Sembra un dogma imprescindibile e scontato, quello dei contenuti di qualità sui social media: pubblichiamo post, foto e video altamente qualificanti sui nostri blog, sui nostri canali Facebook, Twitter, YouTube o Instagram e non avremo problemi a ingaggiare le persone.
Già: eppure, ancora oggi il problema di moltissimi brand-aspiranti-media-company è proprio quello di offrire contenuti con standard elevati, che possano colpire l'attenzione del pubblico.
Certo, qualche colpa ce l'ha chi dovrebbe gestire l'offerta di contenuti: tante volte si osserva una scarsa attenzione nel gestire content creation e content curation, si confondono metodologie e oggetti ("Ho fatto uno storytelling" al netto di un "Ho realizzato un contenuto applicando la metodologia dello Storytelling") piuttosto che approcci poco user friendly o valorizzanti per gli utenti. Ok, tutto vero: ma certo, c'è anche "responsabilità" - con una connotazione non per forza negativa - dell'audience che le aziende vogliono colpire.
Il palato di chi ascolta, come abbiamo potuto analizzare la scorsa settimana nel post Social Network e fruizione del contenuto: come cambia il tempo della narrazione? è in continua evoluzione, e saper accogliere le "richieste" degli utenti, prima che queste si palesino, è essenziale per le aziende che vogliono primeggiare.
Only, sito di eCommerce votato al fashion, già nel 2012 intuì questa necessità, proponendo un'attività che certamente, nel campo dei contenuti, ancora oggi può essere citata: The Liberation, un vero e proprio film interrattivo, sviluppato per l'occasione dall'agenzia North Kingdom.
Di cosa si tratta? La trama è molto semplice: una fuga giovanile fra amici adolescenti, dove il profumo di libertà si mescola alla voglia di vivere al massimo. Un cliché visto molte altre volte: un esempio? Forse conoscete ad esempio gli Skunk Anansie e il video di Secretly.
Tralasciamo altre citazioni per passare all'analisi del contenuto.
In The Liberation, l'utente può interagire con le immagini della clip scoprendo quali sono i vestiti che indossano i protagonisti della storia.
Alla fine dell'esperienza, lo spettatore può anche scaricare l'mp3 della colonna sonora del film: un piccolo rewarding finale.
Un modo coinvolgente per presentare una linea d'abbigliamento che voglia connotarsi con efficacia nei confronti del proprio pubblico, anche da un punto di vista emozionale. Certamente, un contenuto fra i contenuti per qualità, che ha saputo confermarsi fra il pubblico creando una relazione pura e genuina, perché basata sull'emozione e sull'empatia.
L'attività di tutti i giorni può esser altrettanto efficace? Difficile, non impossibile.
Ogni contenuto che sa di artificioso, per forza di cose verrà evitato e/o peggio criticato. Pensate allo sforzo che ogni giorno viene fatto per sfruttare il flow generato da una conversazione e quanti epic fail si possono scatenare, a causa di contenuti troppo raffazzonati e poco curati.
Oggi più che mai è necessario puntare sull'emozione, sull'autenticità, sull'esperienza. Esperienza che è anche alla base, come tante volte abbiamo detto, della narrazione: quindi anche della metodologia dello Storytelling.
Non c'è storia se non c'è Esperienza: ci sono nozioni, istruzioni, cronache, ma non narrazioni.
I contenuti che mirano ad essere virali devono prima di tutto concepire una forma narrativa che si fondi sulla costruzione di una relazione con gli utenti.
Perché i meme autogenerati dal basso prendono più piede che quelli indotti da una campagna? E perché ogni tentativo di "inscatolare" la creatività dell'audience in un recinto brandizzato scade in una crisi?
Il tema della genuinità del contenuto e della sua carica empatica è forse il più grande problema che oggi si trova ad affrontare chi intende radicarsi nel settore dei social media, sia esso un blog o un semplice canale su un qualsiasi social network. Senza di essa, infatti, non sarò mai in grado di incentivare il mio utente a condividere ciò che gli propongo (quindi, ad accrescerne il valore), senza che preveda un rewarding per questo.
In che modo i mie i contenuti possono diventare così autentici da risultare virali?
Paradossalmente, l'unica ricetta per rendere ottimale un'attività fondata sul concetto di "social" è ritornare alle origini del gesto del raccontare, offrendo al proprio pubblico contenuti che possano "reinterpretare" l'identità su canali nuovi, segmenti inediti, forme autentiche e innovative.
Colori, foto, ma anche temi e toni di scrittura: tutto è contenuto, tutto è veicolo di un approccio genuino alla realtà, se adottiamo il punto di vista dell'utente.
La sfida sta proprio nel saper uscire fuori da ciò che si aspetta dal brand per raccontare come il brand cambia il mondo del consumatore, migliorandolo. I contenuti, soprattutto quelli digitali, non possono essere reinterpretazioni del packaging di prodotto: ma veri e propri tagliandi d'ingresso per entrare in una dimensione dove i valori di marca si concretizzano.
Che ne pensate, amici lettori?