E’ morto Lou Reed.
Non c’è molto di intelligente da dire, voglio dire, se volete approfondire qualcosa sulla sua storia andate su Wikipedia e per ascoltare la sua musica c’è Spotify o Deezer.
Se volete un riassuntino di 50 anni di vita da rocker, innovazione, punk, eroina, elettroshock, arte, poesia, bisessualità e scarso amore per la stampa di settore, potete semplicemente comprare un settimanale in edicola, qualcuno ne sta di sicuro scrivendo al momento.
Io sono un po’ frastornato, non so davvero cosa scrivere, ma ho la fortuna di avere una rubrica di musica su Ninja Marketing ed oggi uso questo privilegio per fini strettamente personali: per dire che mi dispiace che Lou Reed sia morto, più di quanto sarebbe razionale. Forse perché ogni volta che uno di loro se ne va e lascia un vuoto come questo, non riesco a fare a meno di chiedermi che senso ha tutto l’impegno e la passione che le persone come me, e io prima di tutti, mettiamo nello studiare “marketing”, quando ogni volta che un artista muore penso che l’arte dovrebbe essere la sola ricerca a cui dovrebbe avere senso dedicarsi.
Certo che poi fare discorsi come questo su una rivista di comunicazione è proprio da ipocriti, ma è la mia rubrica e scrivo quello che mi pare... sempre se Adele me lo pubblica.
“L’uomo rubò il fuoco agli Dei par fare il Metallo, non per fare il Marketing”, mi ha detto una sera ubriaco un caro amico brand manager.
E Lou Reed era uno che faceva del gran Metallo.
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Jack 'n Roll