Iniziamo subito con una premessa. Dare i numeri di un movimento così recente, che sta trasformando l'industria manifatturiera e che conta ogni giorno nuovi aderenti è davvero difficile. Se si pensa che il primo Fab Lab italiano è nato nel 2011, l'ultimo arrivato qualche giorno fa a Tolentino, centro industriale delle Marche, tradizionalmente noto per la pelletteria, potrebbe già non essere il più recente nel giro di qualche settimana. La diffusione dei Fab Lab su tutto il territorio ricorda per certi versi l'evoluzione delle Startup 2.0 nostrane, che hanno saputo attecchire facendo leva sul potere della condivisione e della collaborazione in un mondo sempre più collegato.
Il Creaticity Fab Lab di Tolentino è il primo vero centro della costa Adriatica a rispondere alle linee guida dettate dal CBA (Center for Bits and Atoms) del MIT, con classificazione BAAA. Va ad aggiungersi a circa una ventina di realtà ufficialmente riconosciute in Italia dalla stessa organizzazione, e censite dalla Fab Foundation tramite il progetto FabLabs.io. Sono oltre 40 invece, i laboratori presenti sul nostro territorio, se aggiungiamo anche le realtà ancora non riconosciute dalla Fab Foundation, ma delle quali è possibile tenere traccia tramite le diverse attività di mappatura dal basso.
Creaticity Fab Lab
Approfittando della vicinanza con il nuovo Fab Lab, ho avuto modo di essere presente all'inaugurazione e di respirare un clima di innovazione e condivisione per certi versi rivoluzionario, in una zona nota per la forte vocazione artigianale. Le armi sfoderate da Paolo Isabettini (laureato in architettura e designer), Andrea Mattiacci (studente di ingegneria meccanica al Politecnico delle Marche e mano artigianale del gruppo) e Stefano Rita (ingegnere delle telecomunicazioni, con la passione per l'elettronica) d'altronde fanno leva proprio sugli spiriti assopiti di una generazione che sembra non trovare spazio nemmeno nella propria città. Tutti coetanei (classe 1985) e nati nella stessa Tolentino, hanno approfittato di un bando a favore dell'imprenditoria giovanile per costruire uno spazio aperto a disposizione della comunità.
Si chiama Creaticity ed è la bottega artigianale del terzo millennio, dove i sogni diventano progetti grazie alla collaborazione tra menti diverse, e i progetti diventano prototipi, magari da inserire nel sistema produttivo locale. Un laboratorio di 190 mq a libero uso di tutti gli associati (citizen) e delle loro guide operative (maker). Al suo interno è possibile trovare stampanti 3D, plotter, frese a controllo numerico, schede Arduino, un set fotografico, uno spazio espositivo, l'area brain-storming, la sartoria, lo spazio per le creazioni artigianali.
Oltre a mettere a disposizione le più svariate tecnologie, un Fab Lab rappresenta una potentissima fucina in grado di innescare una connessione tra comportamenti individuali e collettivi, una sorta di osmosi irrealizzabile nelle industrie di vecchio stampo. Per ripartire l'Italia deve puntare sul suo patrimonio manifatturiero, oltre che artistico-culturale, cercando di spostare la competizione su nuovi modelli dove sia in grado di valorizzare le sue competenze. La Fab Lab sembra poter incarnare questo ruolo di facilitatore di innovazione meglio di qualsiasi altro modello sinora sperimentato.
Parlando con i fondatori del progetto si capisce che le loro ambizioni valicano i confini geografici, e che il potenziale di diffusione di un nuovo modello produttivo di tipo collaborativo, risiede proprio nel DNA stesso dei Fab Lab. Un network di strutture in continua crescita nel mondo (oltre 260 Fab Lab attivi), che utilizza soltanto tecnologie open-source per scardinare gli standard delle grandi multinazionali. I fondi ottenuti da questo gruppo di ragazzi sarebbero potuti finire in una tradizionale attività imprenditoriale, invece sono stati destinati ad uno spazio condiviso, per tentare di dare un'opportunità a chiunque abbia un'idea innovativa.
“Stiamo cercando di creare uno stile di vita, non solo un punto fai da te.” - afferma Andrea Mattiacci, co-fondatore di Creaticity - “A Creaticity i maker sono le guide operative, i consulenti specializzati, i citizen sono gli utenti, gli abitanti di questa città creativa. Qui a partire da un’idea è possibile realizzare il progetto finito grazie alla tecnologia di ultima generazione, messa a libera disposizione degli utenti”. “Io ho studiato architettura alla Sapienza di Roma, poi ho partecipato ad un progetto dell'Unione Europea a Berlino" – spiega Paolo Isabettini, co-fondatore di Creaticity – "Quando mi chiedono perché sono tornato rispondo che l'ho fatto perché non accetto che non ci siano mezzi per chi ha talento. Voglio poter dare una possibilità anche ad altri giovani designer del mio paese, della mia regione, di questa parte di Italia sconosciuta a molti.”
Creaticity Fab Lab sarà uno spazio di creazione e condivisione per coloro che vogliono produrre i propri progetti con le proprie mani; dove saperi e tecnologia si incontrano e si animano. Una risposta all’appiattimento industriale che frena soprattutto i giovani designer, ma non solo. In questo modo il Fab Lab assume una specie di missione sociale, consegnando uno spazio aperto ai designer che vogliono produrre il loro prototipo da presentare alle aziende; ai fotografi in erba; ai curiosi di elettronica; agli artigiani che non posso permettersi capannoni e strumenti. Chi ha idee deve avere una possibilità, anche in un momento così difficile.