Questo post è a cura di Stefania Boleso - consulente strategica in ambito marketing e comunicazione.
Un brand è un nome, un simbolo, un insieme di attributi tangibili e intangibili che identificano un prodotto o un servizio e lo differenziano dalla concorrenza.
Quanto più questi attributi sono chiari e ben definiti nella testa del pubblico, tanto più la marca è memorabile. Si chiama brand image, o immagine di marca e in un’ipotetica piramide si colloca subito sopra la brand awareness: una marca vuole innanzitutto farsi conoscere e subito dopo consolidare la sua immagine, lavorare per mettere in evidenza gli attributi che compongono il suo DNA e la differenziano dai concorrenti, perché è proprio l’immagine di marca che guida la scelta del potenziale consumatore tra il prodotto A e il prodotto B.
Come lo fa? Attraverso un piano di marketing declinato in tante attività di comunicazione che rispecchino gli attributi per cui la marca vuole essere ricordata.
Se ad esempio un brand vuole essere percepito come innovativo, realizzerà operazioni che rafforzino questa impressione presso il pubblico che vuole raggiungere. Sto parlando di numerose azioni, diverse tra loro, che vanno dalla comunicazione pubblicitaria, agli eventi, alle sponsorizzazioni, fino alla presenza nel punto vendita (e altro ancora).
I brand di maggiore successo hanno un’immagine ben definita
Sono quelli che vengono chiamati anche lovemark, brand che vengono acquistati non per il beneficio funzionale legato al prodotto, quanto piuttosto per ciò che rappresentano per il cliente, per come lo fanno sentire. Marche nei confronti delle quali, per citare il famoso libro omonimo, i consumatori sviluppano rispetto e amore. Pensiamo a Apple, ma anche a Nike, Harley Davidson e tanti altri ancora…
Come in (quasi) ogni cosa, per lavorare sull’immagine di marca ci vuole tempo, costanza e soprattutto coerenza in tutti i punti di contatto col target.
Occorre avere una visione di lungo periodo, significa essere disposti a dire tanti “no”, a rinunciare cioè ad operazioni che potrebbero portare un buzz o picco di visibilità nel breve, se nel lungo queste stesse operazioni rischiano di minare la brand image.
Tutto ciò che ho scritto finora dovrebbero essere concetti noti (e condivisi) da parte di chi si occupa di marketing e comunicazione.
Il condizionale è d’obbligo, perché gli scivoloni sono all’ordine del giorno.
L’ultimo che mi è capitato di vedere riguarda Nivea e l’operazione di buzz marketing che ha presentato al Cannes Lions 2016 (il festival internazionale della creatività): per rispondere al problema dei bambini che si espongono al sole senza crema solare, si è deciso di creare un finto gabbiano che sorvola le spiagge e… “evacua” crema sui bambini non protetti. Per chi se la fosse persa, qui la case history completa.
"Care from the air" è il nome della campagna, e se è decisamente riuscita a creare un picco di conversazione intorno al brand, temo però che non sia riuscita a rafforzare la brand image di Nivea.
Il detto "bene o male, purché se ne parli" non sempre funziona, soprattutto nel mondo della pubblicità. A maggior ragione se decidi di presentare la tua attività in concorso ad un festival.
Per l’immagine di marca di Nivea (e anche per i suoi obiettivi di business) sarebbe forse stato meglio non fare nulla, oppure semplicemente ripetere una vecchia operazione di successo come questa, decisamente più “on brand”:
NIVEA SUNSLIDE from FCB Cape Town on Vimeo.
Non bastasse tutto ciò che ho scritto finora, concludo citando un tweet di Massimo Sommella: “Nivea ha violato una delle regole non scritte dell'ADV: non accostare mai il tuo prodotto a...” ;)
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