Il 6 novembre, in occasione dell’IF! Italians Festival, il festival dedicato al mondo della creatività, è stato a Milano Chris Clarke, Chief Creative Officer International di DigitasLBi e noi non potevamo perdere l'occasione di intervistarlo.
In virtù della tua opinione Internet ha trasformato tutto in merda. Tu cosa stai facendo, dato che lavori per una agenzia digitale?
Quella che facevo in realtà era una domanda: “Internet ha trasformato tutto in merda?”. Stavo usando la diffusissima tecnica del “link bait” con un titolo provocatorio, ma sinceramente credo che il digital sia così pervasivo che non abbiamo più bisogno di “vendere Internet”.
Nella cultura digitale ci sono molti lati oscuri, accanto a quelli, ovviamente, positivi. Per essere un buon consulente digitale devi capire tutti gli aspetti e gli impatti della tecnologia. Ci sono ottimi motivi per sostenere che quest’ultima venga ampiamente usata nelle economie mature per sostituire le persone nell’industria, ma non abbiamo ancora visto creare dei posti di lavoro che rimpiazzino quelli perduti.
La tecnologia in Occidente può essere considerata un elemento che ha accentuato le diseguaglianze, mentre a livello globale ha certamente contribuito a far uscire un gran numero di persone da uno stato di povertà. Si tratta di una questione complessa, in un mondo a cui piace fare finta che sia tutto bianco o nero!
Come può la creatività sopravvivere ed evolversi attraverso la tecnologia?
Questa è una grande domanda. Negli ultimi anni abbiamo visto una forte tendenza all’eliminazione dei “guardiani della cultura”. Nel mondo degli e-book e dei Kindle, chiunque può pubblicare un libro, anche se non ha alcun valore culturale. Gli editor sono scomparsi. Le cose salgono in superficie se sono popolari.
Il mondo online, com’è strutturato ora, è una gara di popolarità; ciò significa che a emergere sono contenuti semplici, non problematici. Non è una buona notizia per il progresso culturale, perché è necessario un underground per nutrire il mainstream. Detto questo, la creatività è dappertutto: le persone sono più creative di quanto non fosse mai accaduto prima, anche grazie a nuovi strumenti utili a raccontare storie.
Siamo solo all’inizio di una rivoluzione cognitiva resa possibile dalla tecnologia digitale, emergeranno nuovi modelli e cambierà inevitabilmente la nostra idea di cosa voglia dire essere creativi e di come i creativi possano essere retribuiti per il proprio lavoro.
Con il programmatic buying, matematici ed esperti di marketing automation stanno dirompendo la scena, come possiamo evitare di diventare schiavi di un algoritmo?
Il programatic non fa altro che impadronirsi di quel genere di direct response advertising noioso e basato sui messaggi su cui nessuno vuole più lavorare in ogni caso. Mi sembra un’ottima notizia. Risparmiate le energie per fare qualcosa di più trasformativo.
All' If! Italians Festival, hai proposto uno speech intitolato"Burn Down Adland". Come sarebbe un mondo senza pubblicità?
Parecchio costoso! La pubblicità è indispensabile per finanziare molte delle cose che ci piacciono di più. Dico solo che il modello attuale è evidentemente inadatto al proprio scopo. L’Italia è stata più lenta di altri mercati ad accettare questo fatto, da cui il titolo.
Tu hai ispirato molte persone: chi o cosa ispira te?
I pensatori lucidi che non hanno paura di rifiutare lo status quo: Jaron Lanier, Evgeny Morozov, Mark Earls nell’ambito della tecnologia e del marketing. Credo però sia anche importante esplorare il più possibile il mondo al di fuori del nostro settore.
Al momento mi affascina molto il libro di Tom Holland “Dynasty”, che parla di quello spettacolo dell’orrore che è stata l’epoca giulio-claudiana nell’antica Roma. Leggo quasi tutti i giorni le poesie di Tomas Tranströmer. E poi mia moglie: è una delle persone più brillanti e intelligenti che abbia mai incontrato. Con lei se non stai ridendo, di solito, è perché ti sei perso qualcosa.