di averla strangolata per salvaguardare il proprio onore.
La cosa interessante, in questo caso, è che, nonostante il rifiuto delle autorità di proteggere Qandeel Baloch in vita, sembrerebbe che il parlamento abbia pronto un disegno di legge per cancellare definitivamente il diritto di omicidio d'onore e parrebbe che la maggioranza dei partiti abbia deciso di sostenerlo. Se fosse così questa triste storia potrebbe comunque lasciarci con un po' di speranza sulle nuove interazioni tra social media e politica internazionale. Sempre più complicate, certo, ma anche per questo da continuare a monitorare cercando di andare oltre all'immediatezza e alla superficialità che spesso viene affibbiata al mezzo.