Lo scorso settembre Twitter ha depositato presso la Sec (la Consob americana) il prospetto sull’offerta pubblica iniziale (Ipo), primo passo ufficiale per l’entrata nel mercato azionario presumibilmente nei primi mesi del 2014.
L’azienda ha dovuto perciò dichiarare nel prospetto Ipo la dimensione della propria base utenti: 218 milioni di account attivi e 100 milioni di utenti giornalieri. La percentuale di profili falsi o spam è stimata al 5%. “Questi numeri sono stati calcolati utilizzando dati interni alla società e non sono stati verificati indipendentemente” dichiara l’azienda, e ammette che “questa stima pertanto potrebbe non essere accurata e il numero potrebbe essere più alto”.
Il capitale utenti di Twitter
La risorsa principale di Twitter, come di ogni altro social network, è proprio il parco utenti. I suoi ricavi infatti provengono essenzialmente dagli inserzionisti pubblicitari, che pagano per ogni interazione dell’utente con il proprio messaggio inserito nel flusso dei tweet. E’ quindi fondamentale che gli utenti in questione siano davvero entità attive e reali, altrimenti il social network perderebbe valore come spazio pubblicitario vedendosi di conseguenza ridotte le proprie entrate finanziarie.
L’utente attivo
Ma quali utenti possono davvero considerarsi attivi su Twitter? Una semplice domanda che non ha un’altrettanto semplice risposta.
L’azienda ha una concezione diversa rispetto agli altri social network: “Nel calcolo degli utenti attivi consideriamo account multipli creati da una stessa persona o organizzazione come utenti multipli” ha dichiarato Twitter, aggiungendo inoltre che anche gli account automatizzati che twittano in maniera regolare possono essere inclusi nel calcolo.
In questo modo hanno definito una situazione particolare: l’azienda basa i suoi guadagni sull’interazione dell’utente con la pubblicità, ma una parte dei suoi utenti considerati reali ed attivi non è in grado di farlo, poiché non legati ad un individuo reale.
Questioni filosofiche: Twitter e Facebook
Questa particolarità nella definizione dell’utente si riflette in una vera e propria disputa filosofica tra i due maggiori social network: Facebook infatti fa leva sull’identità singola dell’utente – che sia un profilo personale (definito dal nome e cognome dell’utente), una brand page o una fan page - , Twitter invece supporta le identità multiple (tramite l’utilizzo di nicknames), poichè queste permettono la creazione di contenuti svariati ed interessanti per la community.
Il concetto di identità multiple ha infatti favorito la nascita di alcuni dei profili più divertenti e seguiti del social network, come quello del Big Ben o del nostrano Casaleggio; nonché di account più concettuali come la cronaca in real time della seconda guerra mondiale.
Account automatizzati
La vera arma a doppio taglio dell’azienda è la possibilità data agli utenti di gestire i propri post in maniera automatica tramite l’utilizzo di applicazioni esterne.
Da un lato infatti l’automatizzazione dei profili ha permesso ad aziende, editori, inserzionisti o semplici appassionati di gestire i propri account in maniera efficiente e produrre contenuti con costanza – la maggior parte delle volte sviluppati da individui reali.
Previsioni del tempo, notizie in tempo reale, orari degli spettacoli cinematografici, sono servizi utili che non sarebbe possibile twittare senza l’aiuto di un’applicazione automatica.
Dall’altro lato invece si è sviluppato il fenomeno ormai ben noto dei fake accounts, che spaziano da profili vuoti a spammers di contenuti completamente automatizzati e spesso incomprensibili, fino al costante e ripetitivo retweet da profili altrui.
La principale ragione dell’esistenza di questi account fake è la presenza di un attivissimo mercato di profili, che permettono ad aziende, personaggi famosi, o semplici utenti, di accrescere la propria base di followers e la possibilità di diffondere i propri contenuti.
Crisi d’identità
Nel momento in cui l’azienda comincia a raccogliere soldi dagli investitori pubblici deve rispondere del reale valore della propria base utenti, e cercare di risolvere questa crisi di identità. Tra profili reali ma passivi, automatizzati ma attivi, spammers, profili normali mediamente attivi, fake accounts, come faranno gli inserzionisti, gli investitori e gli utenti comuni a distinguere chi davvero genera valore?