Qualche giorno fa tra una telefonata di un cliente e una recensione su Pitchfork, un whatsapp e una conversazione con un ex collega leggo questo articolo di Vice, che a me piace, nonostante tutto.
Praticamente sto tipo bravo e tranquillo che faceva le reclame come mestiere diceva che il lavoro era tutto e bisognava solo farlo bene per essere notati.
Su una cosa ha ragione, sull'altra no.
Il lavoro non è tutto.
Stavo per scrivere un sermone lungo e arrabbiarmi come al solito con chi mi ha fatto riscrivere la stessa frase un trilione di volte, parlato di visioni, di next-level, con chi ha trattato stagisti come le comparse sul set di Amistad.
Ma no.
Questo articolo è diverso. Voglio che sia un encomio a chi mi ha dato una pacca sulla spalla e detto di tirare avanti. A quei due direttori creativi che mi hanno detto che ero bravo perché perché riuscivo a staccare e dedicarmi ad altro. Perché trovavo ispirazione al di fuori del lavoro e non ero un integralista del lavoro stesso.
Uno era del nord, e l'altra del sud. E alla fine di grandi discorsi c'era sempre la solita frase: "Agnellino, tanto lo sai, è solo lavoro. Non ti arrabbiare!"
Mia madre una volta mi raccontò di un'intervista a Paolo Sorrentino, che all'epoca non aveva ancora alzato statuette dorate.
Un giornalista gli fa: "Paolo, mi scusi ma lei si tiene più su una linea narrativa alla Godard? Oppure segue più una poetica italiana, che so Bertolucci, retrospettive Felliniane?"
Sorrentino rispose: "Mi scusi, signore, ma io ste cose proprio non le non le capisco e non le voglio capire e non le voglio seguire. A me piace il cinema, faccio le cose che mi piacciono."
Fare un buon lavoro è giusto, è doveroso, è sano, più che altro normale. Farlo per vantarsi dell'immagine che si proietta all'esterno è da stronzi. E il risultato, molto spesso, è pure penoso.
Sorrentino ha ragione: è solo passione, è solo lavoro.
La vita vera è un'altra cosa.
Questo articolo è anche per Sorrentino, che mi ha fatto scoprire i Veils che ora vi ascoltate.
Statemi bene.
Specialmente quelli che criticano all'italiana.
L'Agnello.
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