Il giornalismo è in una fase di grande transizione, se non di crisi. I quotidiani hanno subito un forte colpo da parte di internet, da cui devono ancora riprendersi. I blog, e i social network rendono sempre più difficile la sopravvivenza del buon vecchio giornalismo tradizionale, che si sta adattando sempre più a nuovi modi di diffusione e a un pubblico sempre più vittima dell’information overload.
Se da un lato molte testate editoriali sembrano dirigersi verso contenuti brevi o sul clickbait, altri invece preferiscono insistere su analisi ancor più approfondite e dettagliate, presentate in modo autorevole ma sempre ben comprensibile. Tra questi, una delle tendenze è quelle di ricorrere al cosiddetto data journalism, che si basa sulla scoperta e la diffusione delle notizie ottenute dall’analisi, dall’elaborazione e dalla raccolta di dati. Una definizione, questa, che è ovviamente riduttiva, presentando solo in parte una metodologia di giornalismo che si avvicina quasi alla ricerca scientifica.
In un mondo che, minuto dopo minuto, si arricchisce di contenuti e storie, molte delle quali ignorate per via del già citato information overload e dell’altrettanto discusso fenomeno della filter bubble, la capacità di poter scovare, raccogliere e utilizzare dati e fatti utili ma ignorati dai più è qualcosa che assume un valore importantissimo. Ma non solo: nel mondo digitale l’autorevolezza è alla base del rapporto con i tuoi lettori e nulla avvalora le tue tesi o i tuoi articoli più di una ricca e corposa serie di dati che rafforzano la tua posizione.
Ma il data journalism non è solamente passare le ore su fogli di calcolo e documenti pieni zeppi di statistiche: senza uno buono storytelling e la capacità di sintetizzare in forma accattivante non solo numeri, ma anche citazioni di fonti attendibili e autorevoli, anche la più meticolosa raccolta di dati porta a risultati scadenti.
Per facilitare il loro compito, i migliori data journalist usano software e strumenti in grado di automatizzare alcuni processi, quali la raccolta e l’aggregazione di informazioni da fonti governative o, invece, la comparazione di documenti differenti. Inoltre, spesso si avvalgono delle infografiche per rendere più accattivanti o, meglio ancora, efficaci i risultati delle loro analisi. Ma ciò non vuol dire che il data journalism sia un processo matematico o meccanico: i dati sono solo il materiale di partenza, uno strumento per scovare notizie o dare un parere autorevole su un fatto noto; i dati sono potenti, per questi vanno usati con onestà e consapevolezza.
Prendi spunto per il tuo blog!
Non devi per forza essere un giornalista d’inchiesta per fare tuoi alcuni principi del data journalism e utilizzarli per il tuo corporate blog o il tuo sito personale. Il frutto più importante che una buona attività di blogging può portare alla tua impresa o alla tua persona, ancor più che la visibilità, è la conquista di una posizione di autorevolezza presso il tuo pubblico di lettori. Il data journalism allora può così preso ad esempio come paradigma di un’attività di creazione dei contenuti che vada oltre l’engagement più immediato, per costruire un rapporto duraturo e risultati sul lungo periodo. I naviganti dell’internet cercano sempre più fonti autorevoli in grado di comunicare, con il giusto linguaggio, anche i contenuti più complessi.
La raccolta dei dati, per quanto spesso lunga è complessa, è il primo passo per la creazione di un articolo davvero inattaccabile e informativo. Puoi cominciare da Google Trends per scoprire le tendenze e le parole chiave più utilizzate per un determinato argomento, per poi proseguire magari su SocialMention dove effettuare una prima raccola e analisi delle attività social legate alle tue keyword di riferimento. Se scrivi articoli riguardanti il mondo dei media o del social media marketing, Hubspot offre gratuitamente la lettura di molte ricerche in tema. Quando conosci il tuo argomento, puoi provare Zanran, un motore di ricerca solo per statistiche e dati. Inoltre, ti segnalo anche Statista, che propone fantastiche infografiche da utilizzare a supporto dei tuoi articolo o da cui trarre ispirazione per crearne di nuove.
Utilizzare dei supporti grafici è infatti fondamentale per migliorare la leggibilità dei tuoi articoli. Excel, Google Charts e Google Sheets sono sempre utili per creare semplici grafici a torta o istogrammi, ma se vuoi delle vere e proprie infografiche devi utilizzare altri strumenti. Infogr.am ti aiuta a crearle, soprattutto se sei disposto a sottoscriverti a uno dei suoi piani premium: il piano gratis, pur utile, ha perecchie limitazioni. In alternativa puoi usare Picktochart, anche lui in formula free to start, che offre alcuni template davvero accattivanti. Se sai già che la tua infografica sarà in forma di timeline, prova Timeline JS: una volta realizzata, riceverai un codice da utilizzare per il tuo sito o il tuo blog su Medium. Ovviamente, se possiedi buone competenze di elaborazione grafica, il mio consiglio è di realizzare le tue infografiche personalizzate su Illustrator.
In conclusione
Insomma, nessuno chiede al tuo corporate blog di produrre un articolo d’inchiesta in grado di vincere il Premio Pulitzer e far tremare i poteri occulti. Ciò che davvero il data journalism può insegnare al tuo business e alla tua attività online è questo: il lavoro di ricerca e raccolta dei dati, unita alle migliori tecniche di storytelling e di data visualization, possono essere alla base di un lavoro sì impegnativo, ma in grado di dare sul lungo periodo frutti molto importanti, che vanno oltre il mero numero delle visualizzazioni fino a trasformare il tuo sito in una fonte autorevole, un vero punto di riferimento per la tua audience.