Claudio ha 33 anni e da cinque vive all'estero. Si è trasferito per lavorare come molti della sua generazione. Non è un nativo digitale ma in qualche modo è un pioniere. "Da fine anni '90 rimorchio in chat", ci racconta con candore. "Non l'ho mai vissuta come una cosa da sfigati, è forse da sfigati uscire con 50 ragazze e andare a letto con oltre 40 di loro?". Numeri importanti, in effetti. "Se non fossi fidanzato continuerei, adesso con i social è diventato tutto più facile".
Il darwinismo del rimorchio
C'era un tempo in cui se eri timido e impacciato, se non ti alzavi da quel tavolo, per invitare a ballare la ragazza del tuo paese, rimanevi solo. Il darwinismo del rimorchio - da millenni una certezza delle relazioni umane - salta nell'era dei social media: nel nostro tempo anche i più impacciati hanno la chance di conoscere una ragazza, riprodursi e trasmettere i propri geni.
"È vero che la timidezza può fermarti, ma è anche vero che per rimorchiare oggi, su questi strumenti, servono competenze mica da ridere". Marco Scarcelli è un giovane e brillante sociologo, docente allo IUSVE di Venezia. L'argomento lo appassiona e non ne fa mistero: "Pensate a Tinder: sfogli le foto, metti i tuoi cuori e poi arriva il primo match. Solo allora ti poni il problema: cosa scrivere? Cosa scrivere per distinguersi dalla massa, per esser notato, per risultare interessante? In una parola, cosa scrivere per piacere? È lo stesso meccanismo di selezione che c'è là fuori".
Lo aveva capito prima di tutti Neil Strauss, geniale autore di "The Game", best seller americano autobiografico che parla proprio della competenza sociale. Come nello sport, così nel rimorchio: più ti alleni più sei bravo. Più persone conosci, più interazioni riesci ad avere più possibilità hai di piacere. Ecco perché le donne sono più brave a capire le regole del gioco: perché sono abituate, loro malgrado, ad avere più interazioni.
Si rimorchiava meglio quando si stava peggio
Fatevene una ragione: è finito il tempo delle telefonate a casa a cui rispondeva la nonna, tramontati gli anni degli "squillini" ai primi cellulari, archiviate pure le Christmas Card e gli SMS. Oggi basta chiedere il nome: "Aggiungimi, ci sentiamo". Ed è così che prima di scoprire cosa fa nella vita la ragazza (o il ragazzo che ci piace) scopriamo il suo "album del mare" su Facebook. Marco non ci casca, non è tipo da facili nostalgie: i "Tempi d'oro del rimorchio non esistono", ci tiene a puntualizzare, "Paradossalmente diamo più accesso adesso alla nostra vita privata di quando lasciavamo solo il numero. Se telefonare sembra una cosa molto intima (si pensi solo al patrimonio che rappresenta per un'azienda avere un database di numeri ndr) è vero anche che al telefono devi giocoforza rispondere, o almeno richiamare. Almeno per educazione. Sui social permettiamo, è vero, a sconosciuti di guardare i nostri album del mare, ma la grammatica del mezzo ci dice anche che poi possiamo non rispondere, escludere, cancellare. Senza per questo rimanere vittima di sanzioni sociali".
Il trailer di noi stessi
Sfogliando le vite degli altri si rischia l'effetto-postalmarket: un catalogo sempre aggiornato di persone che condividono la parte più brillante di loro stesse; un facile best of tra cui scegliere a chi dar corda e a chi no.
"Il social è solo una parte dell'incontro: non decidiamo in virtù di quell'album o di quello status se la persona ci piace oppure no, lo decidiamo dopo averla conosciuta. I social ci danno solo qualche informazione in più. Una sorta di trailer? Sì, in cui il film sembra sempre bellissimo e avvincente".
Sui social si mostra la felicità, il proprio lato vincente. Abbiamo già parlato di quanto possano essere stressanti le vite degli altri, e di quanto possa essere miope credere nelle foto di quella tua ex sorridente dopo averti lasciato. Tuttavia un filtro in quello che comunichiamo di noi stessi, c'è sempre stato, ben prima di Instagram:
"Nessuno ama farsi vedere fuori forma, triste, brutto sui social. Ma, anche in questo caso, sono solo cambiati i mezzi non le persone: ricordate per caso un album di famiglia con le foto dei parenti brutti e tristi? Si stampavano i momenti migliori, non certo i peggiori. Persino nel secolo scorso, nei primi dagherrotipi, le persone sfoggiavano l'abito della domenica e si mettevano in posa".
Siamo soli
"La tecnologia non ci rende più soli. A renderci soli è un mutamento di più ampia portata, che parte con la crisi delle strutture associative". Quel "bowling alone" teorizzato già in America svariati anni fa.
Ma la solitudine non piace, specialmente da adulti.
Ed è così che "Il rimorchio online non è cosa per giovani: spesso è più usato dagli adulti. Il perché è semplice: meno tempo a disposizione, meno voglia di restar da soli".
"Lo smartphone è realtà, non è una fuga. Parliamoci chiaro: nessuno si è isolato nella sua cameretta a causa della tecnologia. Chi lo ha fatto era predisposto a farlo e lo avrebbe fatto comunque, anche ai tempi delle lettere".
Un mondo per timidi?
Viviamo un mondo a misura di timidi? "Può darsi, ma l'intimità è una cosa che si costruisce strada facendo con la conoscenza, quella fisica. Quindi la timidezza prima o poi va vinta".
La prossimità resta un fattore decisivo nell'approccio: rimorchiamo, frequentiamo e ci innamoriamo più spesso di chi è vicino a noi, non solo per valori e modo di vivere ma anche fisicamente. La ragazza della porta accanto, alla fine, è quella da sposare. "Lo dicono anche le ricerche: i contatti con cui interagiamo di più sono quelli più familiari e vicini". E la storia degli opposti che si attraggono? Tutte balle. Ci piacciono le persone simili a noi perché ci rendono più sicuri e perché spesso facciamo inferenze negative su quelle che non condividono le nostre opinione.
Arriviamo dunque ad un punto fondamentale: esiste l'intimità da tastiera? "Esiste, e i social possono perfino aumentarla, a patto che non si viva solo lì".
Salutiamo Marco con il nostro solito cruccio: ma tutti questi ragazzi, sempre a guardare lo smartphone, non è che si fanno sfuggire tutte le belle ragazze che hanno intorno? "Dite? Magari chattano con qualcuna ancora più bella".