Non si spengono le polemiche sull'amministrazione Obama dopo lo scoppio di scandali che hanno coinvolto l'agenzia delle entrate e il dipartimento di Giustizia. La prima è stata accusata di aver preso di mira gruppi rivali di conservatori, mentre il secondo sembrerebbe essere reo di aver controllato di nascosto i dati relativi a due mesi di telefonate dei giornalisti di Associated Press.
Non esistono prove che accertino che il presidente o i suoi collaboratori fossero a conoscenza di cosa stesse accadendo. Ciò non significa che lo staff di Obama non abbia un problema di PR. Le dinamiche dei fatti continuano a cambiare, ma una cosa sembra essere certa. Si ribadisce che Barack non ne sapesse nulla.
Tuttavia è ormai noto che uno degli ufficiali dell’agenzia delle entrate si sia appellato al celeberrimo quinto emendamento. Ciò sembra proprio lasciar intendere che “gli uomini del Presidente” abbiano qualcosa da nascondere.
In più, il portavoce presidenziale Jay Carney non ha alleggerito la situazione. Dopo una legittima domanda sulla raccolta fondi del Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani si è fermato e ha praticamente detto: “Se sollevate domande su ogni questione, dovreste anche includere tra queste il certificato di nascita del presidente”. I portavoce sono dei personaggi strambi. Spesso fanno guai a nome d’altri ma con la propria bocca.
Sii consapevole di ciò che il tuo pubblico vuole sapere. Questa è una regola fondamentale per ogni PR. Carney lo avrà dimenticato. Siamo sicuri che i contribuenti vogliano sapere dove vanno a finire i loro soldi.
Questo è il loro modo di reagire invece di rispondere a domande scomode. La Casa Bianca crede che numerosi giornalisti “vedano gli alberi e perdano di vista la foresta”. La sua unica priorità in termini di Relazioni Pubbliche è stata dimostrare che il presidente non avesse nessun ruolo nelle controversie passate. Legittimo ma non sufficiente.
Considerare tutte le altre domande come meno rilevanti ha causato un colpevolissimo ritardo nello spiegare con precisione i fatti. Nessuno si stupisca se più di un giornalista accreditato a Washington abbia riserve sulla credibilità della famigerata ala ovest.
Sembra che si siano dimenticati chi sono e chi rappresentano. E che soprattutto abbiano il dovere morale di spiegare ogni loro mossa al loro datore di lavoro. Il popolo americano. Il quale può probabilmente perdonare guerre ed errori di ogni tipo, tranne la poca trasparenza.
Se vi domandate come ne esca la figura di Obama da questo terremoto, ho brutte notizie. Ricordate l’analisi della marca Obama contrapposta alla marca Romney che vi ho proposto qualche mese fa? La reputation è sicuramente una delle variabili più importanti per un brand politico. Come pensano di mantenere una reputazione positiva se non riescono a curare le relazioni con chi filtra le informazioni?
A dirla tutta, questi ultimi sviluppi hanno soltanto corroborato una tesi che avevo già portato all’attenzione. Il brand Obama si sta avviando ad un declino lento e doloroso per i democratici, nonostante abbiano ancora più di 3 anni di Casa Bianca. Lo studio ovale non ne azzecca più una.
E poi ci sono loro. Lo staff delle Relazioni Pubbliche. Quelli che creano ulteriori grattacapi invece di togliere le castagne dal fuoco.