Proseguiamo il viaggio alla scoperta delle prime (buone) impressioni che l’inesauribile mondo del cinema ci ha regalato nella sua storia, e che abbiamo iniziato qualche giorno fa con "La prima (buona) impressione? Detective Shaft, zombie e i signori della guerra come archetipi".
"The Graduate", (1967)
Si apre la sequenza. Sguardo fisso, verso il futuro. Tutto attorno: una moltitudine di sconosciuti.
L'inserimento della famosissima colonna sonora di Simon & Garfunkel ci regala una connotazione di spaesamento che prima non c'era: il nostro esploratore (figura archetipica) non sa minimamente che cosa lo aspetterà nel suo cammino, e questo un po' lo (e ci) turba.
Il piano sequenza sul nastro trasportatore è funzionale ad amplificare quest'ultima sensazione, noi come spettatori, nel momento in cui siamo ancora seduti a guardare mentre il protagonista esploratore afferra la sua valigia da viaggio, decidiamo di proseguire questo viaggio verso l'ignoto con lui: cosa ci spinge a farlo?
La fiducia? No, la curiosità.
Pensateci quando decidete come strutturare un sito di e-commerce o una campagna di advertising, non sempre è strettamente necessario instaurare una relazione interamente basata sulla fiducia con i vostri potenziali clienti.
"Snatch", (2000)
Si apre la sequenza ed il regista Guy Ritchie ci svela subito il "vaso di Pandora" dei protagonisti del suo film, tutti vengono connotati abbastanza rapidamente in relazione ad un filo rosso che sembra unirli dal primo all'ultimo, ma attenzione perché ognuno di loro avrà una sua storia personale e lo intuiamo dal fatto che quasi ad ogni stacco di personaggio corrisponde un'inquadratura in camera completamente diversa..
L'effetto è quello della completa assenza di controllo, dell'anarchia. L'unico con cui possiamo stringere un accordo come spettatori è il regista, e Guy Ritchie sembra in questa transazione porsi come un giullare (archetipo) certo di far divertire il suo pubblico grazie alle numerose carte da gioco che ci ha precedentemente mostrato. E noi, già affascinati dal ritmo musicale e dall'alternarsi delle situazioni, non possiamo che fidarci di questo contratto: la chiave di volta è.. la promessa di divertimento.
"Metto sul piatto tutto quello che ho: sono sicuro che vi divertirete!"
"Thank You for Smoking", (2005)
Con l'ultimo esempio proveremo ad analizzare una situazione contestualizzata e piuttosto spinosa.
Thank you for smoking si apre con una sequenza video dal gusto vintage: sia per la scelta musicale sia per la parte grafica. Perché questa scelta?
Perché il regista Jason Reitman sa che le sigarette, per non essere percepite come causa di malattie e di menomazioni respiratorie, devono essere presentate come rassicuranti e inoffensive? Quale miglior scelta, allora, se non quella di affidarsi ad una musica vintage da Cotton Club modello Proibizionismo e far passare i titoli di apertura su una grafica che riprende le vecchie marche di sigarette dei decenni passati? Il messaggio è che le sigarette ci sono sempre state, ci sono familiari e quindi non possono essere un veleno mortale.
Personalmente non riesco a pensare un miglior modo per disinnescare il potere intimidatorio di una bomba ad orologeria se non quello di sedermici sopra.
Si tratta di disinformazione? Certamente sì, ma il nostro obiettivo è quello di smontare pezzo per pezzo le strategie comunicative, evidenziandone le componenti fondanti da un punto di vista "simbologico". Sono proprio questi simboli archetipici e familiari che innescano in noi delle reazioni automatiche ed innate.
Non vi sentite già più consapevoli?