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  • Empatica, la startup italiana che misura le emozioni

    29 Settembre 2013

    Il futuro della medicina. Macchine che aiutano gli uomini a stare meglio! Vi raccontiamo un’avventura italiana nata in quest’ambito. Empatica. Una società che si occupa di misurare le emozioni delle persone attraverso sensori elettronici. Un gruppo di giovani italiani che dopo aver aperto una sede a Milano hanno inaugurato la nuova a San Francisco. Abbiamo fatto qualche domanda a Matteo Lai, CEO, classe 1982.

    Ciao Matteo! Com’è nata l’idea di Empatica e come si è formato il team?

    Si è partiti da una ricerca fatta al Politecnico di Milano, portata avanti dai miei co-founder Maurizio e Simone; la ricerca si è trasformata in una società nel 2011 che oggi include 7 persone. Siamo partiti dal campo dell’affective computing, un ramo scientifico che si occupa di realizzare macchine in grado di riconoscere, elaborare e esprimere le emozioni umane.

    Qual è la vostra vision?

    Empatica vuole aiutare le persone a stare meglio. Forniamo un bracciale che misura i parametri fisiologici della persona. Questi dati sono inviati al suo smartphone e successivamente ad una dashboard online. Si misura così il livello di stress: come, quando, dove e quanto la persona, durante la giornata, va incontro a stress. Un team di esperti (psicologi e psichiatri), analizza questi dati e da consigli pratici per migliorare lo stile di vita. E lo stress si abbassa! In questo modo il professionista monitora lo stato del suo paziente, il paziente sta meglio e non si ammala; la società non va incontro alle spese mediche per malattie collegate allo stress e non perde la produttività del lavoratore.

    Tu lo utilizzi? Con quali risultati?

    Certo. Ho uno stile di vita frenetico, poco tempo libero, quindi devo ottimizzare la mia giornata. Attraverso Empatica monitoro le mie attività in termini di stress, poi organizzo la mia agenda in modo da limitare gli effetti negativi dello stress sulla mia vita. Ad esempio non faccio più riunioni la mattina; la mattina la dedico al lavoro intellettuale e alla progettazione. Lo stress non si accumula, io sto molto meglio e tengo costante il mio livello di produttività.

    Quali gli obiettivi  a medio-lungo termine?

    Oggi noi vendiamo il bracciale e il software che analizza i dati a università e ospedali in giro per il mondo. Ce lo chiedono per numerose sperimentazioni. Il bracciale può monitorare molti altri aspetti oltre allo stress: quindi può essere usato per varie patologie, come ipertensione, diabete, autismo. Per ora il nostro mercato è ancora di nicchia. Inoltre stiamo sviluppando un software che aiuti gli psicologi a gestire lo stress nelle aziende così da fornire una migliore qualità di vita a dirigenti  e lavoratori monitorati con il bracciale. Nel prossimo futuro (2/3 anni) tutti potranno avere un sistema del genere ad un costo abbordabile.

    E la privacy?

    Noi di empatica non controlliamo certo il singolo: i dati sono della persona. Il nostro interesse è che la persona stia meglio, non quello di vendere i dati cardiaci alla sua assicurazione. In generale, l’argomento privacy è un tema complesso: Molte persone non si rendono conto di lasciare molte informazioni sulla rete e nelle applicazioni tecnologiche. In un prossimo futuro, forse avremo bisogno di comprare dei servizi per proteggerla.

    Rapporto tra medici/psicologi e tecnologia: come cambierà?

    Secondo alcune previsioni, presto le diagnosi mediche saranno fatte dai computer e dai robot. Saranno veloci e accurate. Quindi un numero importante di professionisti non servirà più. Tuttavia la qualità pagherà sempre, se sei bravo e specializzato riuscirai a lavorare bene; se sei un professionista mediocre sarai fuori dal mercato del lavoro. Una buona notizia per le persone preparate e per gli utenti. Chi si fiderebbe di un supermercato che è rinomato per venderti cibo scaduto?

    Quali sono stati gli ostacoli iniziali in USA?

    Siamo un po’ penalizzati dall’essere italiani; purtroppo l’immagine all’estero del nostro paese è di una nazione disfunzionale con una classe politica incomprensibile. Sebbene il nostro prodotto fosse buono, per diventare credibili abbiamo dovuto dimostrare che la nostra proposta funzionasse per gli Stati Uniti, abbiamo aperto lì e venduto alle migliori università. Comunque, guardando il lato positivo, nel nostro paese c’è un talento esagerato.

    Qualche consiglio per gli startupper?

    Uno: farsi un culo così. Sospettate di quelli che ti dicono che ci sono le scorciatoie, che è facile. Nelle start up il tasso di successo è 1 su 100. La storia di qualcuno che fa in 5 minuti un’applicazione e diventa miliardario è una bufala. È gente che si è spaccata la schiena. Lavora tutti i giorni. Dorme poco. Niente Sabato. Niente Domenica. Niente vacanze. Per qualche anno. E lo fa sapendo che comunque può fallire. Serve anche un po’ di ‘fortuna’…ma viene distribuita solo tra quelli che hanno fatto le cose qui sopra.