In amore non vince più chi fugge, ma chi "visualizzato alle" e non risponde. Abbiamo forse smesso di capire perché ci comportiamo in un certo modo sui social network, abituati come siamo ad embeddarli nella nostra quotidianità. Soprattutto per quanto riguarda le nostre relazioni più strette. Ve lo confesso, non mi sono sentita molto bene dopo aver visto I Forgot my Phone, il video di critica sui nostri occhi in perenne fissazione con gli schermi. Ho provato e sto provando a non trattare il cellulare come un'estensione del mio braccio. Ma non sempre ci riesco.
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Che effetto fanno i social media sulle storie d'amore e sulle nostre relazioni più strette? Credo che Facebook si fondi su due elementi: sulla prevedibilità e sulla curiosità. Due componenti che si alimentano a vicenda. La prevedibilità sociale fa sì che io abbia l'illusione di poter controllare il magma relazional-umano nella mia vita: conosco il tuo nome e cognome, ti aggiungo su Facebook ed ecco che la mia darwiniana economia cognitiva fa sì che ti abbia già catalogato a partire dalla foto profilo.
Poi si innesca la curiosità, che ad esempio ci porta inspiegabilmente a guardare foto estive di amici di amici una dopo l'altra, quasi ipnotizzati. Alzi la mano chi, su Facebook, ad un certo punto si è chiesto "ma perché sto guardando queste foto?" ed ha chiuso stizzito tutti i tab del browser. Per poi ricadere nello stesso script comportamentale qualche giorno dopo.
All'altro estremo troviamo Chatroulette, con la sua massima imprevedibilità sociale. Ecco perché si è rivelata essere solo una moda; sull'imprevedibilità e sul caos non si costruiscono organizzazioni sociali durature. In mezzo c'è Whatsapp, intimo ed improvviso come Chatroulette ma comunque dotato di tool per lo stalking come Facebook.
Il nostro Ninja psicologo, Romeo Lippi, ci ha già parlato del collegamento tra invidia, depressione ed Instagram. Ma anche su Facebook, suggeriscono le ricerche, prevalgono le stesse sensazioni di gelosia, comparazione ed insicurezza. Un tempo studiavamo la spirale del silenzio di Noelle-Neumann, ma oggi il mondo social-mediatico ci sta abituando alla spirale della sovra-condivisione. Che, secondo svariati studi accademici globali, ha più effetti negativi sulla nostra psiche e sui nostri rapporti che altro.
Amy Muise, Emily Christofides e Serge Desmarais hanno condotto una ricerca, dall'adatto nome "Facebook risveglia il mostro verde della gelosia in noi?", proprio su questi aspetti. Hanno constatato l'esistenza di un feedback loop che su Facebook ci espone a molte più informazioni ambigue sul nostro partner in grado di alimentare non solo il sospetto, ma anche il desiderio di possedere un numero sempre maggiore di queste informazioni ambigue.
E questo desiderio, guarda caso, non fa che aumentare l'utilizzo di Facebook. Più informazioni riceviamo, più aumenta il nostro bisogno di sorveglianza. Non solo: più il partner condivide informazioni decontestualizzate e "sospettose", più l'altra metà è invogliata a fare lo stesso. Il risultato è quello di aumentare a vicenda la propria esperienza di gelosia. Sembra quindi che la quantità di tempo passata su Facebook sia direttamente proporzionale alla grandezza della gelosia che proviamo.
Cosa succede al confine tra pubblico e privato? E l'amore in quale di questi due ambiti rientra? Questa riflessione è stata ispirata dal corto realizzato da Walter Woodman e Patrick Cederberg, due studenti canadesi. Guardatelo e sentitevi liberi di immedesimarvi, anche perché le riprese in soggettiva vi aiuteranno a farlo.
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C'è chi sostiene che Facebook faccia male alla coppia. Troppe paranoie, troppe tentazioni. C'è chi dice che fa bene perché è un ulteriore strumento di comunicazione e complicità. C'è chi dice che è neutrale, perché Facebook non è altro che uno specchio nel quale amplificare i nostri pregi e difetti. E voi come la pensate? Facebook fa bene o male all'amore?