Le prime impressioni sono importanti, no?
Ebbene, tanto quanto per un’azienda sul mercato, lo stesso vale per un film al cinema. Oggi vorremmo sfruttare questo parallelo per lasciarvi alcuni spunti utili su come fare una prima buona impressione ed ottenere l'attenzione del nostro interlocutore.
Sin dalla sequenza dei titoli di testa, il film ha un'occasione per fare una buona prima impressione su di noi, gli spettatori.
Inoltre, una sequenza titoli ben congegnata introduce il pubblico al tono ed al tema del film con forte influenza sulla predisposizione positiva o negativa dello spettatore nella visione del resto del film: una grossa responsabilità direi.
Proviamo allora a fare un parallelo tra la comunicazione cinematografica e quella aziendale?
Seguitemi!
"Dawn of the Dead", (2004)
Ogni volta che qualche cineasta si cimenta con il remake di un grande classico, a maggior ragione di un classico del genere zombie, corre il rischio di far infuriare gli adepti del genere in questione tanto quanto un’azienda che si cimenta in un campo che è di predominio riconosciuto di qualche altro brand.
Il regista Zack Snyder non scopiazza il suo predecessore George Romero, ma lo omaggia rendendo onore al capostipite ritracciandone una degna rivisitazione moderna, identificando sin dai titoli iniziali un chiaro riferimento al cedimento delle istituzioni politico-militari di fronte alla forza della Natura incontrollata (vista al microscopio delle cellule impazzite del virus “zombificante”) e della moltitudine popolare inferocita.
Parafrasando Picasso possiamo dire che il mediocre copia, il genio reinventa. Per potersi inserire in un mercato che apparentemente sembra già occupato, non si possono stravolgere sempre le regole sperando di avere un'idea geniale e azzerante: spesso è più creativo colui che sa ristrutturare una forma architettonica piuttosto che colui che rade tutto al suolo per poi ricostruire da capo. Rifacendoci all’archetypal marketing, l’archetipo che dobbiamo risvegliare nel nostro potenziale target di clienti è quello dell’artefice, del creatore. Come ha fatto Zack Snyder.
"Lord of War", (2005)
La sequenza iniziale di Lord of War mette in campo tutte le cartucce in un colpo solo (permettetemi il metaforico gioco di parole).
Possiamo immaginare un’azienda che fa un "lavoro sporco", ma che ne sa mostrare l’aspetto puramente costruttivo: la sequenza in cui ci viene mostrato tutto il lavoro di catena di montaggio che c’è dietro alla creazione della singola cartuccia per armi da fuoco.
D’altra parte questa stessa azienda non si nasconde dietro l’ipocrita affermazione che "un lavoro è pur sempre un lavoro" anche se si tratta di un lavoro sporco, ma ci fa vedere anche quale è il rischio che si può correre nel caso ci sia un abuso nell’utilizzo del suo prodotto. Cosa può creare più consenso attorno ad un’azienda se non la pratica della trasparenza?
"Shaft", (1971)
Non nascondiamoci dietro un dito: un brand, un marchio, un’azienda deve essere cool. E per esserlo nessun archetipo ha maggior forza evocatrice rispetto a quello del ribelle, dell’anticonformista.. come Shaft.
Shaft ci viene presentato attraverso il panorama nel quale si muove, una colonna sonora che lo connota prima di vederlo, il suo abbigliamento, il suo primo piano, la sua camminata spavalda ed il suo atteggiamento sbruffone… e solo alla fine il suo lavoro, la sua professione per l’esattezza. Si tratta di un detective della polizia, anticonformista, cool ma sensibile ed umano.
Se sarete in grado di riassumere tutto quello che rappresenta Shaft nel vostro marchio, non ci saranno controstrategie alla vostra altezza. Ma vi sembra una cosa facile essere come Shaft?!?
(to be continued)