Negli ultimi anni il panorama dell'intrattenimento è stato coinvolto da importanti trasformazioni: gli utenti creano contenuti e definiscono nuovi trend, produttori ed emittenti stringono accordi con aziende del web, e i brand si trasformano da investitori a publisher. E così, contenuti che fino a non tanto tempo fa guardavamo solo in televisione, ora li fruiamo tramite i nostri tablet e computer.
Il caso eccellente: Red Bull
Case history di prestigio tra i brand è senza dubbio Red Bull, azienda che da anni investe in un'intensa attività di content di qualità, fino all'acquisizione di un posizionamento nuovo, un'identità connotativa ed estremamente riconoscibile: Red Bull per i consumatori non è solo una bevanda energetica, ma anche (soprattutto?) veicolo e sponsor di contenuti ed eventi sportivi di altissimo livello.
Tramite la creazione di progetti ad hoc, documentati tramite video che nel tempo si sono trasformati nella Red Bull TV, o sponsorizzando eventi unici come il lancio di Felix Baumgartner (che come sapete ha tenuti incollati a YouTube ben 8 milioni di spettatori), il brand ha creato un forte legame di marchio con i consumatori, sfruttando la leva emotiva della passione per gli sport, in particolare per quelli più estremi o spettacolari.
Red Bull ha creato la sua Media House: video, mini film, streaming di eventi, musica; il brand crea contenuti di qualità che gli consentono di raccontare la sua filosofia, e costituiscono per il pubblico materiale di prima scelta, fruibile attraverso i canali di YouTube o sul sito istituzionale.
Brands: da interrupters a enablers
Programmazione episodica ad alto tasso di ingaggio. Media di proprietà, affiancati alla collaborazione con emittenti tradizionali (come NBC, dove Red Bull ha trasmesso "Red Bull Signature Series"). Produzione di veri e propri film di successo, come "The Art of Flight", lungometraggio dedicato allo snowboarding che si è aggiudicato il titolo di film più scaricato da iTunes nella sua prima settimana di permanenza.
Dal branded entertainment al branded content, alcuni brand si trasformano sempre più in publishers trasformandosi da "interrupters" a "enablers": nessun "piccolo spazio pubblicità", ma sempre più contenuto rilevante che lo spettatore può inserire nel suo quotidiano menù di consumo audiovisivo.
Sfruttando i bassi costi di pubblicazione in rete, e l'opportunità unica di raccontarsi raggiungendo il pubblico in modo nuovo e meno invasivo, i brand stanno affiancando queste nuove attività a quelle più classiche di advertising, come i semplici spot o il product placement.
I caratteri del nuovo scenario:
- mobile: i dispositivi mobili permettono alle persone di guardare contenuti ovunque, dilatando il loro consumo audivisivo oltre le pareti del salotto di casa. I contenuti stessi diventano touchpoint tra brand e spettatori.
- interattività: va al di là del consumo collettivo di programmi televisivi che sfocia nella discussione in second screen o nella trasmissione in sovraimpressione dei tweet degli spettatori. Sempre più spesso gli utenti vengono coinvolti per entrare a far parte della fase di ideazione stessa. Red Bull avrebbe in cantiere per i prossimi mesi una web serie con scenaggiatura interattiva, dove gli utenti voterebbero di episodio in episodio.
- rilevanza: ancor più che con televisione via cavo, satellite, e digitale terrestre, gli utenti in rete sono in grado di trovare il contenuto a cui sono interessati nel momento preciso della giornata, o della vita, in cui lo desiderano. E le aziende, tramite il branded content su Youtube e altre piattaforme audiovisive, possono andare facilmente incontro a queste esigenze.
- convergenza: dispositivi evoluti come le Smart TV (di cui Simone Cinelli aka Simosoke ci ha parlato in questo post) o new entry come Google Chromecast, permettono una convergenza interessante di diversi canali di diffusione in un unico strumento.
- moltiplicazione dell'offerta: non solo i tradizionali broadcaster, ma anche importanti aziende del web si stanno cimentando nella produzione di contenuti (come ad esempio Amazon, che sta investendo in programmi televisivi originali, come ci ha raccontato Nunzia Falco Simeone aka Ayumi Kensei).
Broadcaster: il futuro è streaming?
Netflix e Hulu sono due servizi affermati e dall'indiscusso successo. Ormai da tempo il primo investe anche nella produzioni di contenuti originali: la prima serie di "House of Cards" è stata largamente apprezzata sia da pubblico che critica, e un notevole apprezzamento sta ricevendo anche "Orange is the new black" (creata da Jenji Kohan, già creatore di "Weeds").
Ma esempi notevoli possono essere rintracciati anche fuori da servizi come Netflix, che nascono puramente come piattaforme streaming di film e telefilm. YouTube ha recentemente stretto diversi accordi con compagnie di produzione per la commissione di contenuti esclusivi e film in pay-per-view, e l'ingresso dei canali a pagamento è grande passo avanti nella trasformazione del sito in un contenitore di contenuti tematici e professionali a cui gli utenti possono accedere secondo un modello di fruizione "seriale e periodico".
Un esempio interessante è ad esempio il canale Wigs, uno dei canali originali sponsorizzati da YouTube (parte del YouTube Original Channel Initiative), che propone piccole serie di genere drama e di alta qualità, dedicate al pubblico femminile, in cui ogni episodio va dai 5 ai 10 minuti di durata. Il canale è stato co-creato da Jon Avnet, produttore di "Black Swan" e "Risky Business" e Rodrigo Garcia, che ha diretto "Albert Nobbs" e "In Treatment".
Cosa ne pensate? Credete che Internet possa essere una minaccia per la televisione tradizionale o invece vi si affiancherà?